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Tarantella di via Tibaldi

Canzoniere del Proletariato
Lingua: Italiano




A Milano, a Milano;
m’avevan detto: « Va a Milano, che là trovi da lavorà »,
ci ho trovato ‘nu padrone che m’ammazza a faticà
ed in cambio de lo sudore fame e freddo mi tocca fà,
ed in cambio de lo sudore fame e freddo mi tocca fà.

Oh Rosina, oh Rosina,
t’aveo promesso ch’entro l’anno a Milano t’avrei portà;
ho trovato ‘nu lavoro ma la casa non ce sta
e coi soldi della paga me la stanno a fabbricà.

Tanta gente a Milano
questa casa l’ha pagata ma ugualmente non ce l’ha,
se l’affitto è troppo caro non c’è i soldi per pagà;
visto che l’hanno pagata se la vanno a piglià.

Siamo andati, via Tibaldi,
coi bambini, con le donne ed il pane pe magnà,
tutti uniti coi compagni che ci hanno aiutà;
ci siam presi questa casa che il Comune non ci dà.

Primo giugno, occupazione:
abbiam fatto l’ambulatorio dove ognuno veniva curà,
abbiam fatto la mensa comune dove è gratis ‘o magnà,
ogni sera l’assemblea dei capi famiglia tutti quanti
decideva come la lotta il giorno dopo portare avanti.

Alle cinque di mattina
è arrivata la polizia e ci ha fatto sgomberà,
sotto l’acqua che cadeva coi bambini appena nati.
« Mascalzoni, delinquenti, assassini » ci han chiamà.
Assassini sono loro che hanno ucciso Massimiliano.

Massimiliano:
un compagno di sette mesi i padroni hanno ammazzà
con il sindaco Aniasi, polizia e sindacà;
e per te Massimiliano si continua a lottà.

Gli studenti di architettura
ci hanno dato la loro scuola per poterci rifugià,
anche lì la polizia ci ha venuti a sgomberà,
ma hanno preso tante botte che le posson ricordà.

Trentamila, a Milano,
eravamo in trentamila tutti in piazza a protestà,
trentamila proletari tutti insieme a gridà:
« Queste case sono nostre, ce le siamo prese già,
noi ce le siamo prese, come noi dovete fà ».
Le riforme dei padroni non ci posson più fregà
perché ormai l’abbiam capita: lotta dura bisogna fà.



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