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Barricate (Parma 1922)‎

Alfonso Borghi
Language: Italian




In quell'aria d'agosto
mulinella una polvere pazza,
un carretto trainato al galoppo
sopra il ponte di mezzo.

Urla forte ragazzo,
carrettiere di fosso e di strada,
urla e sveglia l'intera contrada
‎"I fascisti! I fascisti!"

Sono dieci, son venti,
centinaia di militi armati
arroganti sui carri, nei prati
polverosi di Parma.

Ma non farli passare
è la forte risposta dei tanti;
i moschetti riprendano i fanti,
al Naviglio si vada,

Oltre il Parma, oltre il fiume
per colpirli nel fondo degli occhi;‎
devon creder che il borgo trabocchi
di un milione di armati.

Primi colpi il due agosto:
santabarbara, elmetti e fucili,
chi di guardia, chi dentro i cortili
o coi banchi di chiesa:

Tutto fa barricata.
Sopra i tetti la rossa bandiera
mentre in strada si muore e si spera
‎"Se Picelli vincesse...!"

E si fa una trincea
come fu sul Pasubio o sul Carso;
all'attacco, ma in ordine sparso
per non farsi ammazzare.

E' una guerra d'eroi:
uno a cento le forze sul campo,
non c'è storia, non c'è via di scampo
‎"Se vincesse Picelli...!"

Comunisti sbandati,
socialisti ed arditi di guerra,
tutti per quattro palmi di terra
rosso sangue e d'amore;

Popolari in battaglia
tra un anarchico e un padre che impreca
mentre un oste in bestemmie si spreca
ed il prete si segna;

Tante fedi diverse
mescolate in un fatale amplesso:
come allora il nemico è lo stesso
nero come il carbone.

Nella piazza assolata
dieci donne in camicie di stracci
fanno bende per i poveracci
con la testa bucata.

Un bagliore di fiamma:
cade a morte Giuseppe Mussini,
si telefona a Mussolini
come va la battaglia.

Qui si lotta e si muore
là si brucia del borgo il giornale:
arde "il Piccolo", il rogo infernale
entusiasma la ciurma.

Balbo scrive sul diario:
‎"se vincesse Picelli domani
l'altra Italia alzerebbe le mani
e sarebbe la prova

Che le squadre dei rossi
se si armano unite all'attacco
posson mettere i fasci nel sacco
e sarebbe la fine"

E noi oggi diciamo:
se l'Italia vi avesse ascoltato
altra storia, altra gente, altro Stato
forse oggi saremmo.

Cento volte il nemico
tenta di scardinare l'ingresso
ogni metro, ogni soffio, ogni accesso
è sbarrato col cuore;

Ogni attacco dei neri
è respinto tra urla e fucili
non c'è posto per deboli e vili
nella tana del borgo.

Poi la svolta improvvisa:
dai comignoli si sono visti
dar la mano agli antifascisti
i notabili regi.

‎"Rose e vino ai soldati
all'esercito regio, ai fratelli!!"
così ha detto il compagno Picelli,
‎"li si accolga coi baci

Delle donne di Parma
belle, giovani, piene d'amore!"
Non importa s'è un po' adulatore
ogni sguardo e saluto.‎

E l'esercito allora
resta come basìto, di sasso
mentre un primo tenore ed un basso
improvvisano un Gloria.

Umiliato e furioso
Balbo tenta un attacco, è respinto
la mattina del cinque ed è vinto
dalla ferma risposta.

Sì, l'esercito allora
non si diede alla canaglia nera;
cinque agosto, alle sette di sera
se ne vanno i fascisti.

Impazzito di gioia
tutto un popolo esplode e fa festa
e lavora e rimuove e non resta
più nessuna trincea.

Nella bassa la rabbia
di un'ignobile specie di coorte
ha lasciato una striscia di morte
nei casali isolati;

Han bruciato e distrutto
a S.Prospero, Sissa a Torrile
non potevano che in modo vile
vomitare la schiuma.

Pur se sogno d'estate
la battaglia di Parma rimane
una sfida perenne all'infame
d'ogni luogo e stagione.

In quell'aria d'agosto
mulinella una polvere pazza,
ha rubato l'anello una gazza
nera come il carbone...‎



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