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Suspect Device

Stiff Little Fingers
Lingua: Inglese


Stiff Little Fingers

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Stiff Little Fingers - Suspect Device


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(Stiff Little Fingers)


[Fingers/Ogilvie]
Dal primo album del gruppo, "Inflammable Material", 1979.

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Stiff Little Fingers - Inflammable Material di Massimiliano Raffa
da Sentire Ascoltare

Ci vogliono due anni prima che un’opera come Inflammable Material venga al mondo. Datata 1979, esce nel periodo in cui il Punk primordiale (’77 style) sembra volgere al termine. Invece gli Stiff Little Fingers scuotono nuovamente i punkettoni, oltre all’ordine pubblico: i deliri demolitori dei concerti non si riveleranno certo un toccasana per l’establishment.

L’Irlanda degli Stiff Little Fingers non è l’Irlanda verde e boscosa delle agenzie di viaggio: la band è inserita all’interno di un contesto che più stradaiolo non si potrebbe, quattro “teppistelli pacifisti” che muovono da Belfast.
In copertina, nove icone che stanno a significare - guarda un po’ - “materiale infiammabile” preparano l’ascoltatore allo Stiff Little Fingers sound.

Suspect Device apre le danze con un'incursione musicale che avvampa subito l’atmosfera del disco. Il riff è veloce e grezzo (un po’ come tutto l’album), il ritmo assolutamente insostenibile, mentre versi quali “Tolgono la nostra libertà in nome della libertà” o “Il materiale infiammabile è piantato nella mia testa, è un dispositivo sospetto che ha lasciato 2.000 morti” regalano un esauriente spaccato della realtà.

Ci troviamo in pieno stato di emergenza, come testimonia il brano che segue l’opener: la chitarra di State Of Emergency sembra sparata da un cannone, il resto lo fa la voce sporca e abrasiva di Jake Burns, stracarica di cattiveria. L’impeto della canzone è ragguardevole e gli incroci epilettici delle due chitarre rendono onore a un testo che parla di odio e di quel “pozzo” nel quale prima o poi cadremo tutti.

Il minuto scarso della tagliente Here We Are Nowhere non fa altro che ribadire il concetto: breve e struggente il testo del brano, che fa significativamente riflettere “la società delle guerre”. Una tematica che si allarga e si precisa nella magnifica Wasted Life, uno degli inni della band, potente, nichilista, rozza e vigorosa come tutto lo standard del disco: “Io non sarò un soldato, non prenderò ordini da nessuno, non riempirò i loro fottuti eserciti, uccidere non è il mio concetto di divertimento”. Esplicita, eufonica e trucida: un anthem barricadero intriso di tumulto e insoddisfazione.
Basta una ventina di secondi a trasformare questo brano in una irruzione sonora: il disco nato contro la guerra entra in guerra, la Guerra del Punk. Sono queste le armi per la pace impugnate dagli Stiff Little Fingers, e fanno male, molto male, più di un fucile.

No More Of That, canto dei suburbi, ricorda in maniera eloquente i primissimi Clash, ma non per questo risulta poco originale; anzi, si rivelerà uno dei brani migliori del disco. Liriche scottanti, parole vomitate: un altro inno contro la guerra infervorato e mordace, con ritmi frenetici e chitarre da levare la pelle.

Barbed Wire Love è all’apparenza una canzone d’amore, ma tra le righe - protetta da una placida “orchestrazione punk” - si cela un significato recondito di sovversione politica. Il tutto sfocia in un geniale, esilarante intermezzo doo-wop (o se preferite, surf-pop) fine anni Cinquanta, con tanto di coretti e swingate.

Confusione e delirio metropolitan-punk in White Noise: un testo totalmente sballato, le chitarre a creare imponenti contorsioni e rumori. La canzone (come il titolo lascia più che intendere) è l’affermazione del rumorismo impetuoso della band: quattro strumenti e una voce che non ha paura di nulla musicano la distruzione e l’intolleranza. Il finale è coronato da un urlo a squarciagola che sguinzaglia brividi lungo la schiena.
Ritmi e liriche di Breakout sono come sempre saturi di idrofobia, ma questo brano ci trasporta con una dolcissima melodia: un’inattesa punk ballad.

E una canzone come Law And Order in tempo di guerra? Solo quattro folli potevano scriverla. Gli impavidi Stiffs ci regalano un altro pezzo da brividi, uno sputo sul sistema e sulla sua intolleranza e indolenza: è un hardcore velenoso che parla di morte e sottomissione, una denuncia contro l’infamia dell’ordine pubblico e la situazione politica dell’Irlanda del Nord (ma se le problematiche nazionali sono ben presenti e influiscono sull’album, Inflammable Material vuole essere soprattutto un’opera transnazionale, un manifesto universale del Punk)

Continuando, quanti punkettoni al mondo avranno pogato con Rough Trade? Sarebbe più lecito domandarsi quanti non lo abbiano fatto. Jake intona con la sua voce grattugiata uno sfrenato rock’n’roll all’insegna del vandalismo. Si conclude in perfetto stile punk con un finale dalla violenza assassina.
Un solenne rullante tiene un tempo di marcia, poi si unisce una sporca chitarra: è la melodia ineffabile di Johnny Was, cover di Bob Marley. La band stravolge totalmente il brano, dilatandolo in oltre otto minuti di puro genio, una lunghezza inaspettata per un gruppo punk. Un’operazione tutt’altro che priva di senso: all’interno di una song dolce e melodiosa si cela un testo disperato, soggiogato e sanguinario. Con Johnny Was gli Stiff Little Fingers cambiano i connotati al punk-rock, dando vita a qualcosa che perfeziona alcuni concetti dell’hardcore e anticipa di circa un anno e mezzo lo ska (gli stessi Bad Manners, il primo gruppo a integrare lo ska giamaicano con il punk, ammisero l’importanza di questa cover). Ingiustizia, sommossa contro il sistema, scoramento… è il capolavoro del Punk-Ska-Core.
Si giunge così alla canzone più famosa del gruppo: Alternative Ulster, il brano migliore dell’album, e non solo. Su un giro di purissimo pizza-punk si stagliano parole di ribellione e baraonda urbana... sferzante, nonostante la sua carica melodica, è un masterpiece del punk.

L’epilogo è Closed Groove, l’unico brano che introduce una certa sperimentazione. Il punk, se non nell’irriverenza delle parole, è praticamente assente. La cadenza ripetitiva della base ritmica e la voce impassibile che l’accompagna alludono alla new wave, come anche il finale, al quale rumori e sovrapposizioni regalano un’atmosfera confusa e singolare. Finché il trillo di un telefono ci accompagna freneticamente alla conclusione. L’Irlanda è finalmente libera.
Inflammable material is planted in my head
It's a suspect device that's left 2000 dead
Their solutions are our problems
They put up the wall
On each side time and prime us
And make sure we get fuck all
They play their games of power
They mark and cut the pack
They deal us to the bottom
But what do they put back?

Don't believe them
Don't believe them
Don't be bitten twice
you gotta suss, suss, suss, suss, suss out
Suss suspect device

They take away our freedom
In the name of liberty
Why don't they all just clear off
Why won't they let us be
They make us feel indebted
For saving us from hell
And then they put us through it
It's time the bastards fell

Don't believe them
Don't believe them
Don't be bitten twice
you gotta suss, suss, suss, suss, suss out
Suss suspect device

Don't believe them
Don't believe them
Question everything you're told
Just take a look around you
At the bitterness and spite
Why can't we take over and try to put it right

Don't believe them
Don't believe them
Don't be bitten twice
you gotta suss, suss, suss, suss, suss out
Suss suspect device

We're a suspect device if we do what we are told
But a suspect device can score an own goal
I'm a suspect device the Army can't defuse
You're a suspect device they know they can't refuse
We're gonna blow up in their face

inviata da Riccardo Venturi - 29/8/2006 - 18:44



Lingua: Italiano

Versione italiana di Riccardo Venturi
30 agosto 2006
ORDIGNO SOSPETTO

Roba infiammabile mi s’è piantata in testa
un ordigno sospetto che ha fatto duemila morti
le loro soluzioni sono i nostri problemi
hanno tirato su il muro
da ogni parte ci temporizzano e ci innescano
e si accertano che tutti andiamo alla malora
giocano i loro giochi di potere
fanno e disfanno il fagotto
ci fanno sprofondare
ma cosa rimettono a posto?

Non credergli
non credergli
non prenderlo in culo due volte
tu sei sosss sosss sosss sossspettato
hai un ordigno sospetto*

Ci portano via la libertà
in nome della libertà
ma perché non si levano dal cazzo
perché non ci lasciano stare
ci fanno sentire indebitati
per averci salvato dall’inferno
e poi ci fanno passare l’inferno
è tempo che quegli stronzi muoiano

Non credergli
non credergli
non prenderlo in culo due volte
tu sei sosss sosss sosss sossspettato
hai un ordigno sospetto*

Non credergli
non credergli
contesta ogni cosa che ti viene detta
da’ solo un’occhiata attorno a te
guarda l’amarezza e il rancore
perché non ci passiamo sopra e cerchiamo di aggiustare le cose

Non credergli
non credergli
non prenderlo in culo due volte
tu sei sosss sosss sosss sossspettato
hai un ordigno sospetto*

Siamo un ordigno sospetto se facciamo quel che ci dicono
ma un ordigno sospetto può segnare il suo goal
sono un ordigno sospetto, l’Esercito non può disinnescarlo
tu sei un ordigno sospetto, sanno di non poter rifiutare
e scoppieremo loro in faccia.
* to suss, familiare per “subire un fermo di polizia”.

30/8/2006 - 15:36




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