El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
Del caliente recuerdo
de la libertad
que se le ha negado
en interminables jornadas
de lucha y de trabajo
tan en miseria pagándoselas.
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
De aquellos sus muertos,
ni tampoco de estos,
sus vivos que mueren
por la explotación.
Muerte a muerte
tan viva esta como su recuerdo.
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
Poder cantar sin quejarse,
de no poder hablar sin tener que callarse,
de no poder olvidar, si no acordase,
de no poder olvidar, si no vengase.
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
El pueblo no olvidará Carmona. 1)
El pueblo no olvidará Eibar. 2)
El pueblo no olvidará Erandio. 3)
Herriak ez ditu Donostiko hilketak ahaztuko.
El pueblo no olvidará El Ferrol. 4)
El pueblo no olvidará San Adrián del Besos. 5)
Herriak, herriak ez du Otaegi ahaztuko.
El pueblo vengará a Otaegi. 6)
El pueblo no olvidará a Baena.
El pueblo vengará a Baena. 7)
Herriak ez du Txiki ahaztuko.
El pueblo vengará a Txiki. 8)
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
Del caliente recuerdo
de la libertad
que se le ha negado
en interminables jornadas
de lucha y de trabajo
tan en miseria pagándoselas.
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
De aquellos sus muertos,
ni tampoco de estos,
sus vivos que mueren
por la explotación.
Muerte a muerte
tan viva esta como su recuerdo.
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
Poder cantar sin quejarse,
de no poder hablar sin tener que callarse,
de no poder olvidar, si no acordase,
de no poder olvidar, si no vengase.
El pueblo no olvidará.
Herriak ez du barkatuko.
El pueblo no olvidará Carmona. 1)
El pueblo no olvidará Eibar. 2)
El pueblo no olvidará Erandio. 3)
Herriak ez ditu Donostiko hilketak ahaztuko.
El pueblo no olvidará El Ferrol. 4)
El pueblo no olvidará San Adrián del Besos. 5)
Herriak, herriak ez du Otaegi ahaztuko.
El pueblo vengará a Otaegi. 6)
El pueblo no olvidará a Baena.
El pueblo vengará a Baena. 7)
Herriak ez du Txiki ahaztuko.
El pueblo vengará a Txiki. 8)
El pueblo no olvidará.
1) Carmona – posso sbagliarmi ma il riferimento potrebbe essere all’assassinio di Blas Infante, il “padre della patria” per gli andalusi, avvenuto per mano dei falangisti che lo fucilarono sulla strada per Carmona l’11 agosto del 1936. Più probabilmente, però, come precisa Flavio Poltronieri, il riferimento è alla grande manifestazione tenutasi a Carmona nel 1974 con 30.000 persone, nel corso della quale la popolazione reclamava...acqua. Come altre volte, la guardia civile sparò "in aria", uccidendo Miguel Roldan in mezzo alla strada. Il resoconto dell'evento si può ascoltare nella canzone mozzafiato "Carmona" composta e interpretata da Elisa Serna con lo pseudonimo di Maria Burruca.
2) Éibar è una cittadina nei Paesi Baschi che durante la guerra civile fu completamente rasa al suolo dai falangisti.
3) Erandio è un municipio nei pressi di Bilbao, nei Paesi Baschi. E’ una città industriale, c’è anche un grosso quartiere operaio chiamato Astrabudua…
Alla fine degli anni 60 la industrializzazione selvaggia dell’area produsse un inquinamento così forte che l’aria si fece irrespirabile. Allora la gente cominciò a protestare, chiedendo che le imprese responsabili fossero fermate e punite. Le manifestazioni si susseguirono per tutto settembre e ottobre del 1969. Poi, il 29 ottobre, polizia e guardia civil caricarono la folla sparando: Josu Murueta e Antón Fernández rimasero uccisi, decine furono i feriti…
4) El Ferrol – Il 10 marzo 1972, presso i cantieri navali Bazán a Ferrol – paese natale di Francisco Franco - la polizia sparò sugli operai in sciopero contro la serrata della fabbrica: Amador e Daniel (Amador Rei Rodríguez e Daniel Niebla García), rimasero uccisi.
5) San Adrián del Besos è un sobborgo industriale di Barcellona. Oltre ad essere stata completamente rasa al suolo dai falangisti nel 1938, nei primi anni 70 la città fu teatro di frequenti scioperi delle maestranza operaie che si battevano per il riconoscimento delle 40 ore lavorative settimanali al posto delle 56 che facevano. Durante una di queste manifestazioni, il 2 aprile del 1973, la polizia sparò uccidendo l’operaio Manuel Fernandez Marquez.
6) Ángel Otaegi, detto Cara Quemada, militante dell’ETA, fucilato nella prigione di Burgos il 27 settembre 1975.
7) Baena...
Nel luglio del 1936 i falangisti posero in essere il colpo di stato contro il legittimo governo democratico della Segunda República.
Anche a Baena, una cittadina andalusa nella provincia di Cordoba, alla fine di luglio del 1936 i falangisti capeggiati dal tenente Pascual Sánchez Ramírez cercarono di prendere il controllo del municipio ma incontrarono una forte resistenza armata da parte dei militanti anarchici e del Frente Popular... Poi arrivò una colonna di militari golpisti al comando del colonnello Sáenz de Buruaga e i fascisti ebbero la meglio e si abbandonarono ad una vera e propria mattanza indiscriminata trucidando tra le 700 e le 1500 persone, militanti, operai, contadini o semplicemente gente che aveva avuto la sfortuna di essere rimasta intrappolata lì dall'infuriare della battaglia...
(fonte: es.wikipedia)
8) Juan Paredes Manot, detto Txiki, militante dell’ETA, fucilato a Barcellona il 27 settembre 1975.
2) Éibar è una cittadina nei Paesi Baschi che durante la guerra civile fu completamente rasa al suolo dai falangisti.
3) Erandio è un municipio nei pressi di Bilbao, nei Paesi Baschi. E’ una città industriale, c’è anche un grosso quartiere operaio chiamato Astrabudua…
Alla fine degli anni 60 la industrializzazione selvaggia dell’area produsse un inquinamento così forte che l’aria si fece irrespirabile. Allora la gente cominciò a protestare, chiedendo che le imprese responsabili fossero fermate e punite. Le manifestazioni si susseguirono per tutto settembre e ottobre del 1969. Poi, il 29 ottobre, polizia e guardia civil caricarono la folla sparando: Josu Murueta e Antón Fernández rimasero uccisi, decine furono i feriti…
4) El Ferrol – Il 10 marzo 1972, presso i cantieri navali Bazán a Ferrol – paese natale di Francisco Franco - la polizia sparò sugli operai in sciopero contro la serrata della fabbrica: Amador e Daniel (Amador Rei Rodríguez e Daniel Niebla García), rimasero uccisi.
5) San Adrián del Besos è un sobborgo industriale di Barcellona. Oltre ad essere stata completamente rasa al suolo dai falangisti nel 1938, nei primi anni 70 la città fu teatro di frequenti scioperi delle maestranza operaie che si battevano per il riconoscimento delle 40 ore lavorative settimanali al posto delle 56 che facevano. Durante una di queste manifestazioni, il 2 aprile del 1973, la polizia sparò uccidendo l’operaio Manuel Fernandez Marquez.
6) Ángel Otaegi, detto Cara Quemada, militante dell’ETA, fucilato nella prigione di Burgos il 27 settembre 1975.
7) Baena...
Nel luglio del 1936 i falangisti posero in essere il colpo di stato contro il legittimo governo democratico della Segunda República.
Anche a Baena, una cittadina andalusa nella provincia di Cordoba, alla fine di luglio del 1936 i falangisti capeggiati dal tenente Pascual Sánchez Ramírez cercarono di prendere il controllo del municipio ma incontrarono una forte resistenza armata da parte dei militanti anarchici e del Frente Popular... Poi arrivò una colonna di militari golpisti al comando del colonnello Sáenz de Buruaga e i fascisti ebbero la meglio e si abbandonarono ad una vera e propria mattanza indiscriminata trucidando tra le 700 e le 1500 persone, militanti, operai, contadini o semplicemente gente che aveva avuto la sfortuna di essere rimasta intrappolata lì dall'infuriare della battaglia...
(fonte: es.wikipedia)
8) Juan Paredes Manot, detto Txiki, militante dell’ETA, fucilato a Barcellona il 27 settembre 1975.
Contributed by Alessandro - 2009/10/28 - 13:47
Language: English
Mi traducción al inglés, probablemente no demasiado buena. Entre corchetes he puesto la traducción de los versos en vasco.
PEOPLE SHALL NOT FORGET!
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
Of the warm memory
of freedom,
which have been denied to them
in endless struggle and work
days,
paid in such misery.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
Of those their dead ones,
nor of these,
their live ones that die
by the exploitation.
Dead by dead
as alive as their memory.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
To be able to sing without complaining,
of cannot talk without having of shut up,
of cannot forget, but remember,
of cannot forget, but take revenge.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
People shall not forget Carmona.
People shall not forget Eibar.
People shall not forget Erandio.
[People shall not forget San Sebastian’s deads]
People shall not forget El Ferrol.
People shall not forget San Adrián del Besós
[People, people shall not forget Otaegi.]
People shall revenge Otaegi.
People shall not forget Baena.
[People shall not forget Txiki]
People shall revenge Txiki.
People shall not forget.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
Of the warm memory
of freedom,
which have been denied to them
in endless struggle and work
days,
paid in such misery.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
Of those their dead ones,
nor of these,
their live ones that die
by the exploitation.
Dead by dead
as alive as their memory.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
To be able to sing without complaining,
of cannot talk without having of shut up,
of cannot forget, but remember,
of cannot forget, but take revenge.
People shall not forget!
[People shall not forgive!]
People shall not forget Carmona.
People shall not forget Eibar.
People shall not forget Erandio.
[People shall not forget San Sebastian’s deads]
People shall not forget El Ferrol.
People shall not forget San Adrián del Besós
[People, people shall not forget Otaegi.]
People shall revenge Otaegi.
People shall not forget Baena.
[People shall not forget Txiki]
People shall revenge Txiki.
People shall not forget.
Contributed by Gustavo Sierra Fernández - 2011/12/12 - 02:33
Language: Italian
Versione italiana di Flavio Poltronieri
Vorrei precisare che nel mese di agosto del 1974, si è tenuta a CARMONA una grande manifestazione con 30.000 persone, nel corso della quale la popolazione reclamava...acqua. Come altre volte, la guardia civile sparò "in aria", uccidendo Miguel Roldan in mezzo alla strada. Il resoconto dell'evento si può ascoltare nella canzone mozzafiato "Carmona" composta e interpretata da Elisa Serna con lo pseudonimo di Maria Burruca.
Flavio Poltronieri
Vorrei precisare che nel mese di agosto del 1974, si è tenuta a CARMONA una grande manifestazione con 30.000 persone, nel corso della quale la popolazione reclamava...acqua. Come altre volte, la guardia civile sparò "in aria", uccidendo Miguel Roldan in mezzo alla strada. Il resoconto dell'evento si può ascoltare nella canzone mozzafiato "Carmona" composta e interpretata da Elisa Serna con lo pseudonimo di Maria Burruca.
Flavio Poltronieri
IL POPOLO NON DIMENTICHERÀ!
Nè il ricordo bruciante
della libertà
che gli è stata rifiutata
nè queste giornate interminabili
di lotta e di lavoro
con la miseria per saldo del conto.
Il popolo non dimenticherà!
Nè tutti i suoi morti
nè i suoi vivi
che muoiono a loro volta
sotto lo sfruttamento.
Morti strettamente unite
altrettanto vive che il ricordo.
Il popolo non dimenticherà!
Che non può cantare senza lamentarsi,
che non può parlare senza dover tacere,
che non può dimenticare, ma ricordarsi,
che non può dimenticare, ma vendicarsi.
Il popolo non dimenticherà!
Il popolo non dimenticherà Carmona!
Il popolo non dimenticherà Eibar!
Il popolo non dimenticherà Erandio!
La città di San Sebastian non ha dimenticato gli assassinii!
Il popolo non dimenticherà El Ferrol!
Il popolo non dimenticherà San Adriàn del Besos!
Il popolo non dimenticherà!
Il popolo non dimenticherà!
Il popolo non ha dimenticato Otaegi!
Il popolo vendicherà Otaegi!
Il popolo non dimenticherà Baena!
Il popolo vendicherà Baena!
Il popolo vendicherà Txiki!
Il popolo non dimenticherà Txiki!
Il popolo non dimenticherà!
Nè il ricordo bruciante
della libertà
che gli è stata rifiutata
nè queste giornate interminabili
di lotta e di lavoro
con la miseria per saldo del conto.
Il popolo non dimenticherà!
Nè tutti i suoi morti
nè i suoi vivi
che muoiono a loro volta
sotto lo sfruttamento.
Morti strettamente unite
altrettanto vive che il ricordo.
Il popolo non dimenticherà!
Che non può cantare senza lamentarsi,
che non può parlare senza dover tacere,
che non può dimenticare, ma ricordarsi,
che non può dimenticare, ma vendicarsi.
Il popolo non dimenticherà!
Il popolo non dimenticherà Carmona!
Il popolo non dimenticherà Eibar!
Il popolo non dimenticherà Erandio!
La città di San Sebastian non ha dimenticato gli assassinii!
Il popolo non dimenticherà El Ferrol!
Il popolo non dimenticherà San Adriàn del Besos!
Il popolo non dimenticherà!
Il popolo non dimenticherà!
Il popolo non ha dimenticato Otaegi!
Il popolo vendicherà Otaegi!
Il popolo non dimenticherà Baena!
Il popolo vendicherà Baena!
Il popolo vendicherà Txiki!
Il popolo non dimenticherà Txiki!
Il popolo non dimenticherà!
Contributed by Flavio Poltronieri - 2013/11/26 - 11:39
Language: Finnish
Traduzione / Translation / Traduction / Suomennos: Juha Rämö
KANSA EI UNOHDA
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Lämmintä muistoa
vapauden,
joka siltä on kielletty
ainaisen taistelun ja raadannan
päivinä
ja jonka hintana on tämä kurjuus.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Kuolleitaan
eikä niitä eläviään,
jotka kuolevat
riiston vuoksi.
Kuollut kuolleesta,
yhtä elävänä kuin muistonsa.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Että voi laulaa valittamatta,
puhua vaikenematta,
että ei unohda vaan muistaa,
että ei unohda vaan kostaa.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Kansa ei unohda: Carmona. 1)
Kansa ei unohda: Eibar. 2)
Kansa ei unohda: Erandio. 3)
Kansa ei unohda: San Sebastiánin kuolleet. 4)
Kansa ei unohda: El Ferrol. 5)
Kansa ei unohda: San Adrián del Besós. 6)
Kansa, kansa ei unohda: Otaegi. 7)
Kansa kostaa: Otaegi.
Kansa ei unohda: Baena. 8)
Kansa ei unohda: Txiki. 9)
Kansa kostaa: Txiki.
Kansa ei unohda.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Lämmintä muistoa
vapauden,
joka siltä on kielletty
ainaisen taistelun ja raadannan
päivinä
ja jonka hintana on tämä kurjuus.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Kuolleitaan
eikä niitä eläviään,
jotka kuolevat
riiston vuoksi.
Kuollut kuolleesta,
yhtä elävänä kuin muistonsa.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Että voi laulaa valittamatta,
puhua vaikenematta,
että ei unohda vaan muistaa,
että ei unohda vaan kostaa.
Kansa ei unohda.
Kansa ei anna anteeksi.
Kansa ei unohda: Carmona. 1)
Kansa ei unohda: Eibar. 2)
Kansa ei unohda: Erandio. 3)
Kansa ei unohda: San Sebastiánin kuolleet. 4)
Kansa ei unohda: El Ferrol. 5)
Kansa ei unohda: San Adrián del Besós. 6)
Kansa, kansa ei unohda: Otaegi. 7)
Kansa kostaa: Otaegi.
Kansa ei unohda: Baena. 8)
Kansa ei unohda: Txiki. 9)
Kansa kostaa: Txiki.
Kansa ei unohda.
1) Viittaa Blas Infante Pérez de Vargasiin, andalusialaiseen nationalistiin, jonka Francon falangistit murhasivat Sevillan ja Carmonan välisellä maantiellä elokuussa 1936.
2) Pikkukaupunki, joka sijaitsee Espanjan Baskimaassa ja jonka falangistit tuhosivat sisällissodan aikana.
3) Bilbaon liepeillä Espanjan Baskimaassa sijaitseva kunta, missä kymmeniä mielenosoittajia sai surmansa armeijan ja poliisin tulituksessa lokakuussa 1969.
4) San Sebastián, baskiksi Donostia, on Biskajan maakunnassa Espanjan Baskimaassa sijaitseva kaupunki, jonka Francon joukot valtasivat loppuvuodesta 1936. Valtausta seuranneen miehityksen aikana yli tuhat tasavaltalaista teloitettiin ja kymmenet tuhannet joutuivat pakenemaan kaupungista.
5) Diktaattori Francon syntymäkaupunki, missä kaksi mielenosoittajaa kuoli ja yli 40 haavoittui poliisin tulituksessa maaliskussa 1972.
6) Barcelonan talousalueella sijaitseva kaupunki, jonka falangistit tuhosivat vuonna 1938 ja missä poliisit avasivat tulen parempia työoloja vaatineita mielenosoittajia vastaan huhtikuussa 1973.
7) Ángel Otaegi Exteberria oli baskilaisen ETA-järjestön vapaustaistelija, joka teloitettiin Burgosin vankilassa syyskuussa 1975 vain kaksi kuukautta ennen diktaattori Francon kuolemaa.
8) Córdoban maakunnassa Andalusiassa sjaitseva kaupunki, jossa sisällissodan alkuvaiheessa murhattiin ainakin 700, joidenkin lähteiden mukaan jopa 2 000 tasavaltalaista eversti Eduardo Sáenz de Buruagan johtamassa verilöylyssä.
9) Juan Paredes Manot, vrt. alaviite 7.
2) Pikkukaupunki, joka sijaitsee Espanjan Baskimaassa ja jonka falangistit tuhosivat sisällissodan aikana.
3) Bilbaon liepeillä Espanjan Baskimaassa sijaitseva kunta, missä kymmeniä mielenosoittajia sai surmansa armeijan ja poliisin tulituksessa lokakuussa 1969.
4) San Sebastián, baskiksi Donostia, on Biskajan maakunnassa Espanjan Baskimaassa sijaitseva kaupunki, jonka Francon joukot valtasivat loppuvuodesta 1936. Valtausta seuranneen miehityksen aikana yli tuhat tasavaltalaista teloitettiin ja kymmenet tuhannet joutuivat pakenemaan kaupungista.
5) Diktaattori Francon syntymäkaupunki, missä kaksi mielenosoittajaa kuoli ja yli 40 haavoittui poliisin tulituksessa maaliskussa 1972.
6) Barcelonan talousalueella sijaitseva kaupunki, jonka falangistit tuhosivat vuonna 1938 ja missä poliisit avasivat tulen parempia työoloja vaatineita mielenosoittajia vastaan huhtikuussa 1973.
7) Ángel Otaegi Exteberria oli baskilaisen ETA-järjestön vapaustaistelija, joka teloitettiin Burgosin vankilassa syyskuussa 1975 vain kaksi kuukautta ennen diktaattori Francon kuolemaa.
8) Córdoban maakunnassa Andalusiassa sjaitseva kaupunki, jossa sisällissodan alkuvaiheessa murhattiin ainakin 700, joidenkin lähteiden mukaan jopa 2 000 tasavaltalaista eversti Eduardo Sáenz de Buruagan johtamassa verilöylyssä.
9) Juan Paredes Manot, vrt. alaviite 7.
Contributed by Juha Rämö - 2016/10/23 - 15:59
...vorrei segnalare che i GWENDAL erano (e sono, anche se oggi i suoni non hanno niente a che vedere con quelli del passato) un gruppo francese, nessuno dei loro componenti era bretone, nè la musica (assolutamente straordinaria) che facevano si poteva ascrivere a quell'area geografica, l'unica cosa che li accumunava a quel genere musicale è l'avere arrangiato un paio di an dro nei primi due loro dischi, ma la cosa è irrilevante in quanto hanno anche suonato reggae, gighe, be bop...(con la medesima grazia)
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 2014/2/23 - 16:17
Os pongo unas notas sobre los sucesos de los que habla Imanol en esta canción:
Carmona es un municipio de Sevilla. Allí, en 1974, los vecinos hicieron una marcha de protesta para pedir agua, pero la Guardia Civil la disolvió a disparos. Hubo varios heridos de bala y un muerto: Miguel Roldán. Otra canción de Elisa Serna, "Agüita pa beber", habla de este hecho.
En Éibar hubo dos sucesos de los que puede hablar Imanol. El primero ocurrió en 1970, cuando el joven Roberto Pérez fue asesinado por un policía de paisano (probablemente uno de la Brigada Político-social) en una manifestación contra el infame Proceso de Burgos. El otro fue el asesinato en 1976 de Roberto Soliño cuando salía del III Certamen de la Canción Vasca de una discoteca.
Sobre Donostia/ San Sebastián sólo he encontrado el asesinato en los cuarteles de la Guardia Civil de Koldo Arriola, apresado por cantar canciones nacionalistas vascas junto a sus amigos. Pero Imanol habla de varios muertos (hilketak)...
Y, finalmente (porque lo demás es correcto y está bien), Baena. Pienso que no se trata de la localidad, sino de Xosé (José en gallego) Humberto Baena, miembro del FRAP, que fue uno de los 5 fusilados en Septiembre de 1975.
En esta página hay una relación interesante, dolorosa e indignante de víctimas del fascismo en España desde los años 50 hasta los 80.
Carmona es un municipio de Sevilla. Allí, en 1974, los vecinos hicieron una marcha de protesta para pedir agua, pero la Guardia Civil la disolvió a disparos. Hubo varios heridos de bala y un muerto: Miguel Roldán. Otra canción de Elisa Serna, "Agüita pa beber", habla de este hecho.
En Éibar hubo dos sucesos de los que puede hablar Imanol. El primero ocurrió en 1970, cuando el joven Roberto Pérez fue asesinado por un policía de paisano (probablemente uno de la Brigada Político-social) en una manifestación contra el infame Proceso de Burgos. El otro fue el asesinato en 1976 de Roberto Soliño cuando salía del III Certamen de la Canción Vasca de una discoteca.
Sobre Donostia/ San Sebastián sólo he encontrado el asesinato en los cuarteles de la Guardia Civil de Koldo Arriola, apresado por cantar canciones nacionalistas vascas junto a sus amigos. Pero Imanol habla de varios muertos (hilketak)...
Y, finalmente (porque lo demás es correcto y está bien), Baena. Pienso que no se trata de la localidad, sino de Xosé (José en gallego) Humberto Baena, miembro del FRAP, que fue uno de los 5 fusilados en Septiembre de 1975.
En esta página hay una relación interesante, dolorosa e indignante de víctimas del fascismo en España desde los años 50 hasta los 80.
Gustavo Sierra Fernández - 2011/12/12 - 02:29
Per Alessandro/Bartleby, rispondendo alla vecchia questione espressa nell'introduzione a questa canzone. L'idea che ti eri fatto è giustissima: la frase "herriak ez du barkatuko" significa proprio "Il popolo non (lo) perdonerà" (e qui mi rivolgo anche a chi, poi, ha tradotto la canzone). Il verbo basco "barkatu" è un antichissimo prestito, come tanti altri, dal latino "parcere", perdonare (cfr. "parce sepultis", perdona ai sepolti, ai morti). Il basco, pur non essendo neppure una lingua indoeuropea, è infarcito di prestiti latini molto antichi, come ad esempio "bake", pace (< pacem) o "errege", re (< regem). Si hanno casi in cui il basco conserva termini latini scomparsi invece dalle lingue neolatine, come "atxuri", capretto (< lat. haediolum).
Agur! (< lat. augurium).
Agur! (< lat. augurium).
Riccardo Venturi - 2014/9/27 - 17:39
Cari Amici tutti, vorrei precisare che il disco si intitola
"herriak ez du barkatuko!": è un'affermazione del caro compianto Imanol ed essendo uno degli innumerevoli capolavori licenziati dalla "Le Chant du Monde" reca come sottotitolo "Le Peuple Ne Pardonnera Pas!" che conferma le affermazioni di Alessandro e Riccardo. Tuttavia, non esiste una canzone all'interno dell'LP che rechi quel titolo. Si trova invece il brano in questione dal titolo in spagnolo "El Pueblo no olvidará" (tradotto a fianco anche in francese "Le Peuple n'oubliera pas") che sia Gustavo Sierra Fernández che il sottoscritto hanno tradotto rispettivamente con "People shall not forget!" e "Il popolo non dimenticherà!". Credo quindi si sia trattato di un semplice equivoco che spero questa mia precisazione servirà a dissipare.
Flavio Poltronieri
"herriak ez du barkatuko!": è un'affermazione del caro compianto Imanol ed essendo uno degli innumerevoli capolavori licenziati dalla "Le Chant du Monde" reca come sottotitolo "Le Peuple Ne Pardonnera Pas!" che conferma le affermazioni di Alessandro e Riccardo. Tuttavia, non esiste una canzone all'interno dell'LP che rechi quel titolo. Si trova invece il brano in questione dal titolo in spagnolo "El Pueblo no olvidará" (tradotto a fianco anche in francese "Le Peuple n'oubliera pas") che sia Gustavo Sierra Fernández che il sottoscritto hanno tradotto rispettivamente con "People shall not forget!" e "Il popolo non dimenticherà!". Credo quindi si sia trattato di un semplice equivoco che spero questa mia precisazione servirà a dissipare.
Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 2014/9/27 - 18:18
Gianni Sartori - 2020/9/26 - 16:13
AGUR ETA OHORE, AMA
IL 22 LUGLIO LA MAMMA DEL TXIKI LO HA RAGGIUNTO, ENTRAMBI LIBERI ALLA FINE
GIANNI SARTORI
L'anno prossimo saranno cinquant'anni. Il 27 settembre 1975 veniva fucilato davanti al cimitero di Cerdanyola(Catalunya) Juan Paredes Manot conosciuto come “Txiki”. In questi giorni, il 22 luglio, anche sua madre Antonia María Manot se n'è andata. Dopo aver portato con grande dignità il peso di un dolore incommensurabile per 49 anni.
Recentemente il giornale basco Naiz aveva ricordato un episodio allucinante (o semplicemente grottesco, comunque ingiustificabile) risalente al 27 settembre 2009 quando i militi dell'Ertzaintza (la polizia “autonoma” basca) erano penetrati in forze nel cimitero di Zarautz in cerca di non meglio precisati “terroristi”. Incontrando soltanto le facce perplesse prima ancora che indignate della mamma del Txiki, dei suoi fratelli e di tanti altri parenti e amici che con una cerimonia funebre volevano ricordare il coraggioso, giovanissimo combattente basco assassinato dall'ormai agonizzante regime franchista.
Dovendo comunque giustificare la loro inopportune presenza, se la presero con le bandiere basche (l'ikurrina) che ricoprivano la tomba. Pretendendo inoltre la sospensione della mesta cerimonia (“ordini da Madrid” si giustificarono).
Sempre il 27 settembre 1975 un altro basco, Angel Otaegi, veniva fucilato nel carcere di Villalón. Così come tre esponenti del FRAP (Xosé Humberto Baena, Ramon García Sanz e José Luis Sánchez Bravo) a Hoyo de Manzanares.
Da più parti si interpretò la decisione di fucilarli (in alternativa all'ignobile garrota) come un gesto di estrema magnanimità da parte del boia Franco.
E in effetti lo stesso Txiki avrebbe chiesto, tramite i suoi avvocati Marc Palmés (1943-2005) e MagdaOranich, di venir fucilato. Ma in realtà le cose sarebbero andate diversamente. Il dittatore pretendeva che le cinque esecuzioni avvenissero nel medesimo giorno (per ragioni evidenti di “spettacolarizzazione), ma aveva a disposizione soltanto due boia patentati (uno dei quali, Antonio López Sierra, l'anno prima aveva giustiziato l'anarchico catalano Salvador Puig Antich).
Mentre evidentemente nei ranghi della Guardia Civil non mancavano i volontari disponibili per fucilare due etarra e tre comunisti.
Conoscevo bene il cimitero di Zarautz e la tomba del Txiki avendoli visitati insieme al fratello Mikel (quello che aveva assistito all'infame fucilazione, quando sul giovane basco venne praticato un impietoso tiro a segno prolungandone l'agonia). In precedenza l'avevo cercato anche a Cerdanyola, ma come ho già raccontato ero arrivato tardi. “I baschi sono venuti a riprenderselo” mi aveva spiegato un anziano antifascista del luogo.
Per maggiori informazioni vedi:
https://centrostudidialogo.com/2020/09...
E ora sua madre lo ha finalmente raggiunto.
Aveva perso un figlio (“mi Jon” lo chiamava affettuosamente ogni qualvolta lo ricordava), ma in qualche modo ne aveva acquistati tanti altri nel Paese basco:
”Perdí un hijo, pero gané mucho en Euskadi”.
E infatti:
“...desde entonces, muchos jóvenes me llaman ‘ama’ por la calle”
Alla notizia fatalmente ho ripensato ad altri genitori di militanti uccisi che ho conosciuto: Peggy e Jim O'Hara (genitori di Patsy O'Hara), Giuliano e Haidi Giuliani (genitori di Carlo Giuliani), Ernesto Guevara Lynch (il padre del CHE)...
Duro destino il loro. Sopravvivere alla morte del figlio mantenendo il ricordo e alimentando gli ideali per cui aveva lottato.
Antonia María Manot era partita tanto tempo fa, carica di speranze, da Zalamea de la Serena (dove era nata nel 1928) nell'Estremadura per raggiungere nel 1962 la costa dell'Atlantico, conquistare una vita degna per sé e per i figli al prezzo di tanti sacrifici. Ed è sicuramente alquanto significativo che un figlio di proletari immigrati sia diventato in qualche modo l'eroe nazionale di Euskal Herria (senza esagerare potremmo definirlo il CHE Guevara basco).
Così che da quel giorno infausto del 1975, la sinistra abertzale celebra il Gudari Eguna (“Giorno del combattente”) il 27 settembre. Rompendo con la tradizione precedente del PNV che lo celebrava il 28 ottobre (fucilazione di 42 gudari nel 1937 a Santona durante la Guerra Civile).
Gianni Sartori
IL 22 LUGLIO LA MAMMA DEL TXIKI LO HA RAGGIUNTO, ENTRAMBI LIBERI ALLA FINE
GIANNI SARTORI
L'anno prossimo saranno cinquant'anni. Il 27 settembre 1975 veniva fucilato davanti al cimitero di Cerdanyola(Catalunya) Juan Paredes Manot conosciuto come “Txiki”. In questi giorni, il 22 luglio, anche sua madre Antonia María Manot se n'è andata. Dopo aver portato con grande dignità il peso di un dolore incommensurabile per 49 anni.
Recentemente il giornale basco Naiz aveva ricordato un episodio allucinante (o semplicemente grottesco, comunque ingiustificabile) risalente al 27 settembre 2009 quando i militi dell'Ertzaintza (la polizia “autonoma” basca) erano penetrati in forze nel cimitero di Zarautz in cerca di non meglio precisati “terroristi”. Incontrando soltanto le facce perplesse prima ancora che indignate della mamma del Txiki, dei suoi fratelli e di tanti altri parenti e amici che con una cerimonia funebre volevano ricordare il coraggioso, giovanissimo combattente basco assassinato dall'ormai agonizzante regime franchista.
Dovendo comunque giustificare la loro inopportune presenza, se la presero con le bandiere basche (l'ikurrina) che ricoprivano la tomba. Pretendendo inoltre la sospensione della mesta cerimonia (“ordini da Madrid” si giustificarono).
Sempre il 27 settembre 1975 un altro basco, Angel Otaegi, veniva fucilato nel carcere di Villalón. Così come tre esponenti del FRAP (Xosé Humberto Baena, Ramon García Sanz e José Luis Sánchez Bravo) a Hoyo de Manzanares.
Da più parti si interpretò la decisione di fucilarli (in alternativa all'ignobile garrota) come un gesto di estrema magnanimità da parte del boia Franco.
E in effetti lo stesso Txiki avrebbe chiesto, tramite i suoi avvocati Marc Palmés (1943-2005) e MagdaOranich, di venir fucilato. Ma in realtà le cose sarebbero andate diversamente. Il dittatore pretendeva che le cinque esecuzioni avvenissero nel medesimo giorno (per ragioni evidenti di “spettacolarizzazione), ma aveva a disposizione soltanto due boia patentati (uno dei quali, Antonio López Sierra, l'anno prima aveva giustiziato l'anarchico catalano Salvador Puig Antich).
Mentre evidentemente nei ranghi della Guardia Civil non mancavano i volontari disponibili per fucilare due etarra e tre comunisti.
Conoscevo bene il cimitero di Zarautz e la tomba del Txiki avendoli visitati insieme al fratello Mikel (quello che aveva assistito all'infame fucilazione, quando sul giovane basco venne praticato un impietoso tiro a segno prolungandone l'agonia). In precedenza l'avevo cercato anche a Cerdanyola, ma come ho già raccontato ero arrivato tardi. “I baschi sono venuti a riprenderselo” mi aveva spiegato un anziano antifascista del luogo.
Per maggiori informazioni vedi:
https://centrostudidialogo.com/2020/09...
E ora sua madre lo ha finalmente raggiunto.
Aveva perso un figlio (“mi Jon” lo chiamava affettuosamente ogni qualvolta lo ricordava), ma in qualche modo ne aveva acquistati tanti altri nel Paese basco:
”Perdí un hijo, pero gané mucho en Euskadi”.
E infatti:
“...desde entonces, muchos jóvenes me llaman ‘ama’ por la calle”
Alla notizia fatalmente ho ripensato ad altri genitori di militanti uccisi che ho conosciuto: Peggy e Jim O'Hara (genitori di Patsy O'Hara), Giuliano e Haidi Giuliani (genitori di Carlo Giuliani), Ernesto Guevara Lynch (il padre del CHE)...
Duro destino il loro. Sopravvivere alla morte del figlio mantenendo il ricordo e alimentando gli ideali per cui aveva lottato.
Antonia María Manot era partita tanto tempo fa, carica di speranze, da Zalamea de la Serena (dove era nata nel 1928) nell'Estremadura per raggiungere nel 1962 la costa dell'Atlantico, conquistare una vita degna per sé e per i figli al prezzo di tanti sacrifici. Ed è sicuramente alquanto significativo che un figlio di proletari immigrati sia diventato in qualche modo l'eroe nazionale di Euskal Herria (senza esagerare potremmo definirlo il CHE Guevara basco).
Così che da quel giorno infausto del 1975, la sinistra abertzale celebra il Gudari Eguna (“Giorno del combattente”) il 27 settembre. Rompendo con la tradizione precedente del PNV che lo celebrava il 28 ottobre (fucilazione di 42 gudari nel 1937 a Santona durante la Guerra Civile).
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/7/29 - 17:42
“Mañana, cuando yo muera, no me vengáis a llorar. Nunca estaré bajo tierra, soy viento de libertad”
(frase attribuita a Ernesto CHE Guevara e ripresa dal Txiki nel giorno della sua esecuzione, 27 settembre 1975)
1975-2025: IN MEMORIA DEL TXIKI
Gianni Sartori
Se la frase consegnata dal Txiki al fratello Mikel (o all’avvocato Marc Palmes) poco prima di essere fucilato è relativamente nota, anche il suo “testamento” al Popolo Basco meriterebbe considerazione. Come testimonianza di un altro “stile di vita”, di dedizione totale e disinteressata alla causa della Giustizia e della Libertà.
Ben sapendo che “quando leggerete questo comunicato io sarò caduto sotto il plotone di esecuzione - volle comunque scriverlo per “mettere in evidenza ancora una volta la repressione subita dal popolo basco e da tutti i popoli di Spagna”.
Senza mai dimenticare “che il nostro obiettivo è la creazione di uno Stato Socialista Basco, per cui hanno dato la vita tanti militanti rivoluzionari…”.
E in particolare si rivolge alla classe lavoratrice affinché, dopo aver abbattuto il regime franchista, continui a lottare per “costruire una società nuova, senza classi, dove non esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.
Concludendo con un lapidario: “…os toca a vosotros hacer justicia”.
Altri tempi, certo. Speranze, - o sogni - ormai improponibili. Eppure - se pur per il tempo di un attimo -alloraapparvero realizzabili (ma forse era già troppo tardi…).
Questo - giusto mezzo secolo fa - fu comunque l’estremo lascito del giovane militante di Euskadi Ta Askatasuna Jon Paredes Manot,detto il “Txiki” (piccolo). Uno dei cinque militanti antifascisti fucilati dal regime fascista spagnolo ormai in agonia (54 giorni prima della morte di Franco caduta il 20 novembre 1975).
Dicevo che è passato mezzo secolo. E quel mondo semplicemente non esiste più. Parlare oggi di ETA (o di IRA, Inla, Iparretarrak, MIL, FLNC, Terra Lliure…) appare obsoleto (fuori tempo massimo).
Anche se alcuni di questi movimenti (allora conosciuti come “di liberazione nazionale”) nel secolo scorso coinvolsero - o travolsero - una parte non insignificante della gioventù europea (irlandesi,baschi, galleghi, bretoni, corsi, catalani…).
Infatti (dall’Irlanda ai Paesi Baschi, alla Corsica…) il conflitto ha trovato ormai la sua soluzione politica, bene o male.
In maniera tutto sommato soddisfacente in Irlanda (fine delle discriminazioni, cogestione del potere locale in Irlanda del Nord, liberazione dei prigionieri…), forse un po’ meno nei Paesi Baschi. Dove comunque il partito E.H. Bildu (la sinistra aberzale, erede di herri batasuna e di Batasuna) partecipa attivamente alla vita democratica.
Per comprendere quel periodo dobbiamo come si dice “contestualizzarlo”. Per quanto riguarda la Spagna, tornare con la mente alle centinaia di migliaia di vittime (in gran parte dopo la fine della guerra civile) che riempirono le fosse comuni della penisola iberica in epoca franchista. Alla repressioneche colpi con particolare durezza Euskal Herria anche dopo la morte del caudillo. Vedi nel 1976 con i fatti di Jurramendi, la strage di Vitoria-Gasteiz, l’eliminazione dei rifugiati baschi in Francia come Pertur…
Eventi a cui avevano preso parte anche alcuni fascisti italiani rifugiati in Spagna. Compresi quelli che poi si trasferirono, con le competenze acquisite (partecipazione alle squadre della morte, “guerra psicologica”…), in America Latina.
Personaggi come Concutelli che nel luglio 1976 uccise il giudice Occorsio con una mitraglietta Ingram in dotazione alla Guardia Civil (forse già utilizzata per colpire i rifugiati nel Paese Basco “francese). Fortemente sospettato del rapimento (sempre nel luglio 1976) del militante basco Pertur, poi desaparecido.
O come Delle Chiaie e Cauchi, entrambi fotografatitra gli squadristi a Montejurra (Jurramendiko hilketak). Ma anche Pozzan e Fachini (stretti collaboratori di Freda). E perfino Cicuttini, quello a cui Almirante avrebbe consegnato 25 milioni per un’operazione alla gola (in quanto la sua voce poteva incriminarlo come il telefonista della strage di Peteano del 1972). Sospettato di aver partecipato (in veste di “palo”) alla “Matanza de Atocha” del gennaio 1977. Costata la vita a tre giuslavoristi (Enrique Valdelvira Ibáñez, Luis Javier Benavides Orgaz e Francisco Javier Sauquillo), a uno studente di legge(Serafín Holgado) e a un sindacalista (Ángel Rodríguez Leal). Oltre a numerosi di feriti (Alejandro Ruiz-Huerta Carbonell, Luis Ramos Pardo, Lola González Ruiz…). Le vittime erano aderenti al Partido Comunista de España e alle CCOO (Comisiones Obreras).
E poi Giannettini, Calore, Vinciguerra…e fascisteria varia.
Per la cronaca locale, vicentina, stando a quanto ebbe a dichiarare al collega Salvini, anche Ivan Biondo durante la sua latitanza avrebbe trascorso un lungo periodo nei Paesi Baschi “spagnoli”.
Tornando al 27 settembre 1975, in quel giorno infaustotre militanti del FrenteRevolucionario Antifascista y Patriota (José Humberto Baena, Ramón García e José Luis Sánchez) vennero giustiziati in una caserma di Hoyo de Manzanares (Madrid). Un altro basco (un etarra), Ángel Otaegui Echeverría, nel carcere di Burgos. Mentre il Txiki fu ucciso nei pressi di un cimitero a nord di Barcellona.
L’estate del 1975 andasse spegnandosi malinconicamente. L’anno prima avevamo manifestato decine di volte (anche davanti ad ambasciate e consolati spagnoli) per fermare la condanna a morte contro il libertario catalano Salvador Puigh Antich (Metge, militante del Movimento Iberico di Liberazione-Gruppo Autonomo di Combattimento, conosciuto anche come Gruppo 1000). Invano. Salvador divenne, insieme all’apolide e rapinatore Heinz Chez (in realtà Geog Michael Welzel, fuggito dalla Germania dell’Est, ma all’epoca erroneamente definito “di origine polacca”) ), una delle due ultime vittime dell’infame garrote (2 marzo 1974).
Ora il copione stava per ripetersi con Jon Paredes Manot (militante di Euskadi Ta Askatasuna) e altri quattro antifascisti.
Forse suo malgrado, questo figlio di immigrati dall’Estremadura (soprannominato Txiki, piccolo in euskara) era destinato a diventare il CHE Guevara dei baschi. Da allora infatti il 27 settembre si celebra il Gudari Eguna, il Giorno del combattente basco. Inutili gli innumerevoli appelli e le manifestazioni che si svolgevano in ogni angolo del pianeta, dall’Europa al Sudamerica.
All’epoca si raccontava che le fucilazioni erano una “concessione umanitaria” di Franco. Per risparmiare loro la morte, dolorosissima e infame, del garrote (l’agonia di Puig Antich era durata circa mezz’ora). Una risposta del cattolicissimo Franco agli appelli del Papa (e anche alla richiesta esplicita del Txiki, presentata dal suo avvocato).
In realtà in tempi recenti si è scoperto che in quel momento il regime aveva a disposizione soltanto due boia patentati. Per cui non poteva garantire la simultaneità, efficacemente spettacolare, delle cinque esecuzioni. Dato che i condannati si trovavano in carceri diverse e lontane tra loro. Altro che “compassione”!
Nel 1987, durante un viaggio in bicicletta nei Paisos Catalans, grazie alle indicazioni di Marc Palmes (l’avvocato catalano che insieme a Magda Oranich difese il Txiki), avevo individuato il luogo dell’esecuzione: Sardanyola, a circa 20 km da Barcellona.
“Il processo – mi spiegò Palmes – era cominciato il 19 settembre e una settimana dopo Jon veniva già fucilato. Come quello contro Puigh Antich anche questo processo si svolse nella Sala d’atti del Governo Militare di Barcellona, presidiata da polizia e esercito. Inutile dire che non ci venne lasciato neanche il tempo di prepararci adeguatamente”.
L’accusa sosteneva che Jon era uno dei componenti del commando che il 16 giugno 1975 aveva assaltato a Barcellona una filiale del banco di Santander. Nel corso della rapina era rimasto ucciso un caporale della Policia armada.
Continuava Palmes: “Txiki rivendicò la sua appartenenza a ETA ma, per quanto riguardava la rapina, sostenne sempre di essersi trovato in quel momento a Perpignan, in Francia. I testimoni apparvero quantomeno reticenti, condizionati o manipolati. Molti caddero in pesanti contraddizioni con le deposizioni rese in un primo tempo. Nuovi sedicenti “testimoni” (in realtà poliziotti in borghese, come venne poi accertato) che non erano mai stati nemmeno nominati in istruttoria apparvero a deporre in aula. Il PM, come previsto, richiese la pena di morte tramite garrotamento (poi mutata in fucilazione)”.
Come dichiarò l’imputato e come sostenne Palmes nell’arringa, la prima deposizione era stata estorta con la tortura. L’avvocato denunciò anche la mancata trascrizione agli atti di alcune dichiarazioni del Txiki, oltre a numerose altre irregolarità quali l’omissione di prove a favore durante l’istruttoria e il processo. Non erano state eseguite né l’autopsia, né la perizia balistica e non erano state rilevate le impronte digitali. “D’altra parte – concludeva Palmes – la condanna era già stata emessa molto prima della sentenza”.
Txiki venne condotto sul luogo dell’esecuzione, il muro esterno del cimitero di Sardanyola, in un furgone scortato da centinaia di poliziotti. Al coraggioso avvocato, scomparso una ventina di anni fa, venne concesso (come al fratello Mikel e a Magda Oranich) di assistere alla fucilazione. Prima di venir legato ad un albero, il giovane gli consegnò un biglietto scritto a mano con la frase attribuita a CHE Guevara:
“Mañana, cuando yo muera, no me vengáis a llorar. Nunca estaré bajo tierra, soy viento de libertad”
Durante tutto il macabro rituale l’etarra si comportò con dignità e coraggio. Prima della scarica di fucileria trovò la forza per urlare: «IRAULTZA ALA HILL! GORA EUSKADI ASKATUTA!» (Rivoluzione o morte, viva Euskadi libera).
Cominciò quindi a cantare EUSKO GUDARIAK, l’inno dei gudaris, i combattenti baschi antifranchisti durante la guerra civile:
Eusko gudariak gara
Euskadi askatzeko,
gerturik daukagu odola
bere aldez emateko
Ed è a questo punto che il giovane basco entra di diritto nella leggenda.
Prima del colpo di grazia i componenti del plotone di esecuzione (composto da sei membri dell’intelligence, volontari) praticarono una sorta di tiro a segno. Sparando uno alla volta, due colpi a testa, su quel corpo crocefisso e agonizzante. Il fratello Mikel, ugualmente presente, mentre di lanciarsi contro il plotone era stato trattenuto da Palmes e Oranich. Ben sapendo che avrebbe ottenuto soltanto di venir giustiziato sul posto.
“i baschi sono venuti a riprenderselo”
Qui giunto, in bicicletta, nella calda e afosa estate catalana del 1987, mi inoltrai tra le tombe cercando quella del Txiki. Ma, come mi spiegò un anziano del luogo, per qualche tempo era rimasto sepolto nel cimitero del paese, poi “i baschi sono venuti a riprenderselo”.
Alla tomba del Txiki arrivai solo nel 1996. Grazie all’amico Takolo (negli anni ottanta responsabile degli esteri di Herri Batasuna) avevamo preso appuntamento con Mikel (arrivato in vespa) davanti alla stazione di Zarautz. Il cimitero si trova sopra una collina, di fronte all’Oceano. Camminando tra le lapidi Mikel ci indicava quelle dei numerosi Gudaris caduti durante la guerra civile. Da parte mia lo informavo che nei giorni immediatamente successivi alle cinque fucilazioni del settembre ’75, anche in Italia vi furono manifestazioni di protesta, compreso qualche “assalto simbolico” a consolati e ambasciate spagnoli. Takolo aveva chiesto a Mikel come mai lui e suo fratello, figli di immigrati dell’Estremadura, si fossero integrati in modo tanto radicale nel movimento basco di liberazione. Rispose che la cosa era stata spontanea, naturale. Dato che tutti i loro amici e coetanei, durante il franchismo, in qualche modo collaboravano con ETA. Coerentemente con il principio per cui “chiunque sia costretto a vendere la sua forza lavoro in Euskal Herria ha diritto di considerarsi a pieno titolo parte integrante del popolo basco”. La tomba del Txiki era stata realizzata dallo scultore J. Zumata di Usurbil, noto anche come pittore di murales e ricorda i caratteristici monumenti funebri degli antichi abitanti di Euskal Herria. Accanto all’Ikurrina, i versi scolpiti dal poeta basco Joxean Artze. Il sole picchiava forte quel giorno d’estate e le cime dei cipressi ondeggiavano ad ogni colpo di vento. Prendendo commiato dal Txiki, osservavo la foto della lapide. Quel che vedevo era lo sguardo limpido, sorridente, leggermente ironico, di un ragazzo che era mio coetaneo e che non invecchierà mai, non tradirà mai, non si venderà mai… piccolo, eterno custode della coerenza, del coraggio e della dignità umana. Accanto, inciso nella pietra, il suo lascito:
SOY VIENTO DE LIBERTA
Per sempre
(frase attribuita a Ernesto CHE Guevara e ripresa dal Txiki nel giorno della sua esecuzione, 27 settembre 1975)
1975-2025: IN MEMORIA DEL TXIKI
Gianni Sartori
Se la frase consegnata dal Txiki al fratello Mikel (o all’avvocato Marc Palmes) poco prima di essere fucilato è relativamente nota, anche il suo “testamento” al Popolo Basco meriterebbe considerazione. Come testimonianza di un altro “stile di vita”, di dedizione totale e disinteressata alla causa della Giustizia e della Libertà.
Ben sapendo che “quando leggerete questo comunicato io sarò caduto sotto il plotone di esecuzione - volle comunque scriverlo per “mettere in evidenza ancora una volta la repressione subita dal popolo basco e da tutti i popoli di Spagna”.
Senza mai dimenticare “che il nostro obiettivo è la creazione di uno Stato Socialista Basco, per cui hanno dato la vita tanti militanti rivoluzionari…”.
E in particolare si rivolge alla classe lavoratrice affinché, dopo aver abbattuto il regime franchista, continui a lottare per “costruire una società nuova, senza classi, dove non esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.
Concludendo con un lapidario: “…os toca a vosotros hacer justicia”.
Altri tempi, certo. Speranze, - o sogni - ormai improponibili. Eppure - se pur per il tempo di un attimo -alloraapparvero realizzabili (ma forse era già troppo tardi…).
Questo - giusto mezzo secolo fa - fu comunque l’estremo lascito del giovane militante di Euskadi Ta Askatasuna Jon Paredes Manot,detto il “Txiki” (piccolo). Uno dei cinque militanti antifascisti fucilati dal regime fascista spagnolo ormai in agonia (54 giorni prima della morte di Franco caduta il 20 novembre 1975).
Dicevo che è passato mezzo secolo. E quel mondo semplicemente non esiste più. Parlare oggi di ETA (o di IRA, Inla, Iparretarrak, MIL, FLNC, Terra Lliure…) appare obsoleto (fuori tempo massimo).
Anche se alcuni di questi movimenti (allora conosciuti come “di liberazione nazionale”) nel secolo scorso coinvolsero - o travolsero - una parte non insignificante della gioventù europea (irlandesi,baschi, galleghi, bretoni, corsi, catalani…).
Infatti (dall’Irlanda ai Paesi Baschi, alla Corsica…) il conflitto ha trovato ormai la sua soluzione politica, bene o male.
In maniera tutto sommato soddisfacente in Irlanda (fine delle discriminazioni, cogestione del potere locale in Irlanda del Nord, liberazione dei prigionieri…), forse un po’ meno nei Paesi Baschi. Dove comunque il partito E.H. Bildu (la sinistra aberzale, erede di herri batasuna e di Batasuna) partecipa attivamente alla vita democratica.
Per comprendere quel periodo dobbiamo come si dice “contestualizzarlo”. Per quanto riguarda la Spagna, tornare con la mente alle centinaia di migliaia di vittime (in gran parte dopo la fine della guerra civile) che riempirono le fosse comuni della penisola iberica in epoca franchista. Alla repressioneche colpi con particolare durezza Euskal Herria anche dopo la morte del caudillo. Vedi nel 1976 con i fatti di Jurramendi, la strage di Vitoria-Gasteiz, l’eliminazione dei rifugiati baschi in Francia come Pertur…
Eventi a cui avevano preso parte anche alcuni fascisti italiani rifugiati in Spagna. Compresi quelli che poi si trasferirono, con le competenze acquisite (partecipazione alle squadre della morte, “guerra psicologica”…), in America Latina.
Personaggi come Concutelli che nel luglio 1976 uccise il giudice Occorsio con una mitraglietta Ingram in dotazione alla Guardia Civil (forse già utilizzata per colpire i rifugiati nel Paese Basco “francese). Fortemente sospettato del rapimento (sempre nel luglio 1976) del militante basco Pertur, poi desaparecido.
O come Delle Chiaie e Cauchi, entrambi fotografatitra gli squadristi a Montejurra (Jurramendiko hilketak). Ma anche Pozzan e Fachini (stretti collaboratori di Freda). E perfino Cicuttini, quello a cui Almirante avrebbe consegnato 25 milioni per un’operazione alla gola (in quanto la sua voce poteva incriminarlo come il telefonista della strage di Peteano del 1972). Sospettato di aver partecipato (in veste di “palo”) alla “Matanza de Atocha” del gennaio 1977. Costata la vita a tre giuslavoristi (Enrique Valdelvira Ibáñez, Luis Javier Benavides Orgaz e Francisco Javier Sauquillo), a uno studente di legge(Serafín Holgado) e a un sindacalista (Ángel Rodríguez Leal). Oltre a numerosi di feriti (Alejandro Ruiz-Huerta Carbonell, Luis Ramos Pardo, Lola González Ruiz…). Le vittime erano aderenti al Partido Comunista de España e alle CCOO (Comisiones Obreras).
E poi Giannettini, Calore, Vinciguerra…e fascisteria varia.
Per la cronaca locale, vicentina, stando a quanto ebbe a dichiarare al collega Salvini, anche Ivan Biondo durante la sua latitanza avrebbe trascorso un lungo periodo nei Paesi Baschi “spagnoli”.
Tornando al 27 settembre 1975, in quel giorno infaustotre militanti del FrenteRevolucionario Antifascista y Patriota (José Humberto Baena, Ramón García e José Luis Sánchez) vennero giustiziati in una caserma di Hoyo de Manzanares (Madrid). Un altro basco (un etarra), Ángel Otaegui Echeverría, nel carcere di Burgos. Mentre il Txiki fu ucciso nei pressi di un cimitero a nord di Barcellona.
L’estate del 1975 andasse spegnandosi malinconicamente. L’anno prima avevamo manifestato decine di volte (anche davanti ad ambasciate e consolati spagnoli) per fermare la condanna a morte contro il libertario catalano Salvador Puigh Antich (Metge, militante del Movimento Iberico di Liberazione-Gruppo Autonomo di Combattimento, conosciuto anche come Gruppo 1000). Invano. Salvador divenne, insieme all’apolide e rapinatore Heinz Chez (in realtà Geog Michael Welzel, fuggito dalla Germania dell’Est, ma all’epoca erroneamente definito “di origine polacca”) ), una delle due ultime vittime dell’infame garrote (2 marzo 1974).
Ora il copione stava per ripetersi con Jon Paredes Manot (militante di Euskadi Ta Askatasuna) e altri quattro antifascisti.
Forse suo malgrado, questo figlio di immigrati dall’Estremadura (soprannominato Txiki, piccolo in euskara) era destinato a diventare il CHE Guevara dei baschi. Da allora infatti il 27 settembre si celebra il Gudari Eguna, il Giorno del combattente basco. Inutili gli innumerevoli appelli e le manifestazioni che si svolgevano in ogni angolo del pianeta, dall’Europa al Sudamerica.
All’epoca si raccontava che le fucilazioni erano una “concessione umanitaria” di Franco. Per risparmiare loro la morte, dolorosissima e infame, del garrote (l’agonia di Puig Antich era durata circa mezz’ora). Una risposta del cattolicissimo Franco agli appelli del Papa (e anche alla richiesta esplicita del Txiki, presentata dal suo avvocato).
In realtà in tempi recenti si è scoperto che in quel momento il regime aveva a disposizione soltanto due boia patentati. Per cui non poteva garantire la simultaneità, efficacemente spettacolare, delle cinque esecuzioni. Dato che i condannati si trovavano in carceri diverse e lontane tra loro. Altro che “compassione”!
Nel 1987, durante un viaggio in bicicletta nei Paisos Catalans, grazie alle indicazioni di Marc Palmes (l’avvocato catalano che insieme a Magda Oranich difese il Txiki), avevo individuato il luogo dell’esecuzione: Sardanyola, a circa 20 km da Barcellona.
“Il processo – mi spiegò Palmes – era cominciato il 19 settembre e una settimana dopo Jon veniva già fucilato. Come quello contro Puigh Antich anche questo processo si svolse nella Sala d’atti del Governo Militare di Barcellona, presidiata da polizia e esercito. Inutile dire che non ci venne lasciato neanche il tempo di prepararci adeguatamente”.
L’accusa sosteneva che Jon era uno dei componenti del commando che il 16 giugno 1975 aveva assaltato a Barcellona una filiale del banco di Santander. Nel corso della rapina era rimasto ucciso un caporale della Policia armada.
Continuava Palmes: “Txiki rivendicò la sua appartenenza a ETA ma, per quanto riguardava la rapina, sostenne sempre di essersi trovato in quel momento a Perpignan, in Francia. I testimoni apparvero quantomeno reticenti, condizionati o manipolati. Molti caddero in pesanti contraddizioni con le deposizioni rese in un primo tempo. Nuovi sedicenti “testimoni” (in realtà poliziotti in borghese, come venne poi accertato) che non erano mai stati nemmeno nominati in istruttoria apparvero a deporre in aula. Il PM, come previsto, richiese la pena di morte tramite garrotamento (poi mutata in fucilazione)”.
Come dichiarò l’imputato e come sostenne Palmes nell’arringa, la prima deposizione era stata estorta con la tortura. L’avvocato denunciò anche la mancata trascrizione agli atti di alcune dichiarazioni del Txiki, oltre a numerose altre irregolarità quali l’omissione di prove a favore durante l’istruttoria e il processo. Non erano state eseguite né l’autopsia, né la perizia balistica e non erano state rilevate le impronte digitali. “D’altra parte – concludeva Palmes – la condanna era già stata emessa molto prima della sentenza”.
Txiki venne condotto sul luogo dell’esecuzione, il muro esterno del cimitero di Sardanyola, in un furgone scortato da centinaia di poliziotti. Al coraggioso avvocato, scomparso una ventina di anni fa, venne concesso (come al fratello Mikel e a Magda Oranich) di assistere alla fucilazione. Prima di venir legato ad un albero, il giovane gli consegnò un biglietto scritto a mano con la frase attribuita a CHE Guevara:
“Mañana, cuando yo muera, no me vengáis a llorar. Nunca estaré bajo tierra, soy viento de libertad”
Durante tutto il macabro rituale l’etarra si comportò con dignità e coraggio. Prima della scarica di fucileria trovò la forza per urlare: «IRAULTZA ALA HILL! GORA EUSKADI ASKATUTA!» (Rivoluzione o morte, viva Euskadi libera).
Cominciò quindi a cantare EUSKO GUDARIAK, l’inno dei gudaris, i combattenti baschi antifranchisti durante la guerra civile:
Eusko gudariak gara
Euskadi askatzeko,
gerturik daukagu odola
bere aldez emateko
Ed è a questo punto che il giovane basco entra di diritto nella leggenda.
Prima del colpo di grazia i componenti del plotone di esecuzione (composto da sei membri dell’intelligence, volontari) praticarono una sorta di tiro a segno. Sparando uno alla volta, due colpi a testa, su quel corpo crocefisso e agonizzante. Il fratello Mikel, ugualmente presente, mentre di lanciarsi contro il plotone era stato trattenuto da Palmes e Oranich. Ben sapendo che avrebbe ottenuto soltanto di venir giustiziato sul posto.
“i baschi sono venuti a riprenderselo”
Qui giunto, in bicicletta, nella calda e afosa estate catalana del 1987, mi inoltrai tra le tombe cercando quella del Txiki. Ma, come mi spiegò un anziano del luogo, per qualche tempo era rimasto sepolto nel cimitero del paese, poi “i baschi sono venuti a riprenderselo”.
Alla tomba del Txiki arrivai solo nel 1996. Grazie all’amico Takolo (negli anni ottanta responsabile degli esteri di Herri Batasuna) avevamo preso appuntamento con Mikel (arrivato in vespa) davanti alla stazione di Zarautz. Il cimitero si trova sopra una collina, di fronte all’Oceano. Camminando tra le lapidi Mikel ci indicava quelle dei numerosi Gudaris caduti durante la guerra civile. Da parte mia lo informavo che nei giorni immediatamente successivi alle cinque fucilazioni del settembre ’75, anche in Italia vi furono manifestazioni di protesta, compreso qualche “assalto simbolico” a consolati e ambasciate spagnoli. Takolo aveva chiesto a Mikel come mai lui e suo fratello, figli di immigrati dell’Estremadura, si fossero integrati in modo tanto radicale nel movimento basco di liberazione. Rispose che la cosa era stata spontanea, naturale. Dato che tutti i loro amici e coetanei, durante il franchismo, in qualche modo collaboravano con ETA. Coerentemente con il principio per cui “chiunque sia costretto a vendere la sua forza lavoro in Euskal Herria ha diritto di considerarsi a pieno titolo parte integrante del popolo basco”. La tomba del Txiki era stata realizzata dallo scultore J. Zumata di Usurbil, noto anche come pittore di murales e ricorda i caratteristici monumenti funebri degli antichi abitanti di Euskal Herria. Accanto all’Ikurrina, i versi scolpiti dal poeta basco Joxean Artze. Il sole picchiava forte quel giorno d’estate e le cime dei cipressi ondeggiavano ad ogni colpo di vento. Prendendo commiato dal Txiki, osservavo la foto della lapide. Quel che vedevo era lo sguardo limpido, sorridente, leggermente ironico, di un ragazzo che era mio coetaneo e che non invecchierà mai, non tradirà mai, non si venderà mai… piccolo, eterno custode della coerenza, del coraggio e della dignità umana. Accanto, inciso nella pietra, il suo lascito:
SOY VIENTO DE LIBERTA
Per sempre
Gianni Sartori - 2025/9/12 - 15:37
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Album "Herriak ez du barkatuko", con il gruppo francese Gwendal.
Scritta durante il suo esilio in Francia, questa canzone di Imanol parla della repressione del regime franchista, particolarmente dura nelle provincie basche dove forte era la resistenza armata rappresentata soprattutto dall'ETA, quando ancora era un'organizzazione di resistenza antifascista...
Come Al Alba di Luis Eduardo Aute, anche questa canzone nacque subito dopo quel terribile 27 settembre 1975 quando Franco, ormai prossimo all fine, fece fucilare tre militanti del FRAP e due dell'ETA, le ultime vittime del regime...
[Non che io conosca il basco ma, da una sommaria ricerca su Google, mi sono fatto l'idea che la frase "Herriak ez du barkatuko" debba tradursi con "El pueblo no lo perdonará" piuttosto che con "El pueblo no olvidará"...]