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Mary Hamilton

Anonymous
Language: Scots


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Child #173
[attorno al 1563 | around 1563]
Traditional from Scotland / Tradizionale scozzese
Testo / Text: From Charles Kirkpatrick Sharpe's A Ballad Book, Edinburgh 1823, p. 18
Da A Ballad Book di Charles Kirkpatrick Sharpe, Edimburgo 1823, p. 18
Traditional tune / Melodia tradizionale: Gavin Greig, Last Leaves of Traditional Ballads, edited by Alexander Keith, Aberdeen, Scotland, 1925
[Attribuita a Davide Rizzio (1533-1566)
Attributed to David Rizzio (1533-1566)]


Nota.Buona parte del materiale contenuto in questa pagina era già presente nel sito nella pagina dedicata a Seasons of Murder di Lorcan Otway, canzone dedicata a Rachel Corrie che utilizza la melodia tradizionale di Mary Hamilton. Il materiale è stato interamente modificato e trasferito in questa pagina. [RV]




Francis James Child, come a volte accennato in questo sito, non era particolarmente interessato alle melodie delle ballate che era andato raccogliendo per decenni e che avrebbero formato poi la sua opera capitale sul genere. Era interessato alla ballata tradizionale come forma d'arte e di poesia popolare, e per attendere studi approfonditi sulle melodie delle ballate angloscozzesi sarebbe occorso attendere il secolo successivo. Ciononostante, qua e là anche il Child inseriva qualche annotazione sulle melodie, specialmente quando lo avevano colpito pur con le sue scarse conoscenze musicali: Mary Hamilton era una di queste, con la sua melodia che il Child ebbe a definire haunting. Impossibile, qui, dargli torto; tra le Child Ballads, Mary Hamilton, oltre ad essere tra le più emozionanti dal punto di vista puramente lirico, presenta anche una delle melodie più belle dell'intero corpus delle ballate tradizionali britanniche. Ma, come vedremo meglio in seguito, la bellissima melodia può avere precise origini colte.

La vicenda che vi viene narrata è assai complessa dal punto di vista storico; caso piuttosto frequente nelle ballate tradizionali, che tendono sovente a incrociare effettivi avvenimenti storici con avvenimenti precedenti, più o meno simili ma di cui si è perduta l'esatta memoria, oppure con stilemi popolari cristallizzati (ma forse anch'essi basati su eventi reali stilizzati dalla tradizione orale.)


Una versione scozzese della ballata interpretata da Fiona Ross (2014, Maldon Folk Festival)

La parte storica della ballata, che essendo di provenienza scozzese ed in lingua scozzese nella sua redazione primitiva è ambientata a Edimburgo, ha come protagonista sì una giovane donna di origine scozzese di nome Mary Hamilton; ma i fatti si svolsero ben lontano dalla Scozia, ed esattamente alla corte di Pietro il Grande, a San Pietroburgo nei primi anni del XVIII secolo. Mary Hamilton, ragazza di rara bellezza, era appartenente alla famiglia scozzese degli Hamilton, emigrata in Russia ai tempi dello zar Ivan il Terribile; in Russia era nota come Marija Danilovna Gamentova (Мария Даниловна Гаментова), ove il patronimico femminile, da Gamentov, era l'imperfetta resa russa (da leggersi Hamentov) dello Hamilton scozzese. Era probabilmente la figlia di William Hamilton (Vilel'm Gamentov) e cugina di Evdokiya Grigor'evna Hamilton (Gamentova). Fece la sua apparizione a corte nel 1713, come dama di compagnia della zarina Caterina, e, con la sua bellezza, iniziò a condurre una vita frivola, attirando l'attenzione dello zar. Contemporaneamente alla sua relazione con lo zar, aveva una storia con Ivan Michajlovič Orlov. Quando Orlov la tradì con un'altra amante di Pietro, Avdot'ja Černyšëva, Mary cercò di riconquistarlo conferendogli dei regali rubati a Caterina. Nel 1715 ebbe un aborto prendendo una medicina per la stipsi, e partorì in segreto nel 1717, dopo di che annegò il bambino. Nello stesso anno, Orlov venne interrogato sulla mancanza di alcuni documenti scomparsi dello zar. Egli confessò la sua relazione con Mary. Venne accusata di furto, dopo che la zarina trovò alcuni suoi oggetti personali nelle stanze di Mary. Lei e Orlov vennero arrestati e imprigionati nella Fortezza di San Pietroburgo. Mary confessò il furto e di aver ucciso il suo bambino appena nato, ma rifiutò di testimoniare contro Orlov, nonostante la tortura. Nel novembre del 1718, Mary venne riconosciuta colpevole dell'aborto, dell'omicidio del suo bambino e del furto dei gioielli appartenenti alla imperatrice, e fu condannata a morte. Sia l'imperatrice Caterina che la zarina Praskovia Feodorovna Saltykova chiesero a Pietro pietà per lei, ma senza risultato. Venne decapitata il 14 marzo 1719. Fu decapitata con la spada, invece che con l'ascia. Dopo l'esecuzione, l'Imperatore prese la testa, tenne una conferenza sulla sua anatomia, la baciò e poi la gettò via. La testa di Mary venne conservata presso la Accademia russa delle scienze, almeno fino al regno di Caterina la Grande.

Come si può vedere, la vicenda storica, tenendo conto dell'ambientazione assai differente, viene rispecchiata abbastanza fedelmente nella ballata tradizionale scozzese; ed il fatto che la sventurata ragazza fosse effettivamente di nobile origine scozzese può avere colpito molto l'immaginazione dei suoi conterranei, sebbene gli Hamilton fossero lontani dalla Scozia oramai da due secoli. Si sarebbe quindi portati a considerare la ballata nient'altro che una rielaborazione popolare di quegli avvenimenti, se non fosse per il fatto che essa era stata udita in Scozia, e con precise testimonianze, assai prima del 1719; esistono in effetti attestazioni risalenti agli ultimi vent'anni del XVI secolo.

Nel testo sono nominate, per altro, le “Quattro Marie” (the Four Maries). Si trattava di un gruppo di potenti ancelle di Maria Stuarda (nonché sue amiche intime fin dall'adolescenza), due delle quali sono precisamente menzionate nel testo coi loro esatti nomi e cognomi (Mary Seton e Mary Beaton). Le altre due si chiamavano Mary Fleming e Mary Livingston; nella ballata viene nominata una “Mary Carmichael” e, appunto, Mary Hamilton. La quale non aveva assolutamente nulla a che vedere né con Maria Stuarda, né con le “Quattro Marie” Come riportato dallo storico John Knox nella sua History of the Reformation, la vicenda sembra però ricalcare anche uno scandalo avvenuto durante il regno di Maria Stuarda, che coinvolse una servitrice francese giustiziata per aver ucciso suo figlio appena nato. Non fu però Darnley, il principe consorte (ovvero "il più nobile di tutti gli Stuart"), bensì il farmacista di corte (detto pottinger, ovvero il vero capo della servitù) ad essere complice della francese, sia nell'amore che nel crimine. Il fatto accadde nel 1563 e la coppia venne fatta decapitare. Secondo altre versioni e speculazioni, la vicenda potrebbe però essere addirittura anteriore, e la regina nominata nella ballata potrebbe addirittura essere la regina di Scozia Mary di Guelders, vissuta dal 1434 al 1463, moglie del re Giacomo II e reggente per il figlio, Giacomo III, dalla morte del marito avvenuta per lo scoppio accidentale di un cannone nel 1460 fino alla morte di lei nel 1463. Una figlia di Giacomo II e Mary di Guelders, Mary Stewart (quindi anch'essa una precedente “Maria Stuarda”) sposò il nobile scozzese James Hamilton; tra i loro discendenti ci fu proprio Lord Darnley, il principe consorte della Maria Stuarda più famosa, un secolo dopo. In tempi più recenti, il re d'Inghilterra Giorgio IV (1762-1830) ebbe, mentre era ancora Principe di Galles, una chiacchierata storia con la governante di una delle sue sorelle, che di nome faceva esattamente Mary Hamilton; ma i due non ebbero nessun figlio, ed ovviamente (e fortunatamente) non ci fu nessun infanticidio.

Come si può vedere, alla formazione della ballata debbono aver contribuito diverse vicende storiche rielaborate dalla tradizione popolare. Con tutta probabilità, la vera vicenda di partenza deve essere stata quella avvenuta durante il regno di Maria Stuarda, nel 1563; in questa versione archetipica, menzionata ma non attestata testualmente, il delitto della servitrice francese doveva essere stato attribuito ad una delle “Quattro Marie”, menzionata però con un nome ripreso da vicende anteriori. Forse, qui, può aver giocato anche il fatto che, in Scozia, il termine mary indica genericamente una servitrice o una dama di compagnia (con un procedimento simile a quello per cui “Battista”, in italiano, è per antonomasia il maggiordomo). In effetti, esiste una versione di Mary Hamilton, più propriamente intitolata The Four Maries (Child #173u, IV, 509) in cui la ragazza è chiamata semplicemente Marie ed il suo amante è un "erborista" (pottinger), ovvero il farmacista di corte degli annali criminali; questa può essere l'unica versione della ballata effettivamente vicina a quella originaria. Verosimilmente, le notizie provenienti da San Pietroburgo e l'intrepido comportamento dell'autentica Mary Hamilton sul patibolo della lontana Russia (le fonti, ad esempio, sono concordi che essa si presentò sul patibolo vestita splendidamente e sfavillante di bellezza) "catturarono" talmente l'immaginazione degli scozzesi, che l'antica ballata fu rimessa in auge ed adattata alla nuova eroina. Un tipico esempio di “ballata composita” dal punto di vista storico, in cui gli avvenimenti storici vengono mischiati e confusi fino a produrre, però, una composizione ragguardevole dal punto di vista della lirica popolare.

Tra gli argomenti decisivi per l'origine cinquecentesca della ballata c'è anche la questione della melodia, che in gran parte ha contribuito alla sua fortuna. La questione rientra, tra le altre cose, più in generale sull'origine colta di parecchie tra le migliori melodie delle ballate tradizionali, sulle quali si "cimentarono" noti musicisti. La melodia di Mary Hamilton è stata infatti attribuita a Davide Rizzio (1533? - 1566), musicista piemontese (era nato a Pancalieri, presso Torino) alla corte di Maria Stuarda. Il bel sito L'Ontano, curato da Cattia Salto (collaboratrice del nostro sito), riporta un passaggio tratto da una pagina dedicata specificamente a Davide Rizzio (o Riccio) che qui riproduciamo:

"Altro motivo importante attribuito a Davide fu "The four Maries" anche noto come "Mary Hamilton". Si è detto che una delle quattro Mary, dame di corte della regina di Scozia, fosse Mary Hamilton. Questa ballata (forse del 1563) ha per tema Mary Hamilton rimasta incinta di un figlio illegittimo che si volle frutto illegittimo di una scappatella con Lord Darnley, pretendente e futuro marito di Mary Stuart. Mary Hamilton annegò il neonato e fu per questo condannata a impiccagione. Girava anche un'altra versione dei fatti, secondo cui Mary Hamilton ebbe una relazione con il farmacista di corte. Ma anche in questo caso, si sparse il pettegolezzo che quello fu solo un travestimento di Darnley. La leggenda narra che David Rizzio, intimo amico di Darney, conoscesse bene esistenza e retroscena della tresca, perciò ne scrisse la musica e ne compose i versi. Lord Darnley se l'ebbe a male o, come si suol dire, se la legò al dito. Si dice che l'averne scritto una ballata presto molto popolare, contribuì al deterioramento della loro amicizia che porterà poi a ben più gravi intrighi di palazzo e all'omicidio di Rizzio. Francis J. Child ritenne invece che la Mary Hamilton fosse una damigella d'onore al servizio di Caterina di Russia, anch'ella rea di avere annegato, il 14 marzo 1719, un suo figlio indesiderato. Il tema dell'annegamento è stato ripreso nella canzone "Ninna Nanna" di Angelo Branduardi (dall'lp "Cogli la prima mela"), profondo rifacimento in italiano della ballata attribuita a Rizzio, che ha per tema non più le ultime ore e il rimpianto di Mary Hamilton destinata a morire, ma un neonato consegnato alla sorte delle acque, come già fu tema antico (lo stesse accadde a Sargon, re d'Accadia, e a Mosé, abbandonato al fiume in un cesto di vimini)."

Davide Rizzio, al quale è attribuita anche la composizione della melodia sulla quale poi sarebbe stata cantata Auld Lang Syne di Robert Burns, il poeta settecentesco scozzese (e che in italiano si chiama, chissà perché, Il valzer delle candele), era sospettato precisamente di essere amante della regina (pur essendo descritto come un uomo d'aspetto non gradevole), di cui era segretario privato. Il fatto suscitò talmente la gelosia di Lord Darnley da essere fatto barbaramente assassinare, con 57 coltellate, proprio mentre era in compagnia della regina, a Edimburgo, la sera del 9 marzo 1566. Fu in seguito spogliato delle vesti e dei gioielli e gettato nudo dalle scale; sepolto rapidamente nel cimitero di Holyrood, fu in seguito fatto tumulare da Maria Stuarda, nel sepolcro dei Re di Scozia.

La ballata affiora per la prima volta alla stampa, nel suo testo scozzese definitivo, molto tardi: soltanto nel 1823, quando fu riportata da Charles Kirkpatrick Sharpe a pagina 18 del suo A Ballad Book, una delle maggiori fonti dei raccoglitori “pre-childiani” di ballate britanniche del primo Romanticismo. Così fu riportata da Francis James Child assieme ad altre versioni. Per il suo argomento fu presto “catturata” anche dai Broadsides, i “fogli volanti”; una sua versione tarda, consistente nel solo “ultimo discorso” sul patibolo della condannata, divenne una notissima Criminal's Last Goodnight.

La notorietà della ballata è naturalmente testimoniata dal fatto che essa viveva autenticamente nella tradizione popolare ancora a cavallo tra il XIX e il XX secolo, quando Gavin Greig (1856- 1914, grande folklorista scozzese imparentato sia con Robert Burns che col celebre musicista norvegese Edvard Grieg) raccolse in un villaggio scozzese la melodia ancora oggi conosciuta, che si adatta perfettamente anche alla versione che il Child riconobbe come più vicina alla fonte primitiva (Child IV, 509, già menzionata) e che, come abbiamo visto, è probabilmente di origine colta. La pubblicazione dei Last Leaves of Traditional Ballads, l'opera capitale del Greig, avvenne molti anni dopo la sua morte, nel 1925.

Caso abbastanza infrequente, non si riportano versioni americane della ballata; la simpatia emozionale verso l'infanticida, che traspare dalla ballata, non deve avere riscosso molto successo presso i puritani del New England, nonostante la “punizione esemplare”. Per avere una “versione americana” si è dovuto attendere Joan Baez, che nel secondo volume del suo Ballad Book (1960) la ha rimessa in auge in tutto il mondo (ivi comprese le traduzioni italiane di Angelo Branduardi, la prima delle quali, Ninna nanna, non nomina però affatto la protagonista). [RV]
Word's gane to the kitchen,
And word's gane to the ha’
That Mary Hamilton gangs wi bairn
To the hichest Stewart of a’.

He's courted her in the kitchen,
He's courted her in the ha’,
He's courted her in the laigh cellar
And that was warst of a’!

She's tyed it in her apron
And she's thrown it in the sea;
Says, "Sink ye, swim ye, bonny wee babe!
You’l ne’er get mair o’ me."

Down then cam the auld queen,
Goud tassels tying her hair:
"O Marie, where's the bonny wee babe
That I heard greet sae sair?"

"There was never a babe intill my room,
As little designs to be;
It was but a touch o my sair side
Come o'er my fair bodie."

"O Marie, put on your robes o’ black,
Or else your robes o’ brown,
For ye maun gang wi’ me the night
To see fair Edinbro’ town."

"I winna put on my robes o’ black,
Nor yet my robes o’ brown,
But I’ll put on my robes o’ white
To shine through Edinbro’ town."

When she gaed up the Cannogate,
She laugh'd loud laughters three;
But whan she cam down the Cannogate
The tear blinded her ee.

When she gaed up the Parliament stair,
The heel cam aff her shee;
And lang or she cam down again
She was condemned to dee.

Whan she cam down the Cannogate,
The Cannogate sae free,
Many a ladie look'd o'er her window
Weeping for this ladie.

"Ye need nae weep for me", she says,
"Ye need nae weep for me;
For had I not slain mine own sweet babe,
This death I wadna dee.

"Bring me a bottle of wine", she says,
"The best that e'er ye hae,
That I may drink to my weil-wishers,
An they may drink to me.

"Here's a health to the jolly sailors,
That sail upon the main;
Let them never let on to my father and mother,
But what I'm coming hame.

"Here's a health to the jolly sailors,
That sail upon the sea;
Let them never let on to my father an mother
That I cam here to dee.

"O little did my mother think
The day she cradled me,
What lans I was to travel through,
What death I was to dee.

"O little did my father think,
The day he held up me,
What lands I was to travel through,
What death I was to dee.

"Last night I wash'd the queen's feet,
An gently laid her down;
And a’ the thanks I’ve gotten the night,
To be hang’d in Edinbro’ town.

"Last nicht there was four Maries,
The nicht there'l bee bit three;
There was Marie Seton, an Marie Beton,
And Marie Carmichael, and me."

Contributed by Riccardo Venturi - 2015/11/6 - 19:17




Language: Italian

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
Originariamente del 1983
Pubblicata poi in questo sito archiviato (originariamente del 1998).

MARY HAMILTON

La voce è passata in cucina,
La voce è passata in sala
Che Mary Hamilton aspetta un figlio
Dal più nobile degli Stuart.

L'ha corteggiata in cucina,
L'ha corteggiata in sala;
Ma poi l'ha corteggiata in cantina
Ed è la peggior cosa di tutte!

L'ha avvolto nel suo grembiule
E poi l'ha gettato in mare
Dicendo, "Nuota o annega, bel bambino!
Di me non saprai più niente."

Allora scese la Regina Madre
Con l'oro intrecciato nei capelli:
"Mary, dov'è il bel bambino
Che ho udito pianger così forte?"

"Non c'era nessun bimbo nella stanza,
E non ce ne saranno mai;
Era solo un dolore al fianco
Che ha colpito il mio bel corpo."

"Mary, mettiti il vestito nero
Oppure il vestito marrone;
Stasera dobbiamo andare
A visitar la bella Edimburgo."

"Non mi metterò il vestito nero
E neanche quello marrone;
Mi metterò il vestito bianco
Per esser splendida a Edimburgo."

Quando salì sul Cannogate
Rise forte tre volte,
Ma quando scese dal Cannogate
Le si empiron gli occhi di pianto.

Quando salì lo scalone del Parlamento
La scarpa le uscì dal calcagno;
E quando ne ridiscese
Fu condannata a morte.

Quando scese del Cannogate,
Il Cannogate così vivace,
Molte dame guardavano alla sua finestra
In lacrime per quella signora.

"Non piangete per me", disse,
"Non dovete piangere per me;
Se non avessi ucciso il mio bel bambino
Non sarei dovuta morire così.

"Portatemi una bottiglia di vino", disse,
"La migliore bottiglia che avete,
Per bere alla salute dei miei carnefici
E perché loro possan bere alla mia.

"Un brindisi per i bravi marinai
Che navigano per l'oceano;
Non dite a mio padre e a mia madre
Che a casa io non tornerò.

"Un brindisi per i bravi marinai
Che navigano per l'oceano;
Non dite a mio padre e a mia madre
Che qua son venuta a morire.

"Certo non pensava mia madre
Quando mi dondolava nella culla
Alle terre che avrei attraversato
Ed alla morte che mi sarebbe toccata.

"E certo non pensava mio padre
Quando mi prendeva in collo
Alle terre che avrei attraversato
Ed alla morte che mi sarebbe toccata.

"Ieri sera lavavo i piedi alla Regina,
E dolcemente la mettevo a letto;
E la ricompensa che ne ho avuto stasera
È d'essere impiccata a Edimburgo!

"Ieri sera c'erano quattro Mary,
Stasera non ce ne saranno che tre;
C'era Mary Seton e Mary Beton,
E Mary Carmichael, ed io."

Contributed by Riccardo Venturi - 2015/11/6 - 20:54




Language: English

La versione di Joan Baez




Incisa la prima volta nel 1960 nel II volume del "Ballad Book"; comunque la si voglia vedere, quello storico doppio album ha rimesso in circolazione a livello mondiale le Child Ballads. Joan Baez ha chiaramente "lavorato" sul testo, ripreso in gran parte dalle versioni Child #173a/b, sfrondandolo e riportandolo in inglese moderno (anche se, per la metrica, ha dovuto tenere arcaismi come "thee" e la forma "dee" per "die"). Da allora, va detto, è il testo standard della ballata, interpretato anche da fior di folkloristi; è parecchio raro sentire qualcuno cimentarsi in diverse versioni della ballata e, a quanto mi risulta, il testo dello Sharpe (che è in scozzese stretto) non è mai stato inciso da nessuno. Da qui derivano anche le traduzioni della coppia Branduardi/Zappa (lo si vede, ad esempio, da quella del 2013 dove c'è "Glasgow" al posto di Edimburgo, come nella versione di Joan Baez). E devo anche confessare che io stesso ho ascoltato per la prima volta la ballata in questa forma, verso il 1976. Però una volta, mezzo ubriaco in piazza Santo Spirito a Firenze, l'ho cantata nella versione dello Sharpe col chitarrista che mi diceva "Ma che cazzo stai cantando...?!?? Non dice così !!!" [RV]



MARY HAMILTON

Word is to the kitchen gone,
And word is to the hall
And word is up to madam the queen,
And that's the worst of all.
That Mary Hamilton has borne a babe
To the highest Stuart of all.

Oh rise, arise Mary Hamilton
Arise and tell to me
What thou hast done with thy wee babe
I saw and heard weep by thee

I put him in a tiny boat
And cast him out to sea
That he might sink or he might swim
But he'd never come back to me

Oh rise arise Mary Hamilton
Arise and come with me
There is a wedding in Glasgow town
This night we'll go and see

She put not on her robes of black
Nor her robes of brown
But she put on her robes of white
To ride into Glasgow town

And as she rode into Glasgow town
The city for to see
The bailiff's wife and the provost's wife
Cried alack, and alas for thee

Oh you need not weep for me, she cried
You need not weep for me
For had I not slain my own wee babe
This death I would not dee

Oh little did my mother think
When first she cradled me
The lands I was to travel in
And the death I was to dee

Last night I washed the queen's feet
Put the gold in her hair
And the only reward I find for this
The gallows to be my share

Cast off, cast off my gown, she cried
But let my petticoat be
And tie a napkin round my face
The gallows, I would not see

Then by and come the king himself
Looked up with a pitiful eye
Come down, come down Mary Hamilton
Tonight you will dine with me

Oh hold your tongue, my sovereign liege
And let your folly be
For if you'd a mind to save my life
You'd never have shamed me here

Last night there were four Marys
Tonight there'll be but three
It was Mary Beaton and Mary Seton
And Mary Carmichael, and me.

Contributed by Riccardo Venturi - 2015/11/6 - 21:25




Language: English


The Four Maries: Child #173u (IV, 509)

173[U].1 ‘My father was the Duke of York,
My mother a gay ladye,
And I myself a daintie dame;
The queen she sent for me.
173[U.2] ‘But the queen’s meat it was sae sweet,
And her clothing was sae rare,
It made me long for a young man’s bed,
And I rued it evermair.’
173[U.3] But worid is up, and word is down,
Amang the ladyes a’,
That Marie’s born a babe sin yestreen,
That babe it is awa.
173[U.4] But the queen she gat wit of this,
She calld for a berry-brown gown,
And she’s awa to Marie’s bower,
The bower that Marie lay in.
173[U.5] ‘Open your door, my Marie,’ she says,
‘My bonny and fair Marie;
They say you have born a babe sin yestreen,
That babe I fain wad see.’
173[U.6] ‘It is not sae wi me, madam,
It is not sae wi me;
It is but a fit of my sair sickness,
That oft times troubles me.’
173[U.7] ‘Get up, get up, my Marie,’ she says,
‘My bonny and fair Marie,
And we’ll away to Edinburgh town,
And try the verity.’
173[U.8] Slowly, slowly, gat she up,
And slowly pat she on,
And slowly went she to that milk-steed,
To ride to Edinburgh town.
173[U.9] But when they cam to Edinburgh,
And in by the Towbooth stair,
There was mony a virtuous ladye
Letting the tears fa there.
173[U.10] ‘Why weep ye sae for me, madams?
Why weep ye sae for me?
For sin ye brought me to this town
This death ye gar me die.’
173[U.11] When she cam to the Netherbow Port,
She gae loud laughters three;
But when she cam to the gallows-foot
The tear blinded her ee.
173[U.12] ‘Yestreen the queen had four Maries,
The night she’ll hae but three;
There was Marie Seton, and Marie Beatoun,
And Marie Carmichael, and me.
173[U.13] ‘My love he was a pottinger,
Mony drink he gae me,
And a’ to put back that bonnie babe,
But alas! it wad na do.
173[U.14] ‘I pat that bonny babe in a box,
And set it on the sea;
O sink ye, swim ye, bonny babe!
Ye’s neer get mair o me.
173[U.15] ‘O all ye jolly sailors,
That sail upon the sae,
Let neither my father nor mother ken
The death that I maun die.
173[U.16] ‘But if my father and mother kend
The death that I maun die,
O mony wad be the good red guineas
That wad be gien for me.’

Contributed by Riccardo Venturi - 2015/11/7 - 10:11




Language: Italian

La prima versione italiana di Angelo Branduardi (1979)



Dall'album Cogli la prima mela (1979); la traduzione è in realtà della moglie di Angelo Branduardi, Luisa Zappa. Si tratta della prima versione italiana, totalmente "anonima" (nel senso che la vicenda è decontestualizzata e non si nomina Mary Hamilton).



NINNA NANNA

"L'ho addormentato nella culla
e l'ho affidato al mare,
che lui si salvi o vada perduto
e mai più non ritorni da me".

L'hanno detto giù nelle cucine;
la voce ha risalito le scale
e tutta la casa ora lo sa:
ieri notte piangeva un bambino.

L'hanno detto giù nelle cucine
e tutta la casa lo sa
che ieri lei aveva un bambino
e che oggi lei non l'ha più.

"Adesso alzati e dillo a me,
lo so che avevi un bambino,
tutta la notte ha pianto e perché
ora tu non l'hai più con te".

"L'ho addormentato nella culla
e l'ho affidato al mare,
che lui si salvi o vada perduto
e mai più non ritorni da me".

"Adesso alzati, vieni con me
questa sera andremo in città,
lava le mani, lavati il viso,
metti l'abito grigio che hai".

L'abito grigio non indossò
per andare quella sera in città,
vestita di bianco la gente la vide
davanti a se passare.

"La scorsa notte dalla mia padrona
le ho pettinato i capelli
poi mio figlio ho addormentato e
l'ho affidato al mare"...

Non lo sapeva certo mia madre
quando a sè lei mi stringeva
delle terre che avrei viaggiato,
della sorte che avrei avuta.

"L'ho addormentato nella culla
e l'ho affidato al mare,
che lui si salvi o vada perduto
e mai più non ritorni da me".

Contributed by Riccardo Venturi (22.8.2005) - 2015/11/6 - 21:14




Language: Italian

La seconda versione italiana di Angelo Branduardi




La versione pienamente "ricontestualizzata" tratta dall'album Il rovo e la rosa (titolo evidentemente ripreso dalle tipiche strofe rose-briar delle ballate angloscozzesi, forse il più comune "ballad commonplace": "...e la rosa avvolse il rovo"), del 2013. Trentaquattro anni dopo ricompare la povera Mary Hamilton!

MARY HAMILTON

L'ho addormentato nella culla
e l'ho affidato al mare…
Che lui si salvi o vada perduto
e mai più lui ritorni da me.

L'hanno detto giù nelle cucine,
la voce ha risalito le scale
e tutta la casa ora lo sa,
ieri notte piangeva un bambino.

L'hanno detto giù nelle cucine
e la Regina ora lo sa
Mary Hamilton ha avuto un bambino
dal più nobile di tutti gli Stuart.

Adesso alzati e dillo a me,
lo so che avevi un bambino,
tutta la notte ha pianto e perché
ora tu non l'hai più con te ?

Adesso alzati, vieni con me,
questa sera andremo in città.
Lava le mani, lavati il viso,
metti l'abito più scuro che hai.

Abiti a lutto non indossò
per cavalcare fino in città.
Vestita di bianco la gente la vide
per le strade di Glasgow passare.

La scorsa notte dalla mia Regina
le ho intrecciato con oro i capelli,
in ginocchio ho lavato i suoi piedi
ad in cambio ho avuto la forca.

Non lo sapeva certo mia madre
quando a sé lei mi stringeva,
delle terre che avrei viaggiato,
della sorte che avrei avuto.

"Povera Mary, povera te!"
"Non piangete – rispose – per me.
Datemi un velo per coprire il mio viso,
ma sappiate che io non ho colpe."

Vieni Mary, vieni con me!"
Disse il re scendendo le scale,
la guardò con occhi pietosi:
"Questa sera siedi a cena con me!"

Erano in quattro a chiamarsi Mary,
questa notte non saranno che tre…
C'era Mary Beaton e Mary Seton
e Mary Carmichael e me.

Contributed by Jacopo Capurri + CCG/AWS Staff (31.7.2014) - 2015/11/6 - 21:19




Language: French

La "cover" francese di Marie Laforêt (1971)




La filologia è una scienza disperatamente rigorosa; quindi sono propenso ad immaginarmi un Francis James Child del trentesimo secolo che, in quel remotissimo futuro, indaghi ancora sulle ballate britanniche nelle loro varie versioni offsprings e corrispondenze internazionali (così come, del resto, lo stesso Child faceva tenendo contatti epistolari con studiosi di tutto il mondo). Si troverebbe quindi davanti anche a questa "versione" francese del lontanissimo e bujo XX secolo, dove tale Marie Laforêt, detta La ragazza dagli occhi d'oro, sulla melodia di Mary Hamilton cantava -come si evince dalle arcaiche testimonianze del primitivo "YouTube"- questa canzone qui, della quale si dà conto come -sconfortatamente- avrebbe fatto anche Francis James Child per illustrare seriamente le debased forms che può assumere la tradizione popolare, e delle quali, beninteso, esistono parecchi esempi. Credo che questa "cover" di Mary Hamilton escogitata nel XX secolo possa agevolmente fare il paio con Superstar dei Flora, Fauna e Cemento, gruppo italiano di quello stesso periodo che, sulla melodia di una canzone che parlava di Gesù Cristo (amen) infilò un testo che parlava invece della "ragazza facile" di un bar (Superstar, appunto) che, in pratica, la dava a tutti fuori che (naturalmente) al protagonista. Il quale veniva invitato dagli amici del bar a lasciarla perdere.

Qui, invece, su un'antica e drammatica ballata tradizionale che parla di un infanticidio e di una ragazza condannata per questo ad essere messa al patibolo, qualcuno, di cui voglio ignorare il nome, ha concepito la vicenda di una giovine donna alla quale un'amica d'infanzia, Mary Hamilton appunto, frega amabilmente l'innamorato Tony, avvenente marinajo che però, un venerdì, va a imbarcarsi a Londonderry (come fa, lo sa solamente lui visto che Londonderry non è sul mare). La triste vicenda si conclude con una filosofica considerazione: "Tutte le donne hanno nella loro vita / un marinaio, un marito / che esse attendono o dimenticano / e anche Mary Hamilton". Con l'augurio che la vera Mary Hamilton, chiunque ella sia stata, non si rigiri eccessivamente nella tomba, ci congediamo augurandovi buon ascolto. [RV]

MARY HAMILTON

Enfants, nous étions très unis
C'est fou comme on a ri
Bien sûr, j'étais toujours punie
Mais Mary Hamilton aussi

Après, j'ai rencontré Tony
Au bal un jour d'avril
J'étais en blanc, il a souri
A Mary Hamilton aussi

Bien sûr, c'est elle qu'il a choisie
Elle est tellement jolie
Le soir, ils ont dansé et ri
Mary Hamilton et lui

Tony embarque vendredi
Près de Londonderry
Je me sens si seule aujourd'hui
Mary Hamilton aussi

Toutes les femmes ont dans leur vie
Un marin, un mari
Qu'elles attendent ou qu'elles oublient
Mary Hamilton aussi

Elles attendent, je les envie
J'envie Mary Hamilton aussi

Contributed by Riccardo Venturi - 2015/11/7 - 08:34


La versione cantata da Joan Baez ha un testo differente in molti punti, come si può vedere nel volume Ballate e Folksongs - Paperbacks poeti 56, in sede di commento inoltre si afferma che il racconto narrato in questa ballata abbia punti di contatto sia con un incidente successo nel XVI secolo alla corte della regina Maria di Scozia che con una vicenda amorosa del XVIII secolo alla corte dello zar di Russia, Pietro.

Flavio Poltronieri - 2015/11/6 - 20:11


Assolutamente esatto, Flavio. Purtroppo, come avrai capito, ho forse la non buona abitudine di cominciare a costruire le pagine prima di aver redatto una capillare introduzione storica, che mi prende parecchio tempo e che forse dovrei stilare prima di iniziare la pagina. Fortunatamente l'introduzione è pronta e già inserita; ma sono un pachiderma di lentezza. Qui si è trattato, fra l'altro, di ricomporre in unì'introduzione comunque leggibile delle note sulla ballata (mai viste da nessuno) prese durante quasi vent'anni e che occupano trentacinque pagine di un quaderno antidiluviano. Ad ogni modo, la pagina completa prevede anche la versione di Joan Baez, e se mi riuscirà di trovarla anche la Child #173u (IV 509). Saluti cari!

Riccardo Venturi - 2015/11/6 - 20:37


Caro Richar Gwenndour, scrivo a te in quanto non ci sono purtroppo molti altri "bretonanti" in giro (che io sappia):

anche in Bretagna c'è una canzone sull'infanticidio molto toccante e dove la ragazza si consegna per essere giudicata, anche se il finale è davvero sorprendente in quanto il monaco del convento e i fratelli di Saint-François le assicurano che dopo essere stata giustiziata, lei andrà in paradiso.

Allego la versione della giovane fantastica arpista Lina Bellard con al canto Rozenn Talec, kenavo


Flavio Poltronieri - 2016/9/3 - 15:26




Language: Italian

Traducanzone di Andrea Buriani


MARY HAMILTON

Ciò che nelle cucine si udì, ora è voce di palazzo,
Coinvolge la Regina, e non è un pettegolezzo,
è che Mary Hamilton ebbe un bebè, che il maggior degli Stuard rinnegò.

Orsù, orsù, Mary Hamilton, orsù dillo a me
Che cosa hai fatto al tuo bebè che ho sentito pianger da te?

In una culla lo adagiai e l’ho affidato al mar,
non volevo farlo annegar ma mai più vederlo tornar.

Orsù, orsù, Mary Hamilton orsù vieni con me
C'è un matrimonio a Glasgow, sai? Stasera andremo lì.

Lei non vestì la veste nera, e nemmeno di un altro color
ma una veste bianca lei indossò e a Glasgow poi andò.

Quando furono a Glas…gow andarono a trovar
due dame a cui la sua pena narrò e lor piansero.

“ Oh non piangete più per me, vedete, il lutto non ho.
Poichè non uccisi il mio bebè. questa morte non meriterò”

Ohi non sapeva mia madre allor, quei giorni in cui mi cullò,
quali terre avrei traversato un dì e qual morte mi aspetta, ora so.

Alla Regina i piedi lavai e le misi oro nei capelli
ma il solo compenso per tutto ciò or di corda al collo è un gioiello.

Nel sceglier la giusta veste, pianse “ allor nuda voglio restar
ma un drappo chiuda gli occhi miei chè la forca non possa veder”.

Poi venne persino il Re che commosso le disse così :
“Alla mia corte, Mary Hamillton, stasera cenerete con me”.

Quattro Marie c’eran ieri sera, stasera saranno sol tre:
C’era Mary Beaton e Mary Seton, e Mary Carmichael e me.

Contributed by Dq82 - 2020/11/19 - 13:08




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