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Bertolt Brecht: Von Armen B. B.

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
Language: German


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(Bertolt Brecht)
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(Franco Fortini)
Mein Bruder war ein Flieger
(Bertolt Brecht)


[1921?]
Versi di Bertolt Brecht, inclusi nella raccolta intitolata “Hauspostille” (“Libro delle devozioni domestiche”) pubblicata nel 1927.
La versione inglese della poesia, nell’adattamento di Michael Hamburger, è stata messa in musica dal compositore Dmytro Morykit per il disco di poetry reading “From Dungeons to the Sky”, ideato e realizzato nel 1996 dallo scrittore e storico scozzese Angus Calder (1942-2008) su commissione di Amnesty International.

Hauspostille.

Propongo questa poesia di Brecht come Extra perché forse non può essere considerata una CCG tout court. Eppure l’inquietudine che pervade questi versi non è solo quella personale del poeta ma anche quella dei tempi bui e sanguinosi in cui aveva vissuta la sua giovinezza e in cui avrebbe vissuto la sua maturità, come uomo e come artista. Se poi questa poesia fosse davvero databile al 1921 (così come indicano la Leiser e Forini nel loro volume di traduzioni del 1959 per l’Einaudi) e non al 1927 o al 1930 (come sostengono altre fonti), allora la valenza profetica di certi versi – “Di queste città resterà solo chi le traversa ora: il vento!” - sarebbe ancora maggiore.



Aggiungo che altri versi - quelli in cui Brecht descrive, anche olfattivamente, il suo stile di vita segnato dal tabacco, dai sigari, dal cognac, dalla contemporanea diffidenza e contiguità coi propri simili, dalla vita intellettuale prevalentemente notturna, dagli inquieti sonni diurni, dalla “speranza che il sigaro non mi si spenga tra le labbra per la troppa amarezza” – mi hanno ricordato qualcuno che un po’ ho imparato a (ri)conoscere dai suoi frequenti e spesso rivelatori interventi su queste pagine.

Ovviamente - siccome mi ha fatto pensare proprio a te, Riccardo – permettimi di dedicarti questo Extra.
Ich, Bertolt Brecht, bin aus den schwarzen Wäldern.
Meine Mutter trug mich in die Städte hinein,
Als ich in ihrem Leibe lag. Und die Kälte der Wälder
Wird in mir bis zu meinem Absterben sein.

In der Asphaltstadt bin ich daheim. Von allem Anfang
Versehen mit jedem Sterbsakrament:
Mit Zeitungen. Und Tabak. Und Branntwein.
Misstrauisch und faul und zufrieden am Ende.

Ich bin zu den Leuten freundlich. Ich setze
Einen steifen Hut auf nach ihrem Brauch.
Ich sage: es sind ganz besonders riechende Tiere,
Und ich sage: es macht nichts, ich bin es auch.

In meine leeren Schaukelstühle vormittags
Setze ich mir mitunter ein paar Frauen,
Und ich betrachte sie sorglos und sage ihnen:
In mir habt ihr einen, auf den könnt ihr nicht bauen.

Gegen Abend versammle ich um mich Männer,
Wir reden uns da mit "Gentleman" an.
Sie haben ihre Füße auf meinen Tischen
Und sagen: Es wird besser mit uns. Und ich frage nicht: Wann?

Gegen Morgen in der grauen Frühe pissen die Tannen,
Und ihr Ungeziefer, die Vögel, fängt an zu schreien.
Um die Stunde trink ich mein Glas in der Stadt aus und schmeiße
Den Tabakstummel weg und schlafe beunruhigt ein.

Wir sind gesessen ein leichtes Geschlecht
In Häusern, die für unzerstörbare galten
(So haben wir gebaut die langen Gehäuse des Eilands Manhattan
Und die dünnen Antennen, die das Atlantische Meer unterhalten).

Von diesen Städten wird bleiben: der durch sie hindurchging, der Wind!
Fröhlich macht das Haus den Esser; er leert es.
Wir wissen, daß wir Vorläufige sind,
Und nach uns wird kommen: nichts Nennenswertes.

Bei den Erdbeben, die kommen werden, werde ich hoffentlich
Meine Virginia nicht ausgehen lassen durch Bitterkeit,
Ich Bertolt Brecht, in die Asphaltstädte verschlagen
Aus den schwarzen Wäldern, in meiner Mutter, in früher Zeit.

Contributed by Bernart Bartleby - 2014/10/29 - 10:11




Language: Italian

Traduzione italiana di Ruth Leiser e Franco Fortini, da “Brecht. Poesie e Canzoni”, Einaudi 1962 (terza edizione)

Brecht. Poesie e Canzoni
DEL POVERO B. B.

Io, Bertolt Brecht, vengo dai boschi neri.
Mia madre mi portò dentro le città
Quand'ero ancora nel suo ventre. E il freddo dei boschi
Fino a che morirò sarà dentro di me.

Nelle città d'asfalto sono di casa. Da sempre
Preparato per tutti i sacramenti.
Di giornali. Di tabacco. E di cògnac.
Diffidente e pigro e contento alla fine.

Sono cortese con la gente. Mi metto
In testa un cappello duro, come usano.
Dico: sono animali che hanno un odore speciale.
E dico: non fa nulla, son come loro anch’io.

La mattina, alle volte, nelle mie sedie a dondolo vuote
Qualche donna ci faccio accomodare.
E senza affanno le contemplo e dico:
In me qui avete uno, che non ci potete contare.

Quando fa buio raduno uomini intorno a me.
Gli uni con gli altri ci si chiama «gentleman».
Mettono i piedi, quelli, sui miei tavoli
e dicono: «andrà meglio». E io non chiedo «quando?».

Quando fa giorno, nel grigio pisciano gli abeti
E i parassiti loro, gli uccelli, cominciano a gridare.
Nella città, a quell’ora, vuoto il mio bicchiere, butto
La cicca del mio sigaro e dormo in inquietudine.

A noi, stirpe svagata, furono sede
Case immaginate indistruttibili.
(Così costruimmo i lunghi edifici dell'isola di Manhattan
E le antenne sottili che animano l’Atlantico).

Di queste città resterà solo chi le traversa ora: il vento!
La casa colui che banchetta fa beato: ché egli la vuota.
Noi lo sappiamo, siamo di passaggio.
Dopo di noi: nulla di notevole.

In mezzo ai terremoti che dovranno venire, speriamo
Di non lasciare che il «Virginia» mi si spenga per troppa amarezza,
Io, Bertolt Brecht, sbattuto nelle città d’asfalto
da boschi neri, dentro mia madre, una volta.

Contributed by Bernart Bartleby - 2014/10/29 - 10:13




Language: Finnish

Versione finlandese di Elvi Sinervo
Finnish translation by Elvi Sinervo
Finnische Übersetzung von Elvi Sinervo
Suomennos Elvi Sinervo
BB-POLOISESTA

Minä, Bertolt Brecht, olen mustista metsistä.
Minut äitini kaupunkiin toi ruumiissaan.
Ja mustien metsien kylmyys
on pysyvä minussa hamaan kuolemaan.

Minä viihdyn asfalttikaupungissa. Alusta asti
sen kuolinsakramenteilla itseni varustin.
Ne ovat: Tupakka. Viina. Sanomalehdet.
Epäluuloinen olen ja laiska ja tyytyväinenkin.

Olen suopea ihmisille. Heidän muotinsa mukaan
panen päähäni knallinkin, jos tarvitaan.
Sanon heistä: elukkalaji, jossa on outo haisu.
Ja: Olkoon, parempi ei ole omanikaan.

Joka aamupäivä keinutuolissa istun
parin naisenpuolen kanssa. Se huvia tuottaa.
Minä katselen heitä suruttomasti ja sanon:
Kas tässä on kaveri, johon ei kannata luottaa.

Vaan illan suussa kokoan miehisen seuran
ja gentlemannien tyyliin keskustellaan silloin.
Jalat pöydälläni he istuksivat ja
sanovat: Jahka me tästä... enkä minä kysele: milloin?

Kun aamu on harmaa ja kuuset kusevat vettä
ja niiden loiset, linnut, heräävät kirkumaan
minä kaupungissa juon lasini pohjaan ja viskaan
pois sätkän ja putoan uneen levottomaan.

Me olemme kevyttä sukua, pesinä talot
joita ei tuhoa mikään, niin arveltiin.
(Tämä unelma Manhattanin pilvenpiirtäjät nosti
ja upotti ohuet kaapelit Atlanttiin.)

Jää kaupungeistamme vain mikä lävitse kulki: tuuli!
Talo iloksi sille, joka sen tyhjentää.
Ohimenevää olemme itse, tiedämme kyllä,
ja jälkeemme tulee: ei mitään merkittävää.

Kun tulevat mullistukset, toivottavasti
en anna sikarin sammua silloinkaan,
minä, Bertolt Brecht, jonka mustista metsistä varhain
toi äitini kaupunkeihin ruumiissaan.

Contributed by Juha Rämö - 2015/3/19 - 17:23




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