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Oncle Archibald

Georges Brassens
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Traduzione in italiano di Giuseppe Setaro (2001).
ZIO ARCIBALDOZIO ARCIBALDO
Dentisti, preti e ciabattini
ed osti che mescete ai vini
acqua tonica,
lo zio Arcibaldo vi saluta
e non vi lascia che una muta
fisarmonica,
fisarmonica.
O voi profeti dilettanti,
Voi ciarlatani e cavadenti,
Voi birbanti,
Su zio Arcibaldo non contate
Per pagar le vostre abbuffate,
Alle feste, alle feste…
Mentre inseguiva uno sbandato
che gli aveva sgraffignato
l'orologio
a zio Arcibaldo toccò in sorte
di incappare nella Morte
tutto mogio,
tutto mogio.
Correndo dietro a uno che
La sua ora gli avea scippato,
Stranamente,
Zio Arcibaldo, mondo dannato,
Si trovò in faccia alla Morte
In un niente, in un niente…
Come una zoccola dappoco
s'aggirava intorno al fuoco
al camposanto
e per fermar qualche cliente
sollevava oltre il decente
il suo manto,
il suo manto.
Come una donna di mestiere,
Batteva il marciapiede del
Cimitero.
Adescava gli uomini mostrando
Le sue nudità indecenti,
Per intero, per intero…
Lo zio urlò "Tanto non m'ingrifo!
E còpriti chè mi fai schifo,
vecchia ossuta!
Non sei il mio tipo, mi dispiace,
la mia Venere è procace
e paffuta,
e paffuta!"
Lo zio Arcibaldo inorridito
Le disse, puntandole il dito,
“Maledetta!
Delle ossa tue non so che fare,
La sola donna ch'io possa amare
È rotondetta, rotondetta”…
La Morte speronò il suo bolso
e controllando l'ora al polso
si decise,
brandì la falce dal lenzuolo
e fu in un colpo, un colpo solo
che lo uccise,
che lo uccise.
La Morte allor s’inalberò,
Sul nero cavallo montò,
E, col falcione,
Stroncò il povero Arcibaldo,
Fulmineamente e senza alcuna
Compassione, compassione…
Siccome lui non le fu domo,
lei gli disse "Tu sei l'uomo
che ho più amato
e i nostri incontri eran previsti
fin dal giorno in cui venisti
battezzato,
battezzato!
Dato che lui era scontento,
Lei gli disse: “Per molto tempo
Io ti ho amato;
Le nostre nozze, bello mio,
Eran decise fin da quando
Tu sei nato, tu sei nato…
Se mi ti stendi fra le braccia
lascerai questa vitaccia
d'afflizioni
non dovrai più temere i cani,
i lupi dai sembianti umani
e i coglioni,
e i coglioni!
Se a me tu ti abbandonerai,
Liberato ti sentirai
Dagli assilli:
Più non sarai alla portata
Dei cani, dei lupi e
Degl’imbecilli, imbecilli…
Non avrai più chi ti disprezza,
puoi cantare "Giovinezza!"
se ti pare...
E se ti fai un'altra opinione,
puoi intonare una canzone
popolare,
popolare.
Qui nessuno può limitare
I tuoi diritti: puoi dileggiare
I comunisti.
Se poi hai voglia di cambiare,
Ad alta voce, puoi schernire
I fascisti, i fascisti.
Non temerai più la cifosi
per due spiccioli schifosi
di salario.
Non dovrai più assentire prono
a chi ti chiede qualche buono
straordinario,
straordinario.
Tutto ormai sarà cambiato,
Tu non sarai più comandato
Da padroni.
D’ora in poi non piegherai
Più la testa davanti ai
Capoccioni, capoccioni”.
Lo zio Arcibaldo le andò dietro,
in lei sparì quel ghigno tetro,
quel suo scherno
e tutti udirono il preconio
di quel loro matrimonio
sempiterno,
sempiterno.
Lo zio Arcibaldo prese allora
Sotto braccio la sua signora,
Non scontento…
Ed eccoli partire insieme,
Partir per la luna di miele
Senza tempo, senza tempo.
Dentisti, preti e ciabattini
ed osti che mescete ai vini
acqua tonica,
lo zio Arcibaldo vi saluta
e non vi lascia che una muta
fisarmonica,
fisarmonica.
O voi profeti dilettanti,
Voi ciarlatani e cavadenti,
Voi birbanti,
Su zio Arcibaldo non contate
Per pagar le vostre abbuffate,
Alle feste, alle feste…


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