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Squadristi, ricordate il gran macello

Anonymous
Language: Italian



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[dopo il 1921]

Questo testo l'ho reperito su Wikitesti, preceduto dalle seguenti laconiche informazioni: “Canzoni della Toscana 1921- Dante Priore - Santi Bigi “il Bruco”.
Vado quindi per deduzioni:
Le strofe si riferiscono alla devastazione di Foiano della Chiana, Arezzo, perpetrata dai fascisti nell'aprile del 1921;
Dante Priore, aretino, è colui che raccolse il canto, probabilmente negli anni 70. L'abbiamo già incontrato come informatore di canzoni quali Quand' a i' cucco salivamo, Tante storie si sente cantare, Gli Austriaci da Gorizia e Il general Cadorna;
Santi Bigi, detto Il Bruco, poeta contadino di Terranuova Bracciolini, Arezzo, è probabilmente l'autore delle strofe. L'unica traccia che trovo di lui in Rete è dal sito dell'“Associazione del Fagiolo Zolfino di Pratomagno” dove si racconta che Il Bruco nell'immediato secondo dopoguerra compose il testo di una zinganetta (una farsa campestre tipica toscana) intitolata “Nascita e morte del Fascismo”, che venne recitato durante il Carnevale del 1947. I personaggi erano nientemeno che Mussolini, il Re, il Negus, Churchill, Hitler, Laval, Stalin, il Partigiano, 1'Americano, il Giapponese ed il loro modo di esprimersi aderiva perfettamente a quello degli attori-contadini che li interpretavano;
Quindi queste due strofe sulle violenze fasciste a Foiano nel 1921 potrebbe far parte di quella zinganetta scritta da Santi (o Sante?) Bigi soprannominato Il Bruco;
Il testo che inizia col verso “Squadristi, ricordate il gran macello” non compare su altre pagine in Rete e ho come il sospetto che facesse parte del database de “La Musica dell'Altra Italia” (era su http://utenti.multimania.it/laltraitalia), un sito prezioso scomparso ormai da tempo e nemmeno reperibile attraverso la Way Back Machine (che restituisce solo la pagina di benvenuto e null'altro);
Non avendo conferme e riscontri precisi, attribuisco il brano ad anonimo.

Detto quanto in premessa, lascio a Gaetano Salvemini il racconto dei fatti di Foiano del 1921. Da “Le origini del fascismo in Italia – Lezioni di Harvard”, a cura di Roberto Vivarelli – Feltrinelli Editore, 1966.

Il 12 aprile 1921, più di duecento fascisti, arrivati in camion da Arezzo, Firenze e altre località poste lungo la strada, si concentrarono per fare una ‘spedizione di propaganda’ nel paese; il che significa che saccheggiarono il municipio, la Camera del lavoro e i locali della lega contadini, gettando i mobili nella strada e appiccando loro il fuoco. Poi si impadronirono dei locali della cooperativa distribuendone le merci a chi capitava e bruciando quanto era rimasto.



Il 17 aprile si preparò una seconda ‘spedizione di propaganda.’ Questa volta c’erano appena venti fascisti in un solo camion. Dopo avere sequestrato la bandiera rossa che i ‘comunisti’ di solito esponevano sul municipio al posto della bandiera nazionale, la bruciarono insieme ai registri del circolo socialista, e si apprestarono poi a raggiungere il vicino villaggio di Marciano per un altro ‘giro di propaganda.’ Sulla via del ritorno, diversi fascisti si fermarono a Foiano per formarvi il Fascio locale, mentre gli altri procedettero in camion verso Arezzo.

Poco fuori di Foiano, un gruppo di circa cinquanta contadini, armati di fucili, falci, accette e pistole erano in attesa dietro una siepe. Il camion fu accolto con una scarica di proiettili. L’autista cadde ferito, e il camion sbandò e andò a sbattere contro un albero. Mentre i fascisti venivano scaraventati a terra, i contadini in agguato saltarono fuori andandogli contro. L’autista ebbe la testa staccata da un colpo di accetta. Due fascisti furono uccisi, e un terzo ebbe tre dita mozzate da un colpo di roncola. Gli altri riuscirono a fuggire.



Al rumore degli spari, i carabinieri, che erano rimasti sino allora inattivi, si risvegliarono precipitandosi fuori del paese insieme a quei fascisti che erano rimasti. A loro volta i contadini, vedendo sopraggiungere i carabinieri, si dettero alla fuga.

Da questo momento cominciarono le rappresaglie.

Le case coloniche vicino al luogo dove era avvenuto l’agguato furono incendiate. Un contadino scoperto in una soffitta, tale Burri, fu ucciso con un colpo di pistola alla testa.

Il giorno dopo le rappresaglie continuarono su più larga scala. Cinque camions carichi di fascisti lasciarono Firenze nelle prime ore del mattino. Altri camions da Arezzo e da altre città dei dintorni concentrarono i fascisti a Foiano. Come al solito, le autorità lasciarono ai fascisti mano libera. I ‘comunisti’ più in vista di Foiano avevano già abbandonato le loro case. I fascisti si dettero a saccheggiare, devastare e incendiare le abitazioni private.

Un operaio, Cino Milani, che non aveva pensato a scappare, fu trascinato in mezzo alla piazza: gli fu chiesto di promettere che si sarebbe dimesso dal partito socialista; rifiutò. Gli fu chiesto di dichiarare che deplorava l’imboscata del giorno prima: rifiutò di nuovo. Gli spararono e rimase ucciso.



Un contadino, tale Gherardi, colpevole di essere il fratello di un ‘comunista,’ fu colpito da uno sparo e ucciso mentre cercava di fuggire. I fascisti di Arezzo avevano portato con loro a Foiano come prigioniero un socialista, ex-deputato, Bernardini, direttore del giornale socialista di Arezzo. Sotto minaccia di morte, il prigioniero fu obbligato a pronunciare dal balcone di una casa un discorso contro le ‘violenze socialiste,’ mentre nella strada di sotto una folla di fascisti schiamazzava e fischiava. Grazie a questo atto di vigliaccheria, che disonora i suoi carcerieri non meno di lui, gli fu risparmiata la vita.

Quando si furono stancati di tormentare la popolazione di Foiano, i fascisti ritornarono sul luogo dell’agguato del giorno prima. Venne ferito gravemente il contadino Caciolli; due altri contadini, feriti mentre fuggivano, non furono ritrovati; probabilmente le loro ferite non erano gravi ed essi riuscirono a nascondersi. Ma tutto questo non bastava.

Nella notte, verso la una, i fascisti ritornarono sul luogo; saccheggiarono una per una le case coloniche, terrorizzando donne, bambini e vecchi, e riducendo altre case a un mucchio di rovine fumanti. Una donna, Luisa Bracciali, che era accusata di aver ferito un fascista con un forcone durante l’agguato, fu trovata in casa e uccisa a revolverate. Il contadino Nocciolini fu ucciso mentre cercava di scappare. Un altro contadino, Alfredo Rampi, sentendo dire che i fascisti erano sulle sue tracce, si uccise.



Le operazioni continuarono anche per tutto il giorno dopo, 19 aprile. La casa del sindaco Nucci, che era fuggito, fu invasa e incendiata. Il circolo comunista di Bettolle fu saccheggiato e bruciato. Da ultimo i fascisti riunirono in modo ‘spontaneo’ un gruppo di contadini, ne presero i nomi e dichiararono fondato il Fascio di Foiano. In tal modo, dopo avere convertito i ‘comunisti’ di Foiano alla ‘fede nazionale,’ i fascisti, gloriosi e trionfanti, abbandonarono il teatro della loro vittoria.

Non occorre dire che le autorità civili e militari si fecero notare per la loro assenza.

Esse erano occupate a ‘scovare i comunisti’ che si erano nascosti nella campagna intorno a Foiano. I colpevoli della ‘imboscata,’ che non furono uccisi durante le rappresaglie, furono condannati, quattro a trent’anni di carcere, tre a venticinque anni, due a vent’anni, sei a dieci anni, e tre a pene dai sette ai dieci anni. Nessuno dei fascisti che presero parte alle operazioni descritte ebbe a subire alcunché di nulla.
Squadristi, ricordate il gran macello
che facesti a Foiano della Chiana:
col duce andasti fuori di cervello
e massacrasti tanta carne umana!

Se lo ricorda tutto quel castello
se lo ricorda tutta la Toscana:
li condannasti a quella forca orrenda
e chi ha dato le botte le riprenda!

Contributed by Bernart Bartleby - 2016/11/19 - 23:26




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