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Au préfet de police, qui a fait fermer notre goguette

Charles Gille
Language: French


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[1846]
Testo (forse incompleto) trovato qui.



Per “goguettes” si intendono le “società di canto” che prosperarono in Francia per tutto l’800.
Nelle goguettes la gente si incontrava per mangiare, bere, divertirsi e cantare, e si inventavano nuove canzoni spesso sull’aria di quelle più conosciute. In tempi in cui pochi sapevano leggere e scrivere, la canzone diventava un veicolo per comunicare e – soprattutto negli anni del Secondo Impero – un mezzo per prendersi beffe dei vari potenti o per fare propaganda politica. Inutile dire che fin da subito le mescite dove i goguettiers si ritrovavano furono oggetto di pesanti attenzioni da parte della polizia. Charles Gille ne aveva fondata una sua nel 1839, la goguette “de la Ménagerie”, altrimenti detta “des Animaux” perchè gli affezionati erano soliti darsi nomi di animali. E non era un semplice vezzo artistico: la goguette del Animaux era una sorta di associazione segreta repubblicana ed il suo repertorio era fortemente politicizzato (“Ici on peut dire merde au roi”, era l’introduzione di Gille ad ogni serata) cosicchè gli pseudonimi erano utili a rendere più difficile l’identificazione dei membri. E la polizia ronzava sempre intorno (nella prima metà del secolo fu addirittura il celebre Vidocq, rivoluzionario, criminale e poi poliziotto, ad organizzare la repressione delle goguettes) perché il Potere ha sempre temuto la gente che si incontra, che si diverte e che si confronta, così come il potenziale destabilizzante e rivoluzionario delle canzoni. Sotto Napoleone III si moltiplicarono circolari ed editti che limitavano o vietavano il diritto di riunione. Gli incontri venivano sistematicamente interrotti, i goguettiers sbattuti qualche giorno in cella, le mescite di vino chiuse.
Nel 1846 toccò alla goguette “des Animaux”. Gille, condannato a due mesi di carcere per “attività illegali”, ci scrisse sopra questa canzone, un’invettiva molto dura contro il prefetto che aveva posto fine alla sua goguette.
Negli anni seguenti Gille visse un po’ di espedienti. Chiese anche, senza ottenerlo, il sussidio governativo per gli artisti indigenti. Si suicidò impiccandosi nel 1856 all’età di 36 anni.

Regardez les biens, je vous prie
Je comprends l’arrêt arbitraire
Qui met obstacle à nos plaisirs ;
Ne trouvant pas de bien à faire,
Le mal occupe tes loisirs ;
Sans griefs, toi qui nous garrottes,
De grand cœur nous te maudissons.
En fouets nous changeons nos marottes :
Monseigneur, prends garde aux chansons.

Traquant comme une bête fauve
La pauvre muse à Béranger
Le préfet Anlgès devient chauve
Et perd le boire et le manger.
Malgré ton penchant tyrannique,
Peux-tu mettre dans tes prisons
La poésie et la musique ?
Monseigneur, prends garde aux chansons.

[…]

Il est un fait qui me rassure.
Vous nous traiterez d’étourneaux,
Depuis dix-sept ans de la censure
Le travailleur ne peut s’instruire
A leurs quotidiennes leçons,
Mais il chant sans savoir lire.
Monseigneur, prends garde aux chansons.

C’en est assez sur ce chapitre,
Crois-tu que je veuille implorer
Quelque grâce par cet épître ?
La chanson ne sait pas pleurer.
Le peuple a du sang dans les veines,
Mieux que toi nous le connaissons,
Demain il pèsera ses chaînes.
Monseigneur, prends garde aux chansons.

Contributed by Bartleby - 2010/9/17 - 13:48


Il Béranger citato nella seconda strofa è Pierre-Jean de Béranger, chansonnier molto noto della prima metà dell’800, per anni animatore di una delle società di canto più antiche, la “société du Caveau”. Repubblicano e anticlericale fu perseguitato e imprigionato più volte. Fu anche eletto consigliere a Parigi, ma rifiutò sempre ogni incarico e ogni denaro che gli venisse dal regime. Morì in assoluta povertà nel 1857.

Bartleby - 2010/9/17 - 14:02




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