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I disien Elva

Lhi Sonaires


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‎[1999]‎
Album “Ai fach un sumi” (“Ho fatto un sogno”)‎

Masurca, paraulas e mùsica: Dario Anghilante e Lhi Sonaires
Mazurka, parole e musica: Dario Anghilante e Lhi ‎Sonaires

Testo trovato sul sito di Chambra D’Oc, associazione trasversale al servizio ‎delle Valli occitane.‎

Dario Anghilante, nativo di Sampeyre, è un musicista, uno dei primi cantautori della rinascita ‎occitana cisalpina negli anni ’70. E’ anche attore e nel 2005 ha interpretato il personaggio del ‎sindaco di Ussolo in val Maira nel film diretto da Giorgio Diritti intitolato “E l'aura fai son vir”, “Il ‎vento fa il suo giro”.‎



La storia (che dai dettagli con cui è raccontata credo assolutamente vera) di un uomo solo, sperduto, ‎eppure fiero come il paese natale col cui nome viene infatti chiamato dai suoi compaesani, Elva.‎

Elva, un paesino di poche decine di anime, isolato, sperduto, arroccato sui monti della Val Maira, ‎nel cuneese. La carrozzabile che ci arriva, significativamente chiamata “Strada dell’Orrido”, fu ‎iniziata alla fine dell’800 ma ultimata soltanto nel 1956. Due altre vie d’accesso seguono, l’una, il ‎tracciato delle antiche mulattiere, da Stroppo verso il colle San Giovanni; l’altra, la settecentesca ‎‎“Strada dei Cannoni” fatta costruire da Carlo Emanuele III, dalla valle Varaita attraverso il colle di ‎Sanpeyre, è agibile solo nella buona stagione.‎



E per quanto isolata e sperduta, gli inizi di Elva si perdono nella notte dei tempi e raccontano storie ‎di antiche tribù galliche soggiogate dai legionari di Cesare Augusto, e poi degli scontri tra soldati ‎francesi e sabaudi, e poi della peste che nel 1630 quasi cancellò la piccola comunità. ‎
E oltre ai gioielli delle sue montagne e a delle sue borgate medievali, a impreziosire Elva sono gli ‎splendidi affreschi della - già di per sè bellissima - parrocchiale del XV secolo, le scene della vita di ‎Maria e la maestosa Crocifissione realizzate nel 1493 dal pittore fiammingo Hans Clemer, ‎comunemente noto come il “Maestro d’Elva”.


La storia di Costanzo detto Elva, al quale lo Stato ha rapito i due figli, mandati a morire in guerra. ‎Elva è rimasto solo e si è perduto in un bicchiere, ma senza mai perdere l’amore e la fierezza, come ‎quando ha rifiutato sdegnato le due pensioni di guerra offertegli dall’assassino dei suoi figlioli:‎
“Nessun soldo paga i morti, nessun Stato avrà un perdono. Era allegro quando ‎beveva e l’amore aveva negli occhi”

Per me, uno dei più bei testi che mi sia riuscito di scovare negli ultimi tempi…‎
Lo sio nom era Tan
sempe choc nele vivia
se lo vin al era bòn
‎‘na chançon nele chantava

Fuma, cana e chapèl
e de tot se navisava
lh’amis lh’avia a l’òste
per la bota e la belòta

I disien Elva
aquel era son país
Lhi dui filhs a la guèrra
a maison son pus tornats

Dins ‘na via malfamaa
de la vila forestiera
el fasia passar son temps
coma vita sensa estòria

Avia un liech e dreissaor
qu’era puei tot sa fortuna
dal país avia un recòrd
lo malpró e l’esconfòrt

I disien Elva
aquel era son país
Lhi dui filhs a la guèrra
a maison son pus tornats

Dísen qu’en joventut
era un gran trabalhaire
la sia casa ilamont
la pus jòlia d’ tot lo caire

Vender estòfa òuta en França
Val Corsalha e Val Cluson
apres brusava lhi sòlds
que per nele avien pus rason

I disien Elva
aquel era son país
Lhi dui filhs a la guèrra
a maison son pus tornats

D’la pension per lhi filhs
el avia, avia dich mèrda
la mia vita es pus aicí
m’ l’an raubaa qu’era encar vèrda

Degun sòld paga lhi mòrts
degun Estat aurè un perdon
era alegre quora bevia
e l’amor l’avia ent lh’uelhs

I disien Elva
aquel era son país
Lhi dui filhs a la guèrra
a maison son pus tornats

Contributed by Bartleby - 2012/1/11 - 09:46




Language: Italian

Traduzione italiana da Chambra D’Oc.‎
LO CHIAMAVANO ELVA

Il suo nome era Costanzo
viveva sempre ubriaco
se il vino era buono
cantava una canzone

Pipa, canna e cappello
di tutto si ricordava
gli amici li aveva all’osteria
per la bottiglia e la belote (*)

Lo chiamavano Elva
quello era il suo paese
I suoi due figli alla guerra
non sono più tornati a casa

In una strada malfamata ‎
della città forestiera
faceva passare il suo tempo
come una vita senza storia

Aveva un letto e guardaroba
ch’era tutta la sua fortuna
del paese aveva un ricordo
l’angoscia e lo sconforto

Lo chiamavano Elva
quello era il suo paese
I suoi due figli alla guerra
non sono più tornati a casa

Raccontano che in gioventù
fosse un grande lavoratore
la sua casa lassù
la più bella della zona

Vendere stoffa in Francia
Valle Corsaglia e Val Chisone
poi bruciava i soldi
che per lui non avevano più senso

Lo chiamavano Elva
quello era il suo paese
I suoi due figli alla guerra
non sono più tornati a casa

Della pensione per i figli
aveva detto merda
la mia vita non è più qui
me l’hanno presa ch’era ancora verde

Nessun soldo paga i morti
nessun Stato avrà un perdono
Era allegro quando beveva
e l’amore aveva negli occhi

Lo chiamavano Elva
quello era il suo paese
I suoi due figli alla guerra
non sono più tornati a casa

(*) Belote, un gioco di carte diffuso ovunque e quasi con lo stesso nome!

Il Belot è un popolare gioco di carte di origine francese, derivato probabilmente a sua volta dallo Klaverjassen, un gioco di carte giocato sin dal 1600 in Olanda. In Bulgaria il nome ufficiale è Bridge-Belote (Бридж-белот), in Grecia è chiamato Vida (Βίδα), a Cipro è chiamato Pilotta (Πιλόττα), in Québec la parola è stata accorciata alla prima sillaba e viene pronunciata bœuf, e in Croazia viene usato Bela come sinonimo. In Macedonia e in Armenia viene chiamato Belot come da noi (Бељот) anche se in Armenia, dove è meglio noto col nome di Bazaar Belote, assume delle regole leggermente differenti da quelle europee. In Arabia Saudita viene chiamato Baloot ed è il gioco di carte più popolare dell'intero Paese dove viene giocato con delle regole molto differenti rispetto alla versione europea.

Nel gioco vengono utilizzate le classiche carte da poker, ossia tutte dal sette in su esclusi i jolly; si gioca in quattro, a coppie, facendo il mazzo e distribuendo le carte a turno, come nello scopone scientifico o nella briscola, ma in senso orario come nel poker. (fonte: it.wikipedia)

Contributed by Bartleby - 2012/1/11 - 09:47


Una scena da "E l'aura fai son vir", "Il vento fa il suo giro", di Giorgio Diritti, 2005.


Bartleby - 2012/1/12 - 13:00




Language: Occitan (post 1500) (parlata di San Pèire (Sampeyre, Cuneo))

Il testo originale di Dajre D'Angel (Dario Anghilante) nell’occitano di San Pèire (Sampeyre), Valle Varaita, Cuneo.
Trovato sul portale dell'Associazione Chambra d'Òc
I DIZÌEN ELVO

Sun num ero Tan
sempe ciuc nele vivìo
'na tuscano, lu ciapél a cano
e de tut se navizàvo
Din na vìo malfamà
de la vilo furestiero
avìo en liech, bagage e fümo
ch'ero pei tut sa furtüno

I dizìen Elvo
ché achel ero sun pais
Nele avìio tut n'estorio
ma ilaval u subìen pa
i düi fi da les bumbes avìo agü mort
e la fremo d'crepocor

Dìzen ch'ero en gran
en gran travaiadur
vend' estofo 'chi outo en Franso e Val Clüzun
apres brüzavo i sòut
che per nele avìen püs razun
De la pensiùn
per i fi avìo dich merdo
degün sòut pagaré la mort
ero alegre curo büvìo
e l'amur l'avìo ent' i üei

I dizìen Elvo
ché achel ero sun pais
Nele avìio tut n'estorio
ma ilaval u subìen pa
i düi fi da les bumbes avìo agü mort
e la fremo d'crepocor

Contributed by Bernart Bartleby - 2015/10/19 - 11:18




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