1. Texte publié et établi par Jean-Baptiste Clément
Quand nous en serons au temps des cerises,
Et gai rossignol et merle moqueur
Seront tous en fête,
Les belles auront la folie en tête
Et les amoureux du soleil au cœur.
Quand nous en serons au temps des cerises
Sifflera bien mieux le merle moqueur.
Mais il est bien court le temps des cerises
Où l'on s'en va deux cueillir en rêvant
Des pendants d'oreilles,
Cerises d'amour aux robes pareilles
Tombant sous la feuille en gouttes de sang.
Mais il est bien court le temps des cerises
Pendants de corail qu'on cueille en rêvant.
Quand vous en serez au temps des cerises,
Si vous avez peur des chagrins d'amour
Évitez les belles.
Moi qui ne craint pas les peines cruelles,
Je ne vivrai point sans souffrir un jour.
Quand vous en serez au temps des cerises
Vous aurez aussi des chagrins d'amour.
J'aimerai toujours le temps des cerises,
C'est de ce temps-là que je garde au cœur
Une plaie ouverte,
Et Dame Fortune, en m'étant offerte
Ne saurait jamais calmer ma douleur.
J'aimerai toujours le temps des cerises
Et le souvenir que je garde au cœur.
Contributed by Marco Valdo M.I. & CCG Staff - 2012/6/24 - 23:17
Riccardo Venturi, 23-9-2025 09:24
Le temps des cerises: una canzonetta d’amore dal testo, dicono, semplice semplice. E “traditore”, aggiungo io, perché il francese “semplice semplice” di Clément non è invece per niente facile da intendere nelle sue sfumature; indi per cui, ecco questa nuova traduzione integrale della canzone (nella sua versione “clémentiana” del 1885) persino con qualche breve nota esplicativa. [RV]
Il tempo delle ciliegie
Quando saremo al tempo delle ciliegie,
E l’allegro usignuolo, e il merlo birichino [1]
Saran tutti in festa,
Le belle avranno la follia in testa,
E gli innamorati il sole nel cuore.
Quando saremo al tempo delle ciliegie
Cinguetterà ben meglio il merlo birichino.
Ma è tanto breve il tempo delle ciliegie
Quando si va in due a coglier sognando
Pendenti come orecchini, [2]
Ciliegie d’amore vestite tutte uguali, [3]
Che cadon dalla foglie come gocce di sangue.
Ma è tanto breve il tempo delle ciliegie,
Pendenti vermigli [4] còlti sognando.
Quando voi sarete al tempo delle ciliegie,
Se avete paura delle pene d’amore
Evitate le belle.
Ma io che non temo le pene crudeli,
Non vivrò mai senza soffrire un giorno.
Quando voi sarete al tempo delle ciliegie
Avrete anche voi pene d’amore.
Io amerò sempre il tempo delle ciliegie,
E’ da quel tempo che serbo nel cuore
Una ferita aperta.
E Dama Fortuna, pur che mi sia offerta,
Non potrebbe mai placare il mio dolore.
Io amerò sempre il tempo delle ciliegie
E il ricordo che ne serbo nel cuore.
[1] Ho mantenuto qui il significato letterale di moqueur: “birichino, scherzoso”. Non si tratta certamente del tordo beffeggiatore (Mimus polyglottos), che in francese si chiama Moqueur polyglotte, e in inglese mockingbird, così detto perché sa imitare perfettamente il canto di altri uccelli, facendo loro il “verso” (prima di tutto perché è un tordo, e non un merlo; e poi perché vive esclusivamente in Nordamerica). Scrivo questo perché più d’una traduzione inglese della canzone traduce, appunto, con mockingbird.
[2] L’immagine è quella delle due ciliegine “in coppia” attaccate per il picciòlo, che sembrano appunto due orecchini, o pendenti.
[3] Cioè: le ciliegie hanno tutte il medesimo “vestito” rosso.
[4] Corail è sí “corallo”, ma, pur ammettendo che nell’immaginario collettivo il corallo è quasi sempre rosso, in realtà può avere una gamma di colori assai vasta. Ho preferito quindi essere più prosaico e tradurre “vermigli” invece di “corallini”.
Riccardo Venturi, 24-9-2025 10:05
Translator's Note. The following is a new full translation of Jean-Baptiste Clément Le temps des cerises. The translation is no rhythmic one, and is based upon Clément’s original version (publ. 1885).
Cherry Time
When the cherry season comes,
And the cheerful nightingale, and the mocking blackbird
Are all rejoicing,
The merry girls have a playful spirit
And lovers have the sun in their hearts.
When the cherry season comes
The blackbird will sing even better.
But the cherry season is so short,
When we dream and go to pick cherries
Like red earrings,
Cherries of love all dressed alike,
Falling through the the leaves in drops of blood.
But it is so short the cherry season,
Red coral pendants we harvest in dream.
When you are there at cherry time,
If you are enduring lovesickness,
Avoid the pretty girls.
But I am not afraid of cruel sorrows
And won’t live any day without suffering.
When you are there at cherry time
You too will endure lovesickness.
I will always love cherry time,
It is since that time, that I keep in my heart
An open wound.
And even if Dame Fortune would be offered to me,
My sorrow would never be lightened.
I will always love cherry time
And the memories I keep in my heart.
Contributed by dq82 - 2016/1/1 - 19:18
2. La “version générale”
Yves Montand, live Olympia 1974.
Et gai rossignol et merle moqueur
Seront tous en fête,
Les belles auront la folie en tête
Et les amoureux du soleil au cœur.
Quand nous chanterons le temps des cerises
Sifflera bien mieux le merle moqueur.
Mais il est bien court le temps des cerises
Où l'on s'en va deux cueillir en rêvant
Des pendants d'oreilles,
Cerises d'amour aux robes pareilles
Tombant sous la feuille en gouttes de sang.
Mais il est bien court le temps des cerises
Pendants de corail qu'on cueille en rêvant.
Quand vous en serez au temps des cerises,
Si vous avez peur des chagrins d'amour
Évitez les belles.
Moi qui ne craint pas les peines cruelles,
Je ne vivrais pas sans souffrir un jour. [2]
Quand vous en serez au temps des cerises
Vous aurez aussi des peines d'amour. [3]
J'aimerai toujours le temps des cerises,
C'est de ce temps-là que je garde au cœur
Une plaie ouverte,
Et Dame Fortune, en m'étant offerte
Ne pourra jamais fermer ma douleur. [4]
J'aimerai toujours le temps des cerises
Et le souvenir que je garde au coeur.
[1] ”Quando noi canteremo il tempo delle ciliegie”. Come detto, nessuna delle raccolte pubblicate in vita da Jean-Baptiste Clément presenta tale variante che, poi, si è generalizzata. E’ possibile che la variante sia apparsa dapprima nel VI verso della prima strofa, per influenza del “sifflera” del verso VII, e che solo in un secondo tempo si sia estesa all’incipit.
[2] ”Non vivrei mai senza soffrire un giorno”. Al contrario di quanto prima, alcune edizioni (1884 ad esempio) delle canzoni di Clément riportano questa variante al posto di vivrai.
[3] La terza strofa originale presentava chagrins sia nel verso II che nel verso VII. Non è chiaro perché peines si sia installato nel verso VII (desiderio di evitare una ripetizione?).
[4] ”Non potrà mai arrestare il mio dolore”. Rispetto alla versione originale si ha un passaggio dal condizionale al futuro (oltre alla modifica del verbo, da saurait a pourra. La modifica ha qualcosa da farsi perdonare dal punto di vista della grammatica francese: poiché il verso in questione è dipendente dal periodo ipotetico irreale introdotto elegantemente e sinteticamente da una costruzione gerundiva (en m’étant offerte “pur che mi sia offerta, quand’anche mi fosse offerta”), il verbo dovrebbe stare al condizionale (come correttamente fatto da Clément), e non al futuro. Ciononostante, anche questa variante si è generalizzata. Da notare, naturalmente, anche fermer al posto di calmer: fermer ha qui il senso di "chiudere definitivamente".
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/9/23 - 11:22
Alessio Lega
“Né più né meno che una canzone d’amore. L’hanno cantata tutti: Yves Montand, Juliette Gréco, più di recente Renaud. Più stupefacente è reperire le versioni risalenti agli anni Trenta di Tino Rossi o quella di Charles Trenet: artisti avulsi da ogni preoccupazione politica. Bizzarra, anche se molto coerente, la versione che sentiamo intonare a madame Gina, la protagonista femminile del capolavoro del cinema di animazione giapponese Porco Rosso [紅の豚?, Kurenai no buta, 1992 ndr ] di Hayao Miyazaki.
Insomma, questa canzone è come un canto popolare che si può fischiettare, canticchiare una parola sì e tre no, senza troppo preoccuparsi del suo contesto originale. Ma proprio questa canzone d’amore è l’inno della Comune di Parigi: il tempo delle ciliegie coincide con il maggio comunardo. L’immagine dei piccoli frutti che rotolano sulle foglie come gocce di sangue, sembra alludere ai massacri della settimana di sangue: la piaga d’amore ancora aperta è la rivoluzione. Questa non è la peregrina interpretazione di chi vuole forzare il significato di un canto, stupendo di per sé, ma l’evidenza che il suo autore, Jean-Baptiste Clément fu un militante socialista e un dirigente della Comune. La canzone l’aveva già scritta cinque anni prima, volle però aggiungere una dedica per una lettighiera, della quale si conosce solo il nome Louise, caduta nei giorni della Comune. Clément l’aveva vista portare soccorso agli insorti, mentre lui stesso si batteva alla difesa dell’ultima barricata. Sfuggito alle fucilazioni per miracolo, riparò in Belgio e a Londra, inseguito da una condanna a morte in contumacia. Descrisse il terrore e l’orrore per una repressione indiscriminata, guidata dal generale Mac-Mahon, in un’altra celebre canzone." - Alessio Lega, da: L'Anarchia in 100 canti, a cura di Alessio Lega, Milano-Udine: Mimesis, 2023, pp. 24-26. Versione ritmica e cantabile, sebbene Alessio Lega non l'abbia finora mai incisa (ma ne ha cantato l'originale).
Il tempo delle ciliegie
Quando canteremo il tempo delle ciliegie
Il lieto usignolo e il merlo che scherza
Saranno alla festa.
Le belle avranno la follia in testa
E gl’innamorati il sole nel cuore.
Quando canteremo il tempo delle ciliegie
Il fischio del merlo ci scalderà il cuore.
Però quant’è corto il tempo delle ciliegie
In cui si va in due a cogliere in sogno
Come gli orecchini
Ciliegie d’amore, di rose rubini
Cadenti alle foglie in gocce di sangue.
Però è proprio corto il tempo delle ciliegie
Coralli alle orecchie da cogliere in sogno.
Voi, quando sarete nel tempo delle ciliegie
Se avete paura di pianger d’amore
Scansate le belle.
Io che non temevo le pene crudeli
Per ansia di vita non scanso il dolore.
Voi, quando sarete nel tempo delle ciliegie
Lo so, piangerete del male d’amore.
Per sempre amerò il tempo delle ciliegie
Benché serbi in cuore da quel tempo là
Un’ampia ferita
Madama Fortuna, per quanto mi ha offerto
Non mi fa scordare la pena patita
Il tempo delle ciliegie lo amerò sempre,
Ne porto il ricordo nel fondo del cuore.
Contributed by L'Anonimo Toscano del XXI Secolo - 2025/9/29 - 10:15
Μετέφρασε στα Ελληνικά /Traduzione greca / Traduction grecque / Kreikankielinen käännös:
Gian Piero Testa
Nota. Il (mai troppo) compianto Gian Piero Testa aveva tradotto in greco, da par suo, la “versione generale” (“Quand nous chanterons”…). Nella ristrutturazione della pagina, la sua traduzione ellenica è stata quindi inserita sotto tale sezione. [RV]
Σὰν τῶν κερασιῶν τὸν καιρόν θὰ τραγουδήσουμε
Καὶ τ’εὔθυμο ἀηδώνι κὶ ὁ κόσσυφος ὁ χλευαστικός
Θὰ σεργιανίσουν ὅλοι,
Μέσα στὰ μυαλά τους θὰ κρατήσουν οἱ όμορφες τὴν τρέλλα
Καὶ μέσα στις καρδιές τους τὸν ἥλιο οἱ ἐρωτευμένοι.
Σὰν τῶν κερασιῶν τὸν καιρόν θὰ τραγουδήσουμε,
Τοῦ κόσσυφου χλευαστικοῦ τὸ σφύρηγμα καλλίτερα θ’ἀκουστεῖ.
Ὅμως πολύ γοργὰ κυλάει ὁ καιρός τῶν κερασιῶν
Ὅταν σὰν καὶ σ’ὄνειρο πηγαίνουν τὰ παιδιὰ νὰ κόβουν
Δυὸ κόκκινα σκουλαρίκια...
Ἀγάπης κεράσια με κόκκινα ρούχα ὅμοια
Ποῦ στάζουν ἀπ’τὸ φύλλωμα σὰν καὶ τὶς στάλες αἷμα...
Ὅμως πολύ γοργὰ κυλάει ὁ καιρός τῶν κερασιῶν
Κοραλλένια σκουλαρίκια ποῦ τὰ κόβουμε μέσ’τὰ ὄνειρά μας.
Σὰν θὰ βρεθεῖτε σεῖς στὸν καιρὸν τῶν κερασιῶν,
Ἀν νιώθετε φρικτὰ τὰ βὰσανα τοῦ ἔρωτα,
Ν’ἀποφεύγετε τὶς ὄμορφες!
Ἐμμένα, ποῦ τ’ἔρωτα οἱ ἄγριοι πόνοι δὲ μὲ τρομάζουν,
Ἐγὼ ποτὲ δὲ θὰ ζοῦσα χωρὶς νὰ κάποτε πονέσω...
Σὰν θὰ βρεθεῖτε σεῖς στὸν καιρὸν τῶν κερασιῶν,
Τοῦ ἔρωτα τὰ βάσανα κὶ ἐσεῖς θὰ ὑποφέρετε.
Γιὰ πάντα θ’ἀγαπῶ τὸν καιρὸν τῶν κερασιῶν,
Μιὰ καὶ κρατῶ ἀπὸ τότε στὰ φύλλα τῆς καρδιὰς μου
Μιὰ πληγὴ ἀνίατη!
Ἡ κυρὰ Εὐτυχία, κὶ ἀν τυχὸν τὴν μοῦ χαρίσουν,
Ποτὲ δὲν θὰ μπορούσε τὸν καϋμό μου νὰ σβήσει...
Γιὰ πάντα θ’ἀγαπῶ τὸν καιρὸν τῶν κερασιῶν,
Κὶ ὅσες θύμησες φυλάσσω μέσ’τὴν καρδιά μου!
Contributed by Gian Piero Testa - 2012/6/25 - 23:49
3. Le "couplet militant"
Alla “strofa militante” si è già accennato nell’introduzione generale. Poco o niente si sa su di essa, e quindi occorre attraversare il campo (minato) delle ipotesi. La prima è che sia dovuta a Jean-Baptiste Clément stesso: in effetti, si sa che la canzone era nota e cantata anche durante i due mesi della Comune. Clément avrebbe quindi voluto inserire nella canzone una strofa maggiormente aderente alla temperie in corso. Ma il carattere “profetico” della strofa, che “prefigura” uno scenario post-settimana di sangue, non è certo a favore di tale ipotesi. Molto più probabile, quindi, che si tratti di un’aggiunta posteriore, e non dovuta affatto alla penna di Clément. Se inserita nel contesto della canzone, la strofa è assolutamente fuori luogo e fa venire tutto l’impianto simbolico che ne ha segnato l’importanza e la fortuna. Ciononostante, alcuni la hanno cantata inserendola nel testo (rendendo così la canzone a cinque strofe), oppure sostituendo una strofa qualsiasi con questa (per mantenere le quattro strofe). Assolutamente da respingere l’ipotesi che Clément abbia scritto due versioni della canzone, una più anodina e l’altra di lotta: non ne fatto mai la benché minima menzione. Ad ogni modo, non ha mai avuto un grande successo, per non dire che è pressoché sconosciuta. [RV]
Pandores idiots magistrats moqueurs
Seront tous en fête.
Les bourgeois auront la folie en tête
A l'ombre seront poètes chanteurs.
Mais quand reviendra le temps des cerises
Siffleront bien haut chassepots vengeurs.
[1] Traduzione italiana (RV 23-9-2025):
Quando tornerà il tempo delle ciliegie,
Gendarmi idioti, magistrati birichini
Saran tutti in festa.
I borghesi avran la follia in testa,
Svaniranno nell’ombra poeti e cantanti.
Ma quando tornerà il tempo delle ciliegie
Fischieranno bene i fucili vendicatori.
Contributed by Theophile Ferrer - 2013/3/7 - 22:48
VERSIONI D’ARTE
ARTISTIC VERSIONS
VERSIONS ARTISTIQUES
TAITEELLISET VERSIOT
Jean-Paul Le Chanois ("Jean-Paul Dreyfus"): Le temps des cerises, 1937
Come già accennato nell’introduzione, Le temps des cerises è di solito cantata solo in francese. Ciononostante, alcune traduzioni d’arte in altre lingue (che siano state o meno cantate) esistono. Le presentiamo in questa sezione, specificando che la pagina non ospiterà altre traduzioni letterali a parte quelle già presenti. Per la questione della versione in esperanto eseguita da Marguerite Santreuil si veda l'introduzione generale.
El temps de les cireres
Versió al català / Versione catalana / Catalan version / Version catalane / Kataloniankielinen versio:
Joan Pau Giné
Album / Albumi: Adiu, ça va?
1978
Dall'album Adiu, ça va? del 1978. Le canzoni di questo album, per esplicita ammissione dell'autore, sono in catalano del Rossiglione (il catalano parlato nella parte francese della Catalogna, attorno a Perpignano). Joan Pau Giné è scomparso nel 1993.
El temps de les cireres
Quan el cantarem el temps de les cireres
Pel rossinyolet i el merle rialler
Serà dia de festa
Les nines tindran la mirada llesta
I els enamorats un sol al paller
Quan el cantarem el temps de les cireres
Xiularà de bo el merle rialler
Mireu que és ben curt el temps de les cireres
Quan de dos en dos se cull en somiant
Penjolets d'orelles
Cireres d'amor de roba vermella
Vessant pel fullam com gotes de sang
Mireu que és ben curt el temps de les cireres
Penjols de coral cullits en somiant
Un cop que hi sereu al temps de les cireres
Si vos fan fremir les penes d'amor
Aneu lluny de les nines
Jo que tinc pas por d'engolir espines
Belleu patiré de la mala sort
Un cop hi sereu al temps de les cireres
També ne tindreu de penes d'amor
L'estimaré sempre el temps de les cireres
És ell que em va fer al mig del meu cor
Una esgarrinxada
I si la fortuna me sigués donada
Per jo mai seria un remei prou fort
Sempre estimaré el temps de les cireres
I aqueix record que n'hi tinc al cor.
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/9/24 - 10:37
Die Zeit der Kirschen
Deutsche version / Versione tedesca / German version / Version allemande / Saksankielinen versio:
Wolf Biermann
Album / Albumi: Seelengeld
1986
Die Zeit der Kirschen
Und singen wir in der Süßkirschenzeit
Frau Nachtigall weint, die Spottdrossel lacht,
Die Feier wird fröhlich sein.
Die Schönen, sie werden so schön verdreht
Den Liebenden steht der Sonnengott bei.
So singen wir in der Süßkirschenzeit
begleitet von großer Spötterei.
Versäumt nicht die Zeit, sie dauert nur kurz,
Die Pärchen ziehn los und pflücken verträumt
Kirschbommeln für übers Ohr.
Die Kirschen der Liebe, so rot ist das
Und fallen ins Gras wie Tropfen von Blut.
Die Kirschenzeit kommt, sie dauert bloß kurz,
Und tut mir so weh und viel zu gut.
Geratet Ihr in die Kirschenzeit rein
und peinigt Euch Furcht vor Herzeleid?
Ach! Dann flieht vor den schönen Fraun.
Doch umhaun soll mich niemals nicht keine Furcht,
Ich weiß, was mir blüht, bleib dennoch beherzt.
Geratet Ihr in die Kirschenzeit rein,
dann merkt Ihr, wie schön die Liebe schmerzt.
Auf immer bleibt mir die Kirschenzeit lieb,
Auch wenn mir davon im Herz stecken blieb
die Wunde, die nie mehr heilt.
Und immer auch, wenn Frau Fortuna weilt
an meiner Seit', der Schmerz kam mit ihr.
Doch immer bleibt mir die Kirschenzeit lieb
und was von ihr blieb, brennt tief in mir.
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/9/24 - 18:36
De tijd van de kersen
Nederlandse (Gentse) versie / Versione neerlandese / Dutch version / Version néerlandaise (dialecte de Gand) / Hollanninkielinen versio:
Walter De Buck
1971
Lo scultore, poeta e cantautore fiammingo Walter De Buck (Gand, 13 luglio 1934 – Gand, 21 dicembre 2014) fu autore, nel 1971, di questa versione neerlandese (fiamminga, nel dialetto di Gand/Gent) de Le temps des cerises. Scultore già affermato, nel 1971 esordì come cantautore (è ricordato soprattutto per la canzone ’t Vliegerke). Fondatore dell’organizzazione no-profit Trefpunt (“Punto d’incontro”). Nel 1986 si ritirò sia dall’organizzazione che dal mondo della canzone, tornando a concentrarsi sulla sua attività artistica di scultore. La sua versione de Le temps des cerises è tra le pochissime a 5 strofe: in posizione finale incorpora infatti anche la strofa militante in traduzione. Un caso più unico che raro.
De tijd van de kersen
Als wij zullen zingen, over de tijd van de kersen
zal de spottende merel en de kleine nachtegaal
ons begeleiden.
Jonge meiskes voor wie de lente pas begon,
verliefde koppels het hart vol zon.
Als wij zullen zingen, over de tijd van de kersen,
geeft de spottende merel ons de juiste toon.
Maar veel te kort was de tijd van de kersen
die wij plukten als in een droom,
met kersen oorbellen.
De kersen van liefde smaakten zo zoet
maar vielen in d’ aarde als druppels bloed.
Ja, veel te kort was die tijd van de kersen
oorbellen van koraal al dromend geplukt.
Als je er ooit toe komt, tot de tijd van de kersen,
en je hebt schrik voor liefdesverdriet,
mijd schone vrouwen.
Ik die zonder liefde niet kan bestaan
zal niet door het leven zonder pijnen gaan.
Als je er ooit toe komt, tot de tijd van de kersen,
zal je ook liefdespijn ondergaan.
Ik hou zo van die tijd van de kersen
die ik bewaar in mijn hart als een mooie droom,
van grote waarde.
Al heeft vrouw fortuna mij veel beloofd,
mij heeft ze te veel schijt-kersen gestoofd.
Ik hou zo van die tijd van de kersen,
die ik bewaar als een schone droom.
En als hij ooit weerkomt, de tijd van de kersen
terwijl de charlatan en valse magistraat,
volop feesten.
Met de deftige burger, zelfgenoegzaam en dik,
die geeft meer schaduw dan jij en ik.
En in die schaduw schrijft de dichter voort,
aan de tekst van het lied dat je hier hebt gehoord.
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/9/24 - 19:01
Gerezien denbora
Versione basca (euskera) / Basque (Euskera) version / Version basque (Euskera) / Baskinkielinen versio:
Pier Paul Berzaitz
Album / Albumi: Egunsentiaren Kantak
2016
Il testo della (bella e recente) versione basca de Le temps des cerises, dovuta al cantautore e folklorista Pier Paul Berzaitz e contenuta nell’album Egunsentiaren kantak del 2016 (ma la versione è del 2015; alla fisa Joxan Goikoetxea) è stato, dopo mille difficoltà, reperito da questo documento .pdf che contiene la traduzione della corrispondenza tra Louise Michel e Victor Hugo (pp. 192/193).
Gerezien denbora
Kantatuko dugularik gerezien denbora,
Erresiñol alegera xoxo trufalea
Oro bestan dirade.
Andereek dukete hegoa gogoan
Eta amorosek eki bihotzean.
Kantatuko dugularik gerezien denbora,
Txistuko hobeki xoxo trufalea.
Bain’oso labur da gerezien denbora,
Binazka joaitea ametsen biltzea
Beharritako pententak.
Amodiozko gereziak gonak idurikoak,
Ostolat erortzen odolezko kotetak.
Bain’oso labur da gerezien denbora,
Korailezko petentak ametsez biltzen direnak.
Heltuko zidelarik gerezien denboralat,
Amodiozko penen lotsa bazide
Anderetarik egon aparte,
Nik ez dudalakoz pena krudelen axolik
Ez niz egonen sekulan ukan gabe.
Heltuko zidelarik gerezien denbolarat
Baduzketzi ere amodio xangrinak.
Beti maite duket gerezien denbora,
Denbora hortarik begiratzen baitut
Piko bat zabala.
Eta dama fortuna ukena gatik,
Sekulan ez duket pena ihesi.
Beti maite duket gerezien denboralat
Et’oroitzapena bihotzean egon zaidana.
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/9/24 - 20:49
O tempo de çexe
Version zeneize / Versione genovese / Genoese version / Version génoise / Genovankielinen versio:
lij.wikipedia
O tempo de çexe
Quande niatri cantiemo do tempo de çexe,
E l'allegro roscigneu e o merlo baifardo.
Saian tutti in festa.
E belle l'avian a mattaia in sciâ testa.
E amanti o sô into cheu.
Quande niatri cantiemo do tempo de çexe,
O öxello baifardo o sciuscià ben ben megio.
Ma o tempo pe-e çexe o l'é ben ben curto,
Donde gh'emmo da çerne doî tanto che s'assunnemmo.
Di pendin da oege,
Çexe d'amô con de rose pæge
Cazzan sotta a feuggia in stisse de sangue.
Ma o tempo pe-e çexe o l'é ben ben curto,
Pendin de coali ch'accuggemmo tanto che s'assunnemmo.
Quande voî ghe saiæ pe-o tempo de çexe,
Se gh'avæ da poia di doî d'amô
Schivæ e belle.
Mi che no temo di castighi crui,
No viviæ mai sensa patî un giorno.
Quande voî ghe saiæ pe-o tempo de çexe,
Gh'aveiæ ascì de peñe d'amô.
Vorriò delongo ben a-o tempo de çexe:
L'é da quello tempo lì che tegno into cheu
Unna feria averta,
E a Scignoa Fortuña, offerta à mi,
A no porrià mai scentâ o mæ mâ.
Vorriò ben pe delongo a-o tempo de çexe
E a memöia che tegno into cheu.
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/9/24 - 21:08
e sottolineiamo il fatto che qui non appaiono mai delle orride réclames che ti coprono all'improvviso lo schermo.
Silva - 2013/5/26 - 12:04
grazie!
valentina
valentina - 2015/4/26 - 11:22
"Le temps des cerises": storia e caratteristiche della canzone -
PS: amo il vostro sito
Simone - 2016/5/28 - 20:59
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.






Paroles / Parole / Lyrics / Sanat: Jean-Baptiste Clément
Musique / Musica / Music / Sävel: Antoine Renard (1868)
Il simbolo stesso della Comune di Parigi e della sua tragica fine (la Settimana di Sangue): eppure si tratta, in origine, di una delicata canzonetta d’amore scritta da Jean-Baptiste Clément ben prima di tutti questi avvenimenti epocali. Il testo risale infatti al 1866, mentre fu messa in musica solo due anni più tardi dal musicista Antoine Renard. La sua associazione con la Comune di Parigi è molto posteriore, con delle vicende che la faranno assurgere a canzone fortemente simbolica, anzi, ad una delle canzoni-simbolo più famosa della Storia, talmente tanto da identificare la Comune stessa come il “Tempo delle Ciliegie”. Ma per ricostruirne un po’ la storia occorre andare per ordine.
Nel 1866, Jean-Baptiste Clément è un giovane di trent’anni. Nato il 31 maggio 1836 a Boulogne-sur-Seine da un’agiata famiglia di Montfermeil, in quella che oggi è la grande cintura parigina, ma dal carattere ribelle e indipendente, lascia la famiglia in giovanissima età (a 14 anni) per esercitare i mestieri più umili. Si avvicina agli ideali socialisti e si mettere a scrivere su giornali di tale tendenza, tra i quali Le Cri du Peuple di Jules Vallès. Contemporaneamente, scrive poesie; nel 1866, Clément si trovò a fare un viaggio in Belgio, paese dove l’anno dopo si sarebbe dovuto temporaneamente rifugiare per sfuggire agli strali della repressione Bonapartista -che mal tollerava i suoi scritti di carattere sociale e politico. Sulla strada delle Fiandre, Clément fece una sosta a Conchy-Saint-Nicaise (oggi Conchy-les-Pots, nel dipartimento dell’Oise, a circa 20 km da Compiègne), alloggiando in una casa vicina all’estaminet locale (gli estaminets sono i “pub” tipici del Nord della Francia), detto Estaminet de la Poste. Sia la casa che l’estaminet erano circondati da alberi di ciliegio, che evidentemente colpirono e ispirarono talmente tanto Clément, che volle scrivervi dei versi per ricordare quel particolare momento.
Nel 1868 mancano ancora un paio di anni e rotti alla guerra franco-prussiana, alla disfatta di Sedan, alla fine del II Impero e alla Comune di Parigi; il musicista, corista e tenore Antoine Renard la mette in musica (secondo alcune fonti, già nel 1867) e la canzonetta diviene popolarissima. Gli avvenimenti si susseguono, ma non si smette di cantare e suonare Le temps des cerises, specie di “colonna sonora” la cui origine non ha assolutamente niente a che vedere con ciò che sta accadendo, ma che tutti comunque cantano, e modificano. Poi scoppia la guerra, c’è la Rivoluzione, ci sono la Comune, i Versagliesi e la Semaine Sanglante. Ma ancora non basta per farne un simbolo, nonostante la sua notorietà non sia mai venuta meno, nemmeno durante i massacri e la susseguente repressione.
Jean-Baptiste Clément, nel frattempo, è stato Comunardo assai attivo e combattente; viene anzi annoverato tra i leader della difesa di Parigi (assieme a E. Varlin e T. Ferre sarà tra i difensori dell’ultima barricata di Parigi in Rue de la Fontaine-au-Roi). Dopo la Settimana di Sangue, sfugge quasi per miracolo alla repressione sanguinosa di Thiers e Mac-Mahon, nascondendosi per due mesi come un topo, e poi riuscendo a espatriare e a fuggire a Londra, dove rimarrà fino al 1880, rientrando finalmente a Parigi dopo l’amnistia decretata per i Comunardi. Non sarà comunquee una vita facile, fino alla fine dei suoi giorni; costantemente sorvegliato dalla polizia, vivrà e morirà in povertà, ma non dimenticato. Muore, all’età di 66 anni, il 23 febbraio 1903; ai suoi funerali, tenutisi proprio a quel cimitero Père Lachaise che era stato teatro dell’ultima battaglia dei Comunardi, parteciperanno quattromilacinquecento persone.
Sebbene sia possibile che, nell’infuriare della Comune, Clément abbia aggiunto alla sua canzone un’esplicita strofa militante (se la sua origine non è anch’essa posteriore e spuria), la storia simbolica della canzone, che la rende immortale, comincia soltanto nel 1882 ed è legata esclusivamente al suo primitivo testo “sentimentale”, o comunque lo si voglia chiamare. Come già accennato, nel 1880 c’è stata l’amnistia decretata dalla III Repubblica nei confronti degli ex Comunardi superstiti, tra i quali lo stesso Clément. Nel 1882, Clément sta preparando una raccolta completa delle sue canzoni, che uscirà soltanto tre anni più tardi (Jean-Baptiste Clément, Chansons, Paris, C. Marpon et E. Flammarion, 1885), dove dedicherà la canzone ad una giovane portaferiti che aveva incontrato durante i combattimenti della Semaine Sanglante. Come già accennato, assieme a Eugène Varlin, Théophile Ferré e Charles Ferdinand Gambon, Clément difendeva, con un’altra ventina di uomini, l’ultima barricata della Comune, quella del Faubourg du Temple situata all'angolo con la Rue de la Fontaine-au-Roi (28 maggio 1871); Varlin vi troverà la morte, mentre Ferré verrà fucilato qualche mese dopo. La dedica recita:
« Alla coraggiosa cittadina Louise, la portaferiti della rue de la Fontaine-au-Roi, domenica 28 maggio 1871. »
Clément aggiunge poi, per spiegare maggiormente la sua dedica:
“Poiché questa canzone è corsa per le strade, ho tenuto a dedicarla, per ricordo e per simpatia, a una coraggiosa ragazza che, anch’ella, correva per le strade quando erano necessari grande abnegazione, decisione e coraggio! Quel che sto per raccontare è di quelle cose che mai si scordano: domenica 28 maggio 1871, quando tutta Parigi era alla mercé della Reazione vittoriosa, alcuni uomini lottavano ancora nella rue Fontaine-au-Roi. Si trovavano là, trincerati dietro una barricata, una ventina di combattentitra le undici e, tra i quali i due fratelli Ferré, il cittadino Gambon, due giovani di diciotto o vent’anni e qualcuno con la barba già grigia che era sfuggito alle fucilate del ‘48 e alle stragi del Colpo di Stato. Tra le undici e mezzogiorno, vedemmo avvicinarci a noi una ragazza che poteva avere da venti a ventidue anni che teneva un paniere in mano. Le domandammo da dove venisse, quel che veniva a fare e perché si esponeva a quella maniera… Ella ci rispose, con la più grande semplicità, che era una portaferiti e che, poiché la barricata della Rue Saint-Maur era stata già presa, era venuta a vedere se noialtri non avessimo avuto bisogno di aiuto. Un vecchio del ‘48, che non è sopravvissuto al ‘71, la abbracciò. Un ammirevole esempio di impegno e devozione! Nonostante avessimo rifiutato, per ovvi motivi, di tenerla con noi, ella insistette e non volle lasciarci. Del resto, cinque minuti dopo ci risultò utile: due dei nostri compagni erano caduti, uno colpito da un proiettile in una spalla, e l’altro in piena fronte. E non dico il resto!… Quando decidemmo di ritirarci, ammesso che ce ne fosse il tempo, dovemmo supplicare la coraggiosa ragazza affinché acconsentisse a abbandonare quel posto. Abbiamo saputo soltanto che si chiamava Louise, e che era un’operaia. Ovviamente, doveva stare assieme ai rivoltosi e a coloro che presto sarebbero stati morti! Che cosa ne sarà stato? Sarà stata, come tanti altri, fucilata dai Versagliesi? E, dunque, non avrei dovuto dedicare questa canzone, che è la più popolare tra quelle contenute in questo volume, a quest’eroina sconosciuta?”
(Nota. Quanto sopra integra del materiale già presente nella pagina, a cura di Bernart Bartleby [Alessandro]. Ci è piaciuto anche mantenere una sua considerazione finale: [...] "sarei ancora più contento di conoscere se quella giovane Louise, operaia, ambulanziera, rivoluzionaria, comunarda fino all’ultima barricata, sia riuscita a sopravvivere e se dopo abbia avuto una vita felice. Io spero di sì.")
A difendere quell’ultima barricata, Louise Michel non c’era e non ci poteva essere: si trovava infatti già prigioniera nelle mani dei Versagliesi, a Satory (era stata catturata il 24 maggio, per liberare sua madre). Ciononostante (ed anche, probabilmente, perché la stessa Louise Michel aveva svolto mansioni di portaferiti durante i combattimenti), molti pensarono che la “Louise” a cui Clément avesse dedicato la canzone fosse proprio lei, una “voce” assai dura a morire. La cosa, naturalmente, è impossibile: a parte il fatto che, come detto, era già prigioniera, Louise Michel, nel 1871, aveva già più di quarant’anni (era nata il 29 maggio 1830 a Vroncourt-la-Côte, nell’Alta Marna) e non poteva certamente essere la “ragazza di venti o ventidue anni” descritta da Clément. Eppure, la voce era talmente persistente che la stessa Louise Michel dovette smentirla categoricamente diversi anni dopo, ricordando anch’ella l’episodio dell’ “ultima barricata”:
“Mentre venivano sparati i loro ultimi colpi, ecco che arriva una ragazza che proveniva dalla barricata della rue Saint-Maur, offrendo loro i suoi servigi: volevano allontanrla da quel luogo di morte, ma lei rimase a loro malgrado. Qualche momento dopo, la barricata fu schiantata da una formidabile esplosione che fece saltare in aria tutte le mitragliatrici che le restavano, e scomparve in quella enorme scarica che noialtri prigionieri sentimmo fin da Satory; alla portaferiti dell’ultima barricata e dell’ultima ora, J. B. Clément dedicò, molto tempo dopo, la canzone delle ciliegie. Nessuno la rivide mai più. […] La Comune era morta, seppellendo assieme a lei migliaia di eroi sconosciuti.” - Louise Michel, La Commune, Edition sociologique – n° 22 – Stock, 1898, 427 p., IVe partie L'Hécatombe, chap. 1 (« La lutte dans Paris - L’égorgement »), p. 279 (milieu)-280.
La simbologia (o simbolizzazione)
Comunque la si voglia vedere, ed anche tenendo conto della “strofa militante”, Le temps des cerises non è una canzone nata durante la Comune di Parigi, e la sua origine è totalmente avulsa da quel particolare contesto storico. La sua storia successiva è, quindi, quella di una simbolizzazione, di una estrapolazione a posteriori, agevolata senz’altro sia dalla “dedica” esplicita del suo autore alla sconosciuta portaferiti della barricata di Rue de la Fontaine-au-Roi (in sé, un simbolo, un emblema di tutti quegli “eroi sconosciuti” che lottarono e morirono per la Comune), sia dal testo abbastanza vago che autorizza interpretazioni legate al ricordo degli avvenimenti (che si svolsero, va ricordato, proprio a fine maggio, vale a dire nel periodo dell’anno in cui maturano le ciliegie).
E’ stato quindi possibile assimilarla alla Comune di Parigi anche per dei riferimenti stilistici: la “ferita aperta” (plaie ouverte), il “ricordo che serbo nel cuore” (souvenir que je garde au cœur), le “ciliegie d’amore […] che cadono […] in gocce di sangue” (cerises d’amour […] tombant […] en gouttes de sang). Si tratta di parole capaci di evocare sia un amore perduto, sia una rivoluzione fallita ed il suo rimpianto. Le “ciliegie” stesse possono essere assimilate agli impatti delle pallottole nella carne viva, nominando anche le “belle” (belles, cioè le pallottole stesse…) che è meglio evitare. Ma si tratta, lo ripetiamo, di interpretazioni simboliche posteriori e successive alla dedica di Clément alla giovane e sconosciuta portaferiti della Rue de la Fontaine-au-Roi. La canzone originale, in sé, altro non vuole evocare che la primavera e l’amore (e, in particolare nell’ultima strofa, un amore perduto); ma le ciliegie rimandano anche alla dolcezza e all’estate, cioè ad un contesto gioioso. Ed anche questa caratteristica riporta, in un certo senso, simbolicamente alla Comune di Parigi ed alla sua atmosfera di liberazione e di gioia che saranno stroncate proprio al “tempo delle ciliegie”.
Le temps des cerises è considerata la canzone incisa, registrata e interpretata dal maggior numero di artisti in Francia. La lista è veramente sterminata, sin dagli albori dell’industria fonografica. Martin Pénet, in una sua recensione peraltro incompleta, cita oltre novanta interpretazioni diverse su cilindri e dischi tra il 1898 e il 1997. La canzone è presente nel catalogo dei cilindri Pathé del 1898, ed in quello (al n° 957) dei cilindri Lioret (1899), interpretata da André Maréchal. E’ senz’altro la prima interpretazione di cui ancora possediamo la documentazione sonora:
Un’altra antica interpretazione di cui possediamo la documentazione sonora è quella del tenore (e attore) di origine italiana Lucien Muratore (1876-1954), che la registrò nel 1905:
E via così fino ai nostri giorni, passando ovviamente per il monsummanese Yves Montand (1955, Chansons Populaires de France):
Un aneddoto racconta che Léo Ferré, al termine del suo famoso incontro radiofonico del 6 gennaio 1969 con Jacques Brel e Georges Brassens, abbia sottoposto ai “colleghi” di fare un concerto tutti a tre assieme dove ognuno avrebbe dovuto cantare a turno alcuni dei loro successi per poi terminare con Le temps des cerises cantata insieme, tenendosi per la mano. L’idea, purtroppo, non si concretizzò mai perché Jacques Brel aveva già lasciato le scene promettendo di non tornarvi mai più. Qualcosa, comunque, deve essere rimasta in testa a Léo Ferré, che alle FrancoFolies de La Rochelle (1988) la interpretò in coro assieme a Nicole Croisille, Paul Piche, Mama Bea, Claude Dubois, Cathérine Ribeiro, Francis Lalanne e Jacques Higelin:
Per terminare questa piccola "antologia", un’interpretazione recentissima (2019) dal vivo dovuta ad una splendida ragazza di ottantaquattro anni:
Per la sua stessa natura, Le temps des cerises è troppo intimamente legata alla Francia ed alla vicenda storica della Comune di Parigi, perché possa essere cantata in una lingua diversa dal francese. Ciononostante, come si vedrà nel prosieguo della pagina, qualche tentativo di farne (e cantarne) delle traduzioni d’arte in altre lingue è stato fatto. Da segnalare il caso di quella che è stata forse la prima versione de Le temps des cerises in un'altra lingua: Ĉeriz’ tempo, eseguita dalla soprano Marguerite Santreuil in quello che è il primo disco in assoluto di canzoni registrate nella Internacia lingvo: Esperanto (Soprano: Marguerite Santreuil; Ĉe la piano Yvette Mathy-Josse, Porte Océane / La Oceana Pordo, 2 Rue de Berne, Paris 8 – Super 45 tours A. BCLD 10, 1957).
Disgraziatamente, e nonostante tutte le ricerche fatte, non è stato reperito né il testo della versione (di cui, ovviamente, non si sa l’autore), né una registrazione totale o parziale. Come si sa, però, questo sito è provvisto della pazienza di Giobbe. [RV, settembre 2025]