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Giovanni Battista Lulli [Jean-Baptiste Lully]: Chaconne des Scaramouches, Trivelins et Arlequins

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
Langue: français


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[1670]
"Le Bourgeois Gentilhomme"
Comédie-ballet de Molière
Musique: Jean-Baptiste Lully
Coréographie: Pierre Beauchamp
14 octobre 1670, Château de Chambord
Compagnie théâtrale de Molière
Académie Royale de Musique et de Danse

Mi hanno detto, abbastanza di recente ma, in realtà, da un remoto passato, che dovrei avere una vita normale. Il problema è che, da un lato, non so assolutamente che cosa sia, una "vita normale"; e, dall'altro, che ritengo la mia vita del tutto normale, pur nell'assoluta assenza di norme. Ho provato, e provo tuttora, a spingermi in certi recessi non sovente esplorati; però il tempo m'ha instillato una certa leggerezza nel farlo, ed ammaestrato a mie spese del pericolo che comporta il voler penetrarvi a tutti i costi. Ho, credo, una normalità abbastanza variegata; ed è questo, ahimé, che non riesce mai a capire chi, basandosi su non so quali criteri, cerca di richiamare all'ordine. La mia normalità, invece, non solo mi consente, ma addirittura mi impone, di passare con la massima tranquillità dal resoconto di un curioso episodio accaduto davanti a un trippajo di periferia alla Chaconne des Scaramouches.

Ciò che, probabilmente, state ascoltando e vedendo adesso, vale a dire la Chaconne des Scaramouches, è un brano musicale composto nel 1670 da Giovanni Battista Lulli, o Jean Baptiste Lully che dir si voglia, per le musiche di scena del Borghese Gentiluomo di Molière; qui a Firenze si preferisce dire Lulli, perché di nascita il musicista era fiorentino anche se poi si fece suddito francese. La chaconne, che in italiano si chiama "ciaccona", è sempre stata rinomata per le sue notevoli difficoltà di esecuzione; qui è interpretata dal gruppo Modo Antiquo, che per la cronaca proviene proprio da Firenze.

L'uomo, dall'aspetto longilineo e signorile che dirige i musicisti alla maniera antica (vale a dire battendo il tempo col bastone, così come faceva lo stesso Lulli e per cui passò a miglior vita dopo essersi con esso colpito accidentalmente un piede e morendo poi per l'infezione e la setticemia gangrenosa causata dal non volersi far curare) si chiama Federico Maria Sardelli. E' livornese di nascita (pur abitando a Firenze, in via dei Serragli), e potrei anche aggiungere che tra i musicisti del gruppo c'è pure la delycatissima sua consorte, Bettina Hoffmann, violinista e violoncellista di fama (è la signora biondissima che si vede nel video).

Non ho, lo devo dire, nessun talento musicale attivo; come son solito dire, a malapena riesco a suonare il campanello di casa mia, e male pure quello. Ma, oltre a una certa predisposizione al canto, credo di avere un buon talento di ascoltatore di musica, nelle forme più svariate; una di esse è, da sempre, la musica antica. Da quella medievale a quella barocca, in senso lato; prima o poi, insomma, col Modo Antiquo (che peraltro non ho mai visto esibirsi dal vivo) ci dovevo aver qualcosa a che fare. Federico Maria Sardelli, che oltre a musicista è anche musicologo, è reputato uno dei maggiori interpreti e intenditori di musica antica in Italia e non solo; solo che il cosiddetto "grande pubblico", che si potrebbe chiamare anche "persone normali", non lo conoscono per questo.

E', infatti, lo stesso Federico Maria Sardelli che, da tempo oramai immemore, inonda di zolfi vari le colonne del "Vernacoliere". L'autore di Clem Momigliano, del Baluganti, delle "Più belle cartolyne del mondo" e di altre cose come "Trippa" (vedete che un po' di trippa c'è sempre), nonché del "Libro Cuore (forse)", una delle rare cose che ha rischiato, a suo tempo, di farmi autenticamente schiattare dal ridere.

Non solo; Federico Maria Sardelli, tutto quel che scrive, se lo disegna e illustra da solo; uomo d'ogni talento, verrebbe da dire, ed è vero. Solo che una parte non indifferente del suo talento l'ha rivolta verso il dileggio popolaresco nelle sue forme più grevi ed eleganti al tempo stesso; una cosa che a me stupisce assai poco, conoscendo anche fin troppo bene Livorno e chi ci è nato. E' a Livorno che ho imparato che la più elevata condizione dello spirito e arroìssi da' ponci vanno a braccetto, e che l'Arte è sorella de' Cazzotti e de' Moccoli.

Fate pure, se vi pare, andare ancora la Chaconne des Scaramouches e riflettete, sempre che vogliate, sulla "normalità" che magari state ricercando, oppure che vi ritrovate ad esaltare e rivendicare, ed anche a raccomandare a chi vi è oramai del tutto estraneo per storia e per esperienza. Strade differenti che non hanno più nessuna possibilità di incontrarsi. Appartenere, negli stessi precisi momenti, alla gagliofferia e all'infima classe dalla quale si proviene e nella quale si individuano ancora le proprie radici e la propria coscienza, e alla condizione più elevata: quella che ha messo a disposizione un'intera vita d'apprendimenti e di sapere ad uno sguardo costantemente diverso sul mondo, sulle sue figure e sui suoi fatti. Non rifiutandone nessuna forma e, anzi, cercando di farla propria.

Tutta una Ciaccona di Scaramucce fatta di continui ed infiniti passaggi tra i linguaggi, di scorrerie tra i sensi palesi e nascosti, di lotte ignote tra i variopinti noistèssi che ci popolano e si beffano di noi mentre bolliamo nel ridicolo del non dar libertà totale agli oceani che abbiamo dentro, suicidandoci per un lavoro perso o ammazzando per possessi inappagati. Abituati a quantificare la ricchezza secondo criteri che dovrebbero, invece, essere relegati, e con disprezzo, nella povertà. E allora, prima di chiudere gli occhi e di lasciarvi invadere da questa musica secolare, che vi riporterà non tanto alla corte del Re Sole quando alla corte di voi stessi e al Sole che avete ricoperto d'inutili nuvolaglie, guardate ancora una volta quel signore alto ed elegante capace di disegnare anche la "grosse Koalition", vale a dire il misto di aglio, cipolle, würstel e miasmi escrementizi che si sta formano nell'intestino del Baluganti chiamato dalla maestra alla cattedra, e che esplode in un'enorme scoreggia. E' questa la Chaconne des Scaramouches, ed è questa l'intera vita: un'immensa, inestricabile ghirlanda d'elevazioni e merda. - RV, 16 maggio 2013.

envoyé par Riccardo Venturi - 22/9/2014 - 14:57



Guardarsi il cuore

A qualcuno, chissà, sarà forse venuta la curiosità di sapere il perché di questo curioso "Extra".

O, forse, questa curiosità non è venuta proprio a nessuno; però mi serve per pagare, a distanza di tre anni, un debito. E di quelli grossi.

Tre anni fa, giusto a quest'ora, non potevo scrivere nulla, né su questo sito e né altrove. Stavo in ospedale, completamente nudo a letto in una unità di terapia intensiva coronarica, con attaccati addosso tubi, tubicini, monitor, elettrocardiografi e quant'altro. Poche ore prima, nella notte, ero cascato in terra morto; dopo pochi secondi, però, Sua Maestà degli Inferi aveva deciso di rimandarmi indietro. Si vede che non gli garbavo.

Appena arrivato in ospedale, con l'ambulanza, manco mi avevano fatto passare dal "via": direttamente in sala a operarmi per una cardioversione & angioplastica, con impianto del primo stent. Poi dritto in UTIC.

Pochi giorni dopo, eccomi pronto per il secondo stent ("la novella dello stent", come la chiamavo in quei giorni). Qui comincia questa storia, mettiamola così.

Per farsi impiantare uno stent si ha una sola scelta: o star girati di qua, o star girati di là. Star girati di qua vuol dire dare le spalle ai monitor, e non vedere quel che combinano i due cardiochirurghi che ti hanno in mano.

Star girati di là, invece, vuol dire vedere i monitor. Vuol dire vedere il sondino che ti entra dentro e ti percorre. Vuol dire vedere come sei fatto dentro, ma non con una statica e anodina radiografia: lì vedi tutto vivo. Vedi le cose che si muovono a una distanza brevissima da te, ma dentro un abisso che è imperscrutabile. Vedi il cuore, il tuo cuore, che batte.

Tutto questo, ovviamente, se si sceglie di non ricorrere a una pur blanda anestesia. Io la rifiutai. Ti avvertono sempre che un piccolo margine di rischio c'è sempre, di non preoccuparsi e che tutto andrà benissimo; però non c'è nulla da fare. Io odio morire nel sonno e desidero, se possibile, morire da sveglio. Poi, chiaro, sarà quel che sarà.

Mi fu chiesto, poi, se volessi stare girato di qua o di là. La maggior parte dei pazienti sceglie di qua, perché vedersi dentro sembra facile, ma non lo è affatto. Io mi dissi, invece, che un'occasione del genere non mi sarebbe mai più ricapitata (speriamo): il Venturi che vede com'è fatto Riccardo dentro.

Guardarsi il cuore, ma non con le solite metafore a base di un "cuore" che non esiste, e che in realtà risiede esclusivamente nel cervello. Guardarselo, invece, fisicamente e in modo meravigliosamente prosaico. Guardarsi la pompa che batte da prima dell'uscita dalla vagina e che cesserà di farlo definitivamente al momento dell'entrata nel Vastissimo Nulla. Scelsi, insomma, di stare girato di là del tutto sveglio. Uno dei due cardiochirurghi scosse la testa con una specie di sorriso che si intuiva da dietro la mascherina.

Cominciarono così quei 40 minuti. Del tutto in silenzio, totale, ascoltando solo le istruzioni che si davano a vicenda i due chirurghi, e i loro commenti. Osservare il progresso della sonda dentro me stesso, il cuore che batte, gli altri organi tremolare mollicci, il rilascio dello stent. Osservare, per la prima volta, la propria vita, sia pure filtrata da un'apparecchiatura. Curioso come non si sa cosa, come se fossi stato dentro al sommergibile del Viaggio allucinante.

Mentre guardavo, dovendo stare rigorosamente zitto, decisi che ci voleva una colonna sonora. Da cantarsi, per forza, soltanto con la mente. E, nella testa, si formò una musica.

Alla fine dell'intervento, i due cardiochirurghi mi fecero dei complimenti non di prammatica. Dicendo che avevano visto poche volte non solo un paziente così calmo e rilassato, ma anche curioso. Mi chiesero che impressione mi aveva fatto, e risposi piano piano che non mi riusciva di dirlo; era vero. Non mi riesce tuttora di dirlo, e forse non mi riuscirà mai. Poi uno dei due mi chiese che avevo pensato; e gli dissi, una musica.

E che musica?, mi chiese; la "Ciaccona" di Lulli, risposi. La Ciacché...? La Ciaccona, e mi misi pianino a intonarla come potevo. La conoscevo da un film dove c'era, "Tutte le mattine del mondo", che poi è la storia di un altro musicista coevo di Lulli, Marin Marais. Con Gérard Depardieu. Se proprio dovevo andarmene, me ne sarei andato con un gran pezzo di musica barocca; siccome non me ne sono andato, ecco a pagare una parte del debito a quel fiorentino nato sul Lungarno Vespucci e fattosi francese. Con la sua musica mi sono guardato il cuore.



Ma un altro, e più importante debito, lo devo a quei due giovani chirurghi di cui non so nemmeno il nome. Lo devo alla loro perizia, alla loro bravura. Lo devo a chi ha inventato quelle apparecchiature e gli stent. Lo devo a chi le sa usare non in teoria, ma sulla carne viva e dentro di essa. Lo devo non al divismo o ai miracoli, ma alla scienza medica. E lo devo, infine, alla sanità pubblica per la quale due interventi e tre anni di terapia di controllo, coi relativi farmaci, non mi sono costati neanche un centesimo. A gratis come l'immortale musica di Lulli.

Quei tre anni terminano oggi.

Il commento alla Ciaccona di Lulli lo avevo scritto altrove, oltre un anno fa, e ne parlava da un'altra angolatura; parlarne così lo avevo rimandato, invece, a data da destinarsi. I debiti si pagano quando, oltre al debito, si salda tutta una serie di storie che si intrecciano.

Esattamente come mi corre l'obbligo di ringraziare Marco Valdo M.I. per le cose che scrisse tre anni fa, su un'altra pagina "extra". Non le ho dimenticate. Non le dimenticherò.

Riccardo Venturi, 22/9/2014

Riccardo Venturi - 22/9/2014 - 19:45


Proprio un gemütlich Riccardo :)
Allora, a terapia fatta, beccati cuesta : D



(Di fatto anch'io devo la vita ai medici italiani e la sanità pubblica italiana. Per un'appendicite operata a San Giovanni di Roma. Però, da un buon immigrato che fui, ho dovuto pagare un'ambulanza privata)

Krzysiek Wrona - 22/9/2014 - 21:00


Quella della tua ambulanza privata la capisco anche fin troppo bene; devi sapere che, la notte quando mi prese l'infarto, ero al lavoro che facevo allora. E, di lavoro, guidavo le ambulanze. La famosa nemesi!

Riccardo Venturi - 22/9/2014 - 21:33


Nemesi c'entra sempre :)
Rimanendo (vivo) in Italia, qualche anno più tardi, ho potuto, grazie a un maestro italiano di viola da gamba Paolo Pandolfo, conoscere un altro grande musicista del barocco, il francese Antoine Forqueray, la cui fama fu sempre un po' oscurata dai suoi contemporanei.



oppure nella versione leggermente più dinamica di Petr Wagner:


Krzysiek Wrona - 22/9/2014 - 22:05


Davvero un omaggio gradito quello della Couperin, pezzo che preferisco meno "dinamico", devo dirti. Avrai capito che ho davvero una grande passione per la musica barocca, ma anche per quella ben più antica. Diciamo che, per me, la musica si ferma verso il 1740; più in là sopporto qualcuno, ma voto un odio inveterato alla lirica ottocentesca (non faccio distinzione tra verdiani e wagneriani!), infilerei un razzo acceso nel culo ai tenori-superdivi e riesco invece a stare ore a ascoltare in estasi i cinquecenteschi inglesi e qualsiasi cosa della superstite musica medievale. Saludziewicz e grazie ancora per Forqueray che ti ricambio con la Passacaglia dal King Arthur dell'amatissimo Henry Purcell:


Riccardo Venturi - 22/9/2014 - 23:16


Premesso che, da quel poco che ti conosco e solo da quel che scrivi su queste pagine, sei un vero incorreggibile; detto che nessuno meglio di te, che ti sei visto fin nel cuore, potrà mai conoscerti, volevo solo far timidamente presente che, magari, quelli che di recente ti hanno invitato, senza alcuna speranza, ad avere una “vita normale” sono coloro che più ti vogliono bene e che giustamente vogliono tenerti vicino a loro il più a lungo possibile… Ma tu una “vita normale” no, e magari sbevazzi e sfumazzi alla facciazza dell’infartazzo… E vabbè, fatti tuoi, scusa l’intrusione… Come diceva mio nonno (era il suo motto), “Tu lascia dire, lascia fare… e poi fai come ti pare!”…

Saluti e grazie per il tuo sguardo interiore e per la Ciaccona, che ricambio con quest’altra di Erich Itor Kahn.

Bernart Bartleby - 23/9/2014 - 09:33


Eh, lo so bene e hai ragione, Bart; non credere che non tenga conto della cosa. Proprio ieri leggevo dell'ottantesimo compleanno di Gino Paoli, che è stato invitato -almeno a suo dire- a un congresso di geriatri e che ha dichiarato: "Mi hanno chiesto di fare da testimone a una convention di geriatri. Mi sono trovato su una cattedra davanti a questi professoroni. Ho detto: praticamente ho bevuto per vent'anni una bottiglia di whisky al giorno, mi sono sparato, fumo come un pazzo, e sto qua. Quindi per me è solo questione di culo. Erano allibiti". Chiaro che non mi riscaldo a questo focolino, come si dice da queste parti; però penso anche che quel po' di bene che credo essermi guadagnato (e anche quel po' di male, le due cose non sono separabili mai), sia dovuto, almeno in parte, al mio non essere "normale" in senso lato. Non ne faccio una bandiera e non mi pongo come un "trasgressore" ad ogni costo o roba del genere; tutt'altro. Ma un po' ho la caratteristica di aver sempre cercato (e spesso trovato) la straordinarietà nelle cose apparentemente comuni, banali, terra-terra; e un po' mi son ritrovato ad aver fatto l'abbonamento con l'assurdo -che può essere anche una logica conseguenza della prima cosa. Vabbè, diciamo che ora bevo e mangio un po' meno di prima, ma fumo sempre come un turco e vediamo un po' come andrà a finire. Grazie per la "Ciaccona di risposta", sono davvero lieto che, in fondo, questa pagina ne possa generare altre maggiormente in tema. Giuro che per mesi non vedrete "extra" del genere, è un impegno solenne! E un abbraccio forte.

Riccardo Venturi - 23/9/2014 - 10:20


Stiamo attenti Rick. Di solito, i personaggi che si votano a quel genere di musica sono monitorati come potenziali serial killer o pedofili. O Tempora, o mores!
Vedi Hannibal, simpaticone de' Firendze:



Uahhahhahhha... ouaaahhaha

krzyś - 25/9/2014 - 23:05


* o "che si votino", cavolo del congiuntivo

Andava benissimo con l'indicativo, "che si votano". Capisco comunque bene gli accidenti rivolti al congiuntivo, ma consólati: oramai nemmeno in Italia si riesce più a azzeccare i congiuntivi. L'ultima persona che ho sentito usarli correttamente (in italiano) è stato un calciatore turco che giocava nel Bologna, Kubilay Türkyilmaz. Parlava italiano meglio del 120% degli italiani del cazzo. Saludaz! [RV]

25/9/2014 - 23:12


Mi sento consolato al massimo!
Saludżowski

Krzysiek Wrona - 26/9/2014 - 01:01



Federico Maria Sardelli: Chaconne, dédié à la mémoire immortelle de J.-B. Lully (2009)

Questa pagina non potrebbe essere compiuta senza la Ciaccona che Federico Maria Sardelli ha composto nel 2009 dedicandola alla memoria immortale di Giovan Battista Lulli.

Cette page ne saurait être complète sans la Chaconne que Federico Maria Sardelli a composée en 2009 en la dédiant à la mémoire de Jean-Baptiste Lully.


Riccardo Venturi - 29/9/2014 - 00:57


Mi sbaglio, credo, ma pare che riprenda un po' questa...


krzyś - 15/10/2014 - 02:43




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