MASSIMO CHIACCHIO
AUTOBIOGRAFIA SEMISERIA

Massimo ChiacchioCarmelo Catania era la marca della prima chitarra che ho preso in mano, una chitarra classica di mio fratello, erano i primi anni '60 e lui, più grande di me di sette anni, calcava piccole scene cittadine con Caterina Bueno, Massimo Castri, Roberto Vezzosi ed altri. Imparai a strimpellare la modesta chitarra sulle note di canzoni popolari americane fine '800 - primi del '900; abbandonato Peppino di Capri, e tutto il suo contorno, fui folgorato dalla prime canzoni di De André, amando Tenco, Paoli, Endrigo.

Con due amici, tre voci e tre chitarre (maltrattate), formai un improbabile trio cercando di interpretare con maldestra perizia le canzoni popolari di cui sopra e ciò nonostante riuscimmo a cantare al "Cabaret 65" di Roberto Toni (Via degli Alfani), dove oltre alla Bueno & C. abbiamo potuto conoscere ed ascoltare gli allora mitici Gufi.

Iniziai a scrivere le prime canzoni, tristissime a dire il vero, musica zero, grande attenzione al testo, o meglio ai contenuti. Esibizioni: case di amici, feste scolastiche, feste pro alluvionati (vinsi un disco dei Beach Boys superando in finale Riccardo Marasco, che allora eseguiva, per un pubblico distratto e poco disponibile, splendide canzoni napoletane dell'800).

1966. Al Cinquale di Forte dei Marmi, in uno studio di uno scultore (tal Polidori) si faceva teatro cabaret, ricordo i tre giovani attori (oggi affermati): Antonio Salines, Magda Mercatali e Cosimo Cinieri; tremila lire a sera per quattro o cinque canzoni e riuscivo per la prima volta (ed unica) a pagarmi le vacanze e, aspetto non secondario, a placare esplosioni ormonali con simpatiche ragazze.

Su invito della casa discografica "Combo" andai a Milano, ma non se ne fece di niente.

Nell'inverno successivo fui invitato a cantare le mie canzoni negli intervalli di una commedia scritta da Omar Calabrese (oggi semiologo di "chiara fama") e interpretata da studenti del liceo Galileo al teatro del Cestello. Con Omar nacque un'amicizia durata molti anni, ma adesso, da quando vive e lavora lontano da Firenze, ci sentiamo di rado. Peccato.

Nel 1968 ho avuto il piacere di cantare, alle Panteraie di Montecatini, dopo una "performance" di Giorgio Gaber (ancora non teatrante) ed un giornalista ottimista de "La Nazione" scrisse che avrei fatto molta strada (ma non specificò in che modo o perlomeno in quale ambito!).

Dovetti abbandonare sogni di studi universitari, intrapresi più tardi e mai ultimati, ed iniziare a lavorare a causa di una grave e lunga malattia di mio padre, dunque il servizio militare a Bologna. Conobbi, per osterie, un po' tutto l'entourage gucciniano; riuscii a cantare nel teatro della caserma, non ricordo in quale occasione, alcune canzoni di Fabrizio De André fra lo stupore e l'indignazione degli ufficiali; la truppa non capì molto, ma la cosa servì a farmi incontrare un amico ancora oggi molto importante. Finita la leva ripresi a lavorare, continuavo a scrivere canzoni, ma non uscivano oltre la soglia di casa mia.

Nel '75 l'incontro e l'amicizia, attraversata da amorosi e fraterni scontri, con Beppe Dati (oggi autore per Masini, Vallesi etc. etc. ma anche di "Cirano" "Don Chishotte…"). Erano anni di intensa emozione politica e civile, Beppe iniziò a scrivere con me le prime canzoni; a rileggerle adesso possono apparire gonfie di ideologia, ingenua speranza, concetti psicoanalitici a buon mercato, ma erano scritte in perfetta buona fede e piacevano, soprattutto quando curvavano a sinistra....Di fatto cercavo di esprimere la difficoltà di un rapporto individuale con una realtà contraddittoria ed una personale origine borghese, confuso tra vita privata e purezza ideologica.

Formammo un gruppo (solo strumenti acustici) di cinque elementi: il "Collettivo Firenze Ovest", scegliemmo questo nome semplicemente perché quel giorno eravamo in una casa del popolo nella zona ovest di Firenze (ma ricordo che il nome che avrei voluto io era "Punto verticale" perché privo di connotazioni a differenza di "Collettivo").

Ci esibivamo, al di fuori dei circuiti professionistici, negli spazi allora consentiti, con qualche apparizione in altre Regioni (Emilia, Umbria, Puglia), fino ad approdare all'S.M.S. di Rifredi. Conoscemmo e collaborammo con I Giancattivi: Sandro Benvenuti, Athina Cenci e il bravissimo Paolo Nativi, purtroppo scomparso dopo una breve e dolorosa malattia. Nacque il centro "Humor side", ed è in quel luogo che abbiamo potuto apprezzare e conoscere personaggi allora non ancora noti della scena Italiana: la Smorfia di Troisi, Roberto Benignii, Maurizio Micheli, Felice Andreasi, Carlo Verdone, Pierfrancesco Poggi, Antonio Petrocelli, i "Gatti di vicolo miracoli" (che brutta fine !), Laura Poli e poi Davide Riondino, Paolo Hendel, Marco Columbro e altri ancora. Serate bellissime, indimenticabili, cene conclusive (in Piazza Dalmazia da Mauro & Mauro) esilaranti.

Il gruppo non durò a lungo, si sciolse dopo circa due anni, Beppe ed io continuammo individualmente e tuttora abbiamo fraterni ed amorosi scontri.

Nel '78 stop. Mi dedicai esclusivamente al lavoro che ancora svolgo; gli altri, i più bravi, intanto emigravano verso Roma o Milano e adesso abbiamo il piacere (e talvolta il dispiacere) di vederli al cinema, in teatri prestigiosi o sullo schermo televisivo.

Non attaccai la chitarra al chiodo, ma quasi.

Una famiglia: una moglie, importante compagna di vita che ha continuato a farmi respirare i veri profumi dell'arte (pittorica), un figlio che mi attraversa l'esistenza con la sua sensibilità creativa. Ero e sono in buone mani.

Non sono mai stato un buon chitarrista e la cosa non mi interessava più di tanto e, naturalmente, sbagliavo; sono pochi quelli che possono massacrare una chitarra fino a farla sembrare una zampogna sgonfia tanto è il talento che esprimono (per esempio Davide Riondino). Ma a dire il vero, in quegli anni e a differenza di oggi, sempre in ambito dilettantistico (ma non solo), i buoni o discreti strumentisti erano veramente pochi.

Nel '93 decisi di andare alla Scuola di musica "Lizard" di Giovanni Unterberger, e fu proprio lui a svelarmi i segreti del "finger picking", quel poco che bastava per far rifiorire un amore sopito.

Ho ripreso la chitarra, ho scritto qualcosa, ma è veramente difficile oggi non cadere in cose banali o già dette. Gli autori sono veramente tanti e molti di ottima qualità, i dischi prodotti in questi anni offrono un panorama di ascolto vastissimo. Mi ritengo un buon dilettante (i sedicenti "artisti" e "musicisti" che tali non sono mi insospettiscono), ascolto e canto ancora con amore profondo De André, De Gregori & dintorni, amo Gaber, il grandissimo Fossati, Conte, etc. (due capolavori assoluti: Anime salve e Macramè, risvegliano la percezione del dolore in questa sorta di anestesia di massa) e ai quali si aggiungono personaggi nuovi e veramente interessanti: uno su tutti, condiviso con mio figlio che a sua volta condivide con me i "veterani", Daniele Silvestri.

Dopo tante serate passate a cantare con amici, e forse dopo una notte di vino e mare in cui Mario Mariotti mi disse che ero un "buon suonatore", presi la decisione che avrei fatto il possibile per cantare nuovamente in pubblico, da buon dilettante, come dicevo.

E' possibile ascoltarmi, saltuariamente, all'Eskimo di Firenze", canto soprattutto i testi meno noti di De André, De Gregori e qualcosa di mio (mi resta sempre più difficile); questo non vuol dire che io non apprezzi anche altri autori, compresi i più giovani, ma più semplicemente non li so cantare oppure sono distanti dalla mia sensibilità, in breve, non potrei mai fare il "chitarrista di piano bar".

Nel 2001 ho autoprodotto un CD, contenente una scelta di brani dal 1976 al 2001, di sola chitarra e voce, della serie "buona la prima". Non volendo dare un prezzo alla passione l'intero costo di produzione ed il ricavato delle vendite (ad offerta libera) è stato devoluto per la costruzione di una "casa famiglia" nel villaggio di Mandouri, vicino a Calcutta, inserendomi in uno dei tanti progetti di "Terre des Hommes". La casa è attualmente in costruzione.

Recensioni del CD: "La Nazione", "Il Corriere di Firenze" e "L'Isola che non c'era" (rivista specializzata sulla musica d'autore).

Ho appena ultimato il nuovo CD "Piccole anime sole" che ha pretese musicali più articolate, resta pur sempre un prodotto artigianale e molto contenuto nei costi di produzione.

Ho la fortuna di poter cantare per pura passione, per vivere meglio con me stesso dando spazio ad un sogno per me vitale, non ho altri fini.

Ho una maggiore attenzione "tecnica" per le mie chitarre, adesso ne ho quattro e quando suono con una mi sembra di fare un torto alle altre tre.

Sono fatto così.

Dimenticavo: sono nato a Firenze il 4 marzo del 1947.

massimo chiacchio
massimochiacchio@firenze.net
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