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La boje (L'Italia l'è malada)

anonimo
Lingua: Italiano (Lombardo orientale)



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[1882-85]
Canzone di autore anonimo risalente al periodo dei moti contadini che ebbero luogo in molte zone tra Lombardia e Veneto sul finire dell’800.
Nel repertorio del Gruppo Padano di Piadena, del Gruppo di canto popolare Voci di Mezzo e di Giovanna Marini.



Come ricordava l’ottimo Gian Piero Testa nel suo commento introduttivo alla splendida “Cazzarola” (Κατσαρόλα) di Stamatis Kraounakis, l’espressione “La boje!” veniva ancora usata agli inizi del 900 dai braccianti del padovano “quando l'avidità e l'arroganza degli agrari superavano il limite pur largo che le condizioni dei tempi ammettevano”. In veneto “La boje!” sta infatti per “La boje, e de boto la va fora”, ossia, “Bolle, e sta per traboccare”, cioè la pazienza è finita perché ne abbiamo piene le palle dei vostri soprusi…



Tra il 1882 ed il 1885, nelle province di Rovigo, Padova, Mantova, Cremona e Treviso la pazienza dei braccianti, messi in ginocchio dalle inondazioni e dai salari sempre più bassi, ebbe fine. Organizzati in una società di mutuo soccorso, fondata dal mazziniano Eugenio Sartori, e in un’associazione di lavoratori diretta dall’ex garibaldino Francesco Siliprandi, i contadini si ribellarono ed entrarono in sciopero ad oltranza. Nel marzo 1885, dopo parecchi mesi di lotta, fu inviato l’esercito a sedare la rivolta: 160 furono le persone arrestate, 22 delle quali furono rinviate a giudizio. Il processo ebbe un grande seguito e l’esito fu clamoroso perché, grazie al lavoro del collegio di difesa – composto da personaggi di grosso spessore, come i radicali Ettore Sacchi ed Enrico Ferri – gli imputati vennero infine tutti assolti.



“Chi studia le legislature della Camera italiana non trova una parola di simpatia e di pietà e di consolazione per le folle maltrattate, urtate, affamate, violentate, denigrate, decimate, assassinate nei trentasei anni di esistenza unificata. Le sedute in cui si parla di loro rigurgitano di ingiurie, di villanie, di insolenze, di vituperi, di disprezzo. (...) Tutti i cosiddetti rappresentanti del popolo hanno salutato con entusiasmo i malfattori ministeriali che avevano ordinato gli eccidi. La viltà è stata quasi sempre unanime”

Dal reportage intitolato “Le terribili giornate del maggio '98” pubblicato nel 1913 dallo scrittore e giornalista comasco Paolo Valera (1850-1926).

Alle strofe originarie, dedicate a Eugenio Sartori ed Enrico Ferri, nel tempo se ne aggiunsero altre dedicate di volta in volta a Lenin o a Gesù Cristo o a Togliatti o a Malatesta, ecc… Quel che restò sempre invariato fu la chiusura: “Tagliamo la testa ai signori!”.
L'Italia l'è malada
Sartori l'è il dutur
Per far guarì l'Italia
Per far guarì l'Italia

L'Italia l'è malada
Sartori l'è il dutur
Per far guarì l'Italia
Tajem la testa ai sciur

L'Italia l'è malada
E Ferri l'è 'l dutur
Per far guarì l'Italia
Per far guarì l'Italia

L'Italia l'è malada
E Ferri l'è il dutur
Per far guarì l'Italia
Tajem la testa ai sciur

inviata da Bernart Bartleby - 3/7/2014 - 13:23




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