Scese le scale pronto a farla finita,
rincorreva una vita fuggita dall’anima.
Passata forse mentre lui neanche c’era
E anche se c’era dov’era,
Tra il lavoro e le difficoltà?
Si fermò sull’ingresso, per un attimo scosso
Dal brivido caldo della città.
Il cielo urlava bianco come cemento
Con voce di vento e di pioggia.
Volavano dovunque mille parole,
la famiglia reale era in visita alla città.
Riempiva Napoli un via vai senza sosta,
ma che gran bella festa
quando passava sua maestà!
Lui vendette la giacca per comprarsi un coltello
E nasconderlo in un fazzoletto rosso,
convinto che non fosse il gesto di un pazzo
si mise ad attendere il proprio turno.
Ed era come partire, era come cadere
Nel vuoto senza fine
Dell’inevitabilità.
Il Re si avvicinava, un varco si apriva,
lui in un soffio diceva:
- nessuno mi fermerà -.
Non ho una fede, non ho una bandiera,
ma nemmeno paura
e alla mia mano questo basterà.
Salì sulla carrozza, scomparve la piazza,
scomparvero il mare, le idee, la gente,
il tempo collassava dentro l’istante
e partiva la mano di Passannante.
Ci sarà storia se
Con la berretta del cuoco
Faremo una bandiera. (*)
Passannante fu arrestato e condannato all’ergastolo. La sua famiglia internata in un manicomio criminale. Al suo paese fu cambiato nome e lui fu rinchiuso in una cella di due metri per uno, alta un metro e cinquanta, con diciotto chili di catene addosso. Nella completa e muta oscurità per dodici anni, prima di essere trasferito al manicomio dove infine morì.
L’arma con cui aveva attentato al Re, graffiandolo ad un braccio: un temperino di otto centimetri.
rincorreva una vita fuggita dall’anima.
Passata forse mentre lui neanche c’era
E anche se c’era dov’era,
Tra il lavoro e le difficoltà?
Si fermò sull’ingresso, per un attimo scosso
Dal brivido caldo della città.
Il cielo urlava bianco come cemento
Con voce di vento e di pioggia.
Volavano dovunque mille parole,
la famiglia reale era in visita alla città.
Riempiva Napoli un via vai senza sosta,
ma che gran bella festa
quando passava sua maestà!
Lui vendette la giacca per comprarsi un coltello
E nasconderlo in un fazzoletto rosso,
convinto che non fosse il gesto di un pazzo
si mise ad attendere il proprio turno.
Ed era come partire, era come cadere
Nel vuoto senza fine
Dell’inevitabilità.
Il Re si avvicinava, un varco si apriva,
lui in un soffio diceva:
- nessuno mi fermerà -.
Non ho una fede, non ho una bandiera,
ma nemmeno paura
e alla mia mano questo basterà.
Salì sulla carrozza, scomparve la piazza,
scomparvero il mare, le idee, la gente,
il tempo collassava dentro l’istante
e partiva la mano di Passannante.
Ci sarà storia se
Con la berretta del cuoco
Faremo una bandiera. (*)
Passannante fu arrestato e condannato all’ergastolo. La sua famiglia internata in un manicomio criminale. Al suo paese fu cambiato nome e lui fu rinchiuso in una cella di due metri per uno, alta un metro e cinquanta, con diciotto chili di catene addosso. Nella completa e muta oscurità per dodici anni, prima di essere trasferito al manicomio dove infine morì.
L’arma con cui aveva attentato al Re, graffiandolo ad un braccio: un temperino di otto centimetri.
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«Con la berretta d'un cuoco faremo una bandiera»