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To Φανάρι του Διογένη

Nikolas Asimos / Νικόλας Άσιμος


Nikolas Asimos / Νικόλας  Άσιμος

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N. Asimos & S. Leonardou:




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To fanári tou Diogéni
Μουσική: Νικόλας Άσιμος

Στίχοι: Νικόλας Άσιμος
Πρώτη εκτέλεση: Νικόλας Άσιμος
Παράνομη κασέτα Νο 000008 " Στο Φανάρι του Διογένη" - 1987
LP/CD " Στο Φανάρι του Διογένη" (Νικόλας Άσιμος & Σωτηρία Λεονάρδου) - 1987

Testo, musica e prima interpretazione di Nikolas Asimos.
Musicassetta illegale n. 8 - 1987
LP/CD "Sto Fanari tou Dioghéni/Alla lanterna di Diogene" (N.Asimos & S. Leonardou) - 1987

asimfandiogUna delle ultime canzoni di Nikolas Asimos. A ormai breve spazio di tempo dal suicidio, Nikos rievoca l'antica decisione di abbandonare la tenerezza nativa per cercare, nelle antiche vesti del klefta delle lotte dei Greci contro i Turchi, nelle mani un fucile e la lanterna di Diogene, la verità dell'uomo. E la verità è che l'uomo sceglie anche da sé le sue schiavitù. C'è in questo testo qualcosa che mi ricorda la bella lirica di Anagnostakis, che la musica di Theodorakis rese ancora più bella: "Δρόμοι παλιοί/Vecchie strade", canto notturno della solitudine di un altro "ατίθασος", un altro irriducibile. La trascrivo qui, perché in un modo o nell'altro, non poteva mancare in queste pagine. E qui la potete ascoltare, nell'interpretazione di Margarita Zorbalà, una delle tante voci che hanno dato vita a questa canzone, la cui melodia fu anche il leit-motiv del film "Serpico" di Sidney Lumet.

Δρόμοι παλιοί που αγάπησα και μίσησα ατέλειωτα
κάτω απ' τους ίσκιους των σπιτιών να περπατώ
νύχτες των γυρισμών αναπότρεπτες κι η πόλη νεκρή

Την ασήμαντη παρουσία μου βρίσκω σε κάθε γωνιά
κάμε να σ' ανταμώσω κάποτε φάσμα χαμένο του πόθου μου κι εγώ

Ξεχασμένος κι ατίθασος να περπατώ
κρατώντας μια σπίθα τρεμόσβηστη στις υγρές μου παλάμες

Και προχωρούσα μέσα στη νύχτα χωρίς να γνωρίζω κανένα
κι ούτε κανένας κι ούτε κανένας με γνώριζε με γνώριζε

Vecchie strade che senza fine ho amato e odiato
fatemi camminare all'ombra delle vostre case,
le notti ineluttabili dei ritorni quando par morta la città

Ritrovo in ogni angolo la mia presenza insignificante
fa' che prima o poi t'incontri anch'io, spettro perduto del mio desiderio

Dimenticato ma mai domato, fatemi camminare
con una fiammella tremula nel palmo umido delle mie mani

E procedevo dentro la notte senza conoscere nessuno
e nessuno e nessuno mi conosceva mi conosceva


Asimos aveva scritto: "ΟΤΑΝ ΑΚΟΥΣΑ ΤΟΝ ΠΑΠΑΔΟΠΟΥΛΟ ΝΑ ΛΕΕΙ ''ΘΑ ΠΑΤΑΞΟΜΕΝ ΤΗΝ ΑΝΑΡΧΙΑ'' ...ΑΠΟΦΑΣΙΣΑ ΝΑ ΓΙΝΩ Η ΑΝΑΡΧΙΑ ΠΟΥ ΔΕΝ ΠΑΤΑΣΣΕΤΑΙ ΠΟΤΕ./ Quando sentii Papadopoulos dire Schiacceremo l'anarchia...decisi di diventare l'anarchia che non si lascia mai schiacciare".
(gpt)
Είπα κι εγώ ν' αλλάξω ζωή,
ν' αρχίσω καινούργιο παιχνίδι
το 'ξερα πριν κρατούσα γυμνή
κι αγνή την καρδιά στο λεπίδι
και δεν την είδα την πρώτη ελπίδα,
να γίνει σπέρμα, να σαρκωθεί.

Στο φανάρι του Διογένη
κάθεται ένας νιος και περιμένει
μην το γκρεμίσουν, κι ας τον νομίσουν φονιά
που 'χει τόσο ευαίσθητη καρδιά.
Πια δεν γυρνάνε τα χρόνια πίσω βοριά
νιε μου το φανάρι δεν ‘φελά.

Έτσι κι εγώ θα ψάξω να βρω
βουνίν, φορεσιάν και ντουφέτσι
με δίχως θυμόν και δίχως μιλιάν,
ταφήν να πληρώσω του κλέφτη
των δεσποτάδων, κυβερνητάδων,
χοντροτζεπάδων και δικαστών.

Άλλος μασάει, κι άλλος σωπαίνει
κι ο σκυφτός λαός να περιμένει
για τα δεσμά μας, δεν φταίει πάντα η σκλαβιά,
μα η υποταγμένη μας καρδιά.
Μ' ένα φανάρι ξαναγυρνάς τις νυχτιές
ψάχνεις γι' ανυπόταχτες ματιές.

inviata da Gian Piero Testa - 31/12/2010 - 15:38



Lingua: Italiano

gptdis
Tentativo di traduzione di Gian Piero Testa.

Anch'io, come Bartleby, scrivo questa volta "tentativo di traduzione". Mi sono dannato con una parola antica - la usò Eschilo ed era ancora in uso all'inizio dell'Ottocento - non più nei dizionari di oggi. "Vounìs", la montagna, la macchia dove si nascondevano i Kleftes con le loro carabine, e gli yatagan, vestiti delle loro virili sottane, le fustanelle. Un grazie a Riccardo e a Mihalis per l'aiuto. In un altro punto potrei avere sbagliato: là dove traduco "per pagare al klefta la sepoltura ecc.", rispettando la lettera, potrebbe suonare "per pagare la sepoltura del ladro (kleftis vuol dire sia ladro, sia guerrigliero alla macchia), dei despoti" ecc. La parola "tascagonfi" l'ho inventata io, per ricalcare il neologismo di Asimos. Che Dio mi perdoni. (gpt)
LA LANTERNA DI DIOGENE

Anch'io decisi di cambiar vita,
di cominciare un gioco nuovo
lo sapevo prima avevo il cuore
nudo e puro sul fil di lama
e non la vidi la prima speranza,
farsi sperma, farsi carne.

Alla lanterna di Diogene
siede un giovane e aspetta
che non lo lincino, e pur lo ritengano un assassino
poiché ha un cuore tanto sensibile.
Indietro più non tornano come ventata gli anni
giovane mio non giova la lanterna.

Così anch'io tenterò di trovare
un monte, una fustanella e uno schioppo
senza rabbia e senza parole,
per ripagare al klefta la sepoltura
dei despoti, dei governanti,
dei tascagonfi e dei giudici.

Uno mastica, e l'altro sta zitto
e piegato il popolo ad aspettare
delle nostre catene, non sempre ha colpa lo schiavismo,
ma il nostro cuore sottomesso.
Con una lanterna ti aggiri nelle notti
sguardi cerchi non rassegnati.

inviata da Gian Piero Testa - 31/12/2010 - 16:01


A pensarci bene, un altro dubbio di traduzione ce l'avrei. Anzi, sono quasi certo di avere "cannato", come dicono gli studenti, il terzo verso della seconda strofa. Lì c'è lo stesso pronome a far due volte da complemento oggetto: ma il primo - to - è neutro, e il secondo - τον - è maschile. Per questo, se -to - è la lanterna (fanari è neutro in greco) e il - ton - è il giovane, il senso sarebbe il seguente:

Alla lanterna di Diogene
siede un giovane ad aspettare
che non la appendano, a costo d'essere ritenuto un assassino
che ha il cuore tanto sensibile.

Il giovane che fa la guardia alla lanterna, il cui compito è di aggirarsi in cerca dell'uomo, affinché non venga appesa,e dunque immobilizzata, mi pare corrisponda meglio al senso della canzone. Traducendo si corrono dei rischi; ma per fortuna questa non è un'accademia: ci si può correggere ed essere corretti senza perdere la benevolenza dei lettori o essere travolti dalle pernacchie. In ogni caso, domando mille scuse.

Gian Piero Testa - 31/12/2010 - 16:43




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