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Language: Greek (Modern)


Mihalis Genitsaris / Μιχάλης Γενίτσαρης

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O saltadóros
[1945]
Στίχοι: Μιχάλης Γενίτσαρης
Μουσική: Μιχάλης Γενίτσαρης
Πρώτη εκτέλεση: Μιχάλης Γενίτσαρης
'Αλλη ερμηνεία: Γιώργος Νταλάρας

Testo di Mihalis Genitsaris
Musica di Mihalis Genitsaris
Primo interprete: Mihalis Genitsaris
Altro interprete: Yorgos Dalaras



Proseguendo con questo mio 28 ottobre del tutto particolare, ecco un'altra famosissima canzone sui Σαλταδόροι; anzi, praticamente il loro "inno". Non è un caso che la abbia scritta Mihalis Genitsaris (il suo cognome è scritto generalmente Γενίτσαρης, ma l'ortografia da lui usata era Γεννήτσαρης che ha comunque la stessa pronuncia; il cognome è comunque il turco Yeni ceri, ovvero il "giannizzero"). Mihalis Genitsaris, nato nel 1917 a Santa Sofia del Pireo, cominciò a suonare il bouzouki all'età di 10 anni e a 17 anni aveva già scritto i suoi primi rebetika; durante l'occupazione, come moltissimi ragazzi (anche giovanissimi) dei quartieri del Pireo, partecipò attivamente alla Resistenza nei Σαλταδόροι. Con tale antico termine (derivato dal veneziano saltador) si indicavano bande di giovani e giovanissimi, inquadrati perlopiù nell'ELAS e nell'OPLA, incaricati di ogni sorta di azione relativa alla sussistenza clandestina (furti di benzina e altri combustibili, di pneumatici e di generi alimentari) dagli automezzi e dai depositi degli occupanti, nonché ogni sorta di azione di sabotaggio; a decine rimasero vittime dei nazifascisti italiani e tedeschi. Però il termine è parecchio più vecchio; in generale, indicava gli scugnizzi che saltavano a bordo degli mezzi per rubare (spesso gli stessi mezzi) e, più in generale ancora, veniva usato per "piccolo imbroglione". Anche durante la guerra, un'azione tipica di un saltadoros era quella di un ragazzino che distraeva il tedesco "facendo il matto", mentre i suoi compagni svuotavano il mezzo di benzina e di ogni altra cosa vi fosse dentro.



Logico che la più famosa canzone loro dedicata sia stata scritta da uno di loro, una delle figure principali del rebetiko (scrisse oltre 700 canzoni). La canzone, però, dal punto di vista strettamente musicale è uno zeïbekiko. Come molte canzoni di Genitsaris è stata ripresa in seguito dal grande Yorgos Dalaras. [RV]

Ζηλεύουνε δε θέλουνε ντυμένο να με δούνε
μπατίρη θέλουν να με δούν για να φχαριστηθούνε

Θα σαλτάρω θα σαλτάρω τη ρεζέρβα να τους πάρω

Μα εγώ πάντα βολεύομαι γιατί την εσαλτάρω
σε κανα αμάξι Γερμανού και πάντα τη ρεφάρω

Θα σαλτάρω θα σαλτάρω τη ρεζέρβα να τους πάρω

Βενζίνες και πετρέλαια εμείς τα κυνηγάμε
γιατί έχουνε πολλά λεφτά και μόρτικα γλεντάμε

Σάλτα ρίξε τη ρεζέρβα γίνε ντου και σήκω φεύγα

Οι Γερμανοί μας κυνηγούν μα εμείς δεν τους ακούμε
εμείς θα τη σαλτάρουμε ώσπου να σκοτωθούμε

Θα σαλτάρω θα σαλτάρω τη ρεζέρβα να τους πάρω

Contributed by Riccardo Venturi - Ελληνικό τμήμα των ΑΠΤ - 2012/10/28 - 22:24



Language: Italian

Tradotta in italiano da Riccardo Venturi
28 ottobre 2012

Si vedano le Note alla traduzione


IL SALTATORE

M'invidiano, non vogliono vedermi vestito,
mi voglion vedere scalzo e gnudo 1 per essere contenti

E io salto su, io salto su per fregargli la ruota di scorta

Però io m'arrangio sempre perché salto sopra
su qualche vettura dei Crucchi e sempre mi rifaccio 2

E io salto su, io salto su per fregargli la ruota di scorta

Andiamo a caccia di benzina e carburanti
perché loro ci hanno i soldi e noi ci divertiamo da scugnizzi

Salta su, frega la roba, sta' in campana 3 e scappa via

I Crucchi ci dan la caccia, ma a noi non ce ne frega nulla,
noialtri salteremo su finché non ci ammazzeranno

E io salto su, io salto su per fregargli la ruota di scorta.

NOTE alla traduzione

Da buon zeïbekiko, la canzone è piena di termini in slang:

[1] Μπατίρης, dal verbo μπατίρω (derivato dal turco batırmak "mandare in rovina, ridurre sul lastrico") significa alla lettera "squattrinato", "povero in canna". Qui però ho preferito tradurre col toscano "scalzo e gnudo", che significa comunque di per sé "poveraccio", in contrapposizione al "vestito" del verso precedente.

[2] Il ρεφάρω del testo originale deriva proprio dall'italiano "rifare", nel senso di "rifarsi" da una sconfitta (al gioco, nello sport eccetera). Qui "mi rifaccio" ha veramente il senso di "prendersi la rivincita" (chiaramente sull'invasore occupante).

[3] Ντου è il "segnale di allerta" quando arrivano gli sbirri (tipo l'italiano "piove"). Col verbo γίνομαι significa alla lettera "stare attento, stare in campana".

2012/10/28 - 23:17


In margine: quanto mi piacerebbe conoscere il napoletano per tradurvi questa canzone ammodino; direi che sarebbe la sua lingua per eccellenza, anche considerando che sono assolutamente certo che bande di scugnizzi saltatori fossero ben presenti nella Napoli ugualmente occupata dai tedeschi, e soprattutto durante le Quattro Giornate. A quanto mi risulta ne esistevano anche a Livorno, anche durante il dopoguerra; si dedicavano però agli americani. Nel quartiere dove abitavo c'è una "via Tonci" che, sembra, ricorda una famiglia i cui membri erano specializzati nel "ripulire" automezzi americani. Si narra ad esempio che due delle ragazze di famiglia fossero preposte a adescare i soldati americani, e a farli imbriacare; quando si risvegliavano, si ritrovavano in mutande per la strada e la jeep aveva preso altri lidi.

Riccardo Venturi - 2012/10/28 - 23:41


"Refàro": bellissimo. Quando invece perdi, si dice: "restàro". Capisco che qualcuno abbia la puzza al naso, per questo greco. Io invece me la godo un mondo.

Gian Piero Testa - 2012/10/29 - 00:37


Da quando ho scoperto questo sitarello non me ne stacco quasi più; andrà a finire che, come mi è successo con il francese, parlerò il greco dei bassifondi (in Francia scandalizzavo a volte la mia ex, di professione insegnante très républicaine, parlando veramente come un facchino). Però sono d'accordo con te, Gian Piero! :-PP

Riccardo Venturi - 2012/10/29 - 00:38


Ho peraltro un dubbietto sulla traduzione, Gian Piero; forse puoi aiutarmi a risolverlo. Nella traduzione che ho fatto ho tradotto ρεζέρβα con "scorte"; però, ora che ci penso, ρεζέρβα vuol dire anche "ruota di scorta" (nelle macchine dell'epoca era all'esterno ed era facile fregarla). Inoltre, poiché i "saltadoroi" fregavano anche la benzina, potrebbe che tu sappia avere il senso di "contenuto del serbatoio" (ρεζερβουάρ)? "E io salto su per svuotargli il serbatoio". Tu che ne pensi?

Riccardo Venturi - 2012/10/29 - 02:57


Ero andato a dormire; ma adesso - e sono le 2 solari - mi sono svegliato: la patria y el mundo no me dan reposo. Ho guardato il mio Λεξικό της πιάτσας di Evanghelos Papazaxariou che, al lemma σαλταδόρος , dice che così si chiamavano, durante l'occupazione, quelli "che saltavano sui camion degli occupanti in movimento e buttavano in strada il loro carico", propendo per la soluzione "ruota di scorta". Oggi σαλταδόρος significa tout court ladro, scippatore; ma è chiaro che implica agilità e destrezza, hai in mente le danzatrici cretesi che volteggiavano sul toro? Anche nel linguaggio di strada, ρεζέρβα ha sia il significato militare di "truppa non attiva" ( e metaforicamente tutto ciò che non usiamo immediatamente, ma conserviamo per eventuali necessità: anche nella accezione della "morosa vecia", che si tiene per riserva, e quando spunta l'erba la si porta a pascolar), sia in quella di "ruota di scorta". Il carburante, sia quello nel reservoir, sia quello nei kanister, pertanto, ci sta tranquillamente: ma il primo significato di "saltadoros" evoca l'agilità e la destrezza del furto, per cui io preferirei "la ruota di scorta": come quella del fratello cattivo nella canzone "Aveva un taxi nero" di Jannacci: "ladro di ruote di scorta di ciclomotore, che poi vendeva per fare la vita del signore". A proposito, io ho trovato un piccolo giacimento di testi di canzoni rebetiche della guerra, dell'occupazione, della resistenza e della guerra civile. È qui. Perché non gli dai anche tu un'occhiata, e magari ne fai qualcuna? Io adesso sto mettendo a punto un gran testo di Yannis Ritsos e vorrei finirlo. Il sito dello slang è indispensabile, ma certe volte è... scritto in slang. Adesso chiudo, altrimenti mi accendo la terza sigaretta e mi faccio il caffé, e nun è cosa. Anzi, me lo faccio e poi me la accendo. Ti abbraccio.

Gian Piero Testa - 2012/10/29 - 03:51


E io accolgo senz'altro la tua soluzione, anche se qualche ipotesi sulla benzina mi rimane (è nominata espressamente nel testo; però è un po' difficile, ora che ci penso, saltare su una macchina e fregare la benza al volo). In italiano stesso (e avrai notato quanto lo slang greco debba all'italiano e al veneto), quando si sta per finire la benzina si dice "andare in riserva"... comunque sia, mi sa che di quelle macchine preda dei σαλταδόροι non doveva rimanere molto...

Riccardo Venturi - 2012/10/29 - 08:22


Se preferisci la benzina, credo che non ci sia problema, né linguistico né "tecnico". Qui ci si riferisce a veicoli militari in zona di operazioni, che di certo si portavano la scorta di carburante in taniche appese alle fiancate. Io ne ho possedute due di queste taniche di metallo da 20 l. della Wehrmacht, tanti anni fa, quando l'importazione di benzina svizzera era contingentata e la GdF controllava i serbatoi dei pendolari del pieno e annotava su un tesserino che dovevano avere i residenti della fascia di frontiera. Per questo si andava più volte a comprare i dieci litri e ci si faceva la "rezerva" a casa, nelle taniche residuate dalla guerra. Ce le aveva procurate uno zio che non era un "saltadoros", ma che durante la guerra (e anche dopo) guidava le autobotti. Secondo me erano abbastanza robuste da sopportare il lancio nella strada. Adesso c'è la libertà, e il pieno svizzero lo facciamo ad libitum. E' il progresso. :-))

Gian Piero Testa - 2012/10/29 - 10:30




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