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Gary Gilmore's Eyes

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‎[1977]‎



Come si sentirà una persona che deve la vita o una funzione fondamentale del ‎suo corpo all’organo di un feroce omicida giustiziato dallo Stato? E’ un tema suggestivo piuttosto ‎frequentato nella letteratura e nel cinema, penso per esempio al romanzo di Maurice Renard ‎‎“Les mains d'Orlac” del 1921 che ispirò anche diversi film, uno sopra tutti ‎l’espressionista “Mad Love” di Karl Freund del 1935, interpretato da un colossale ed ‎inquietante Peter Lorre nella parte di un geniale e folle chirurgo che ad un celebre pianista che ha ‎perso le sue preziose mani in un incidente impianta gli arti, altrettanto “sensibili”, di un serial killer ‎ghigliottinato di fresco.‎
E se l’organo del mostro violentemente espulso dal consesso umano fossero addirittura gli occhi che ‎lo guidarono nelle sue efferatezze? E se quegli occhi fossero quelli del primo uomo ad essere ‎giustiziato negli States dopo la reintroduzione della pena capitale? E se quell’uomo, reo confesso di ‎omicidio, non avesse ricevuto nessuna assistenza legale e avesse lui stesso chiesto di essere ‎eliminato il più velocemente possibile ed addirittura avesse scelto lui di che morte morire?‎



Gary Gilmore (1940-1977) fu un bambino abusato dal padre alcolista e violento, fu un precoce ‎criminale, un disperato e infine un omicida. Fu condannato a morte nell’Utah per l’omicidio di un ‎albergatore, sulla base di una sola testimonianza. Non fu difeso e non si difese. Fra i due metodi di ‎eliminazione allora in vigore nello Stato, chiese ed ottenne di essere fucilato piuttosto che impiccato ‎‎(nella “Land of Freedom” uno è “libero” di scegliere fino alla fine…). In carcere tentò due volte di ‎suicidarsi e disdegnò i suoi compagni di cella, i celebri “Hi-Fi Murderers” protagonisti ‎di violenze ed omicidi tra i più efferati nella storia americana ma che furono lasciati in vita ancora ‎per molti anni (come normalmente avviene, un po’ per l’espiazione, un po’ per sadismo e un po’ per ‎esaurire la possibilità di ricorsi o di nuove evidenze) mentre Gary Gilmore a soli tre mesi dalla ‎sentenza di condanna si sedette davanti al plotone di esecuzione, vigliaccamente celato dietro ad ‎una parete, e pronunciò il suo celebre “Let’s do it!”.‎

Donò le cornee e gli altri organi che non furono trapassati dalle pallottole, la cosa migliore che Gary ‎Gilmore fece nel corso di tutta la sua vita disperata.
I'm lying in a hospital,
I'm pinned against the bed.
A stethoscope upon my heart,
A hand against my head.
They're peeling off the bandages.
I'm wincing in the light.
The nurse is looking anxious,
And she's quivering in fright...

I'm looking through Gary Gilmore's eyes.

The doctors are avoiding me.
My vision is confused.
I listen to my earphones,
And I catch the evening news.
A murderer's been killed,
And he donates his sight to science.
I'm locked into a private ward.
I realise that I must be...

Looking through Gary Gilmore's eyes.

Looking through Gary Gilmore's eyes.

I smash the light in anger.
Push my bed against the door.
I close my lids across my eyes,
And wish to see no more.
The eye receives the messages,
And sends them to the brain.
No guarantee the stimuli must be perceived the same...

When looking through Gary Gilmore's eyes.

Gary don't need his eyes to see.
Gary and his eyes have parted company.‎

inviata da Bartleby - 14/9/2011 - 09:27




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