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Minatori non partite

anonimo
Lingua: Italiano


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[anni '50]
Testo e musica di anonimo

minatori"…Vista quindi la refrattarietà dei belgi a scendere in miniera, il governo belga ricorse, come in passato, ma questa volta in maniera più massiccia, al reclutamento di lavoratori stranieri... Vista anche l'impossibilità a stringere patti col governo polacco, si rivolse all'Italia, ansiosa di trovare una valvola di sfogo per i milioni di giovani disoccupati e attirata dalla possibilità di avere un accesso privilegiato all'acquisto del carbone belga...
Il 20 giugno 1946 vennero siglati a Roma degli accordi, sottoforma di un protocollo, con cui il
governo italiano si impegnava a fornire ogni settimana 2.000 giovani sotto i 35 anni alle miniere belghe. Il reclutamento, ufficialmente, avvenne attraverso manifesti affissi presso le Camere del lavoro e gli uffici di collocamento, ma ufficiosamente le industrie minerarie inviavano dei loro agenti per selezionare i candidati più graditi, ovvero "i settentrionali raccomandati dalle autorità religiose e dalle opere pontificie, perché poco esigenti" e impermeabili alla propaganda dei sindacati di sinistra. I candidati al lavoro in miniera venivano riuniti settimanalmente presso la stazione di Milano: in una sola notte un medico belga li visitava e, se idonei, due ingegneri facevano firmare loro dei contratti che, se garantivano paga e alloggio, non prevedevano alcun addestramento preventivo prima di scendere in miniera e li condannavano all'arresto e al rimpatrio forzato in caso di inadempienza (come spesso accadeva, una volta capito in cosa consisteva il lavoro, questi giovani, in gran parte contadini e artigiani, si rifiutavano di eseguirlo).
Dopo un viaggio di 56 ore, spesso effettuato in piedi, gli emigranti scendevano dal treno sui binari destinati al transito di merci, per evitare l'incontro con la popolazione belga e venivano caricati su camion che li porta alla miniera.
Nelle vicinanze del luogo di lavoro, si trovavano gli alloggi loro destinati, in realtà dei campi di raccolta costruiti dai nazisti per i prigionieri di guerra russi e poi riutilizzati dai belgi per internare i tedeschi e i collaborazionisti. I dormitori erano composti da letti di paglia sovrapposti e non presentavano alcun comfort: mancava, oltre la privacy, il riscaldamento, il gas, la luce e i servizi igienici, situati all'aria aperta in fondo al campo. Alla fine del 1956, quasi duemila di queste baracche provvisorie di legno, cartone asfaltato o lamiera ondulata, veri tuguri, erano ancora abitate soprattutto da famiglie", che, per essere alloggiate con la decenza prevista dagli accordi del 1946, dovettero aspettare di avere soldi sufficienti per l'affitto di case private. Questa situazione contrastava pienamente con l'articolo 9 del contratto di lavoro che dichiarava che "l'impresa belga si impegna a fare tutto quanto è nelle sue possibilità per procurare all'operaio un alloggio conveniente, provvisto dei
mobili necessari, al prezzo di fitto praticato nella regione e rispondente almeno alle condizioni previste dal codice belga del lavoro" .
Nella situazione di totale abbandono in cui si trovavano i primi migranti, i missionari furono spesso gli unici che si adoperano per risolvere molti problemi pratici della vita, tra i quali quelli linguistici;
padre Vittorio Nichelato, arrivato in Belgio nel 1951, insistette affinché venisse redatto un libretto di conoscenze degli usi e della lingua del paese ospitante, poiché i migranti al loro arrivo ignoravano, data la totale assenza di preparazione o di informazione prima della partenza, la complessa situazione di bilinguismo del paese stesso. Nella parte francofona, infatti, l'italiano riusciva ad apprendere la lingua senza troppe difficoltà, mentre nella parte fiamminga la comprensione era scarsa e spesso si doveva ricorrere al linguaggio universale dei gesti. Si capisce pertanto lo sgomento di molti migranti, quali ad esempio di Erminio Brussich, un istriano arrivato nel 1951 a Waterschei, cioè nella parte neerlandofona del paese: "Io parlavo un po' di francese ma non il fiammingo. Anzi, a Milano quando siamo partiti, ci hanno dato un libro scritto in lingua francese, e poi ci han mandato qui nella zona fiamminga. Per noi italiani il francese non è difficile, il fiammingo sì. Io sono arrivato senza sapere una parola di fiammingo ma neanche sapevo che esisteva il Belgio. Quando mi hanno detto che andavo in Belgio ho detto: "Ma dov'è questo Belgio?!". Non sapevo che lingua si parlava qua, niente, praticamente per me il Belgio era un paese che non esisteva".

I contatti con la popolazione belga erano inesistenti, perché si temevano da un lato le rivendicazioni degli operai del luogo, ostili ai nuovi arrivati che accettavano condizioni di lavoro infime e vanificano le loro rivendicazioni sociali, e dall'altro la possibile affiliazione degli italiani alle organizzazioni sindacali. Per evitare il diffondersi di idee comuniste, il padronato e le autorità belghe decisero di sostenere le strutture cattoliche fra i nuovi arrivati: nel 1947 la Confédération des Syndicats Chrétiens sigla un accordo con l'ACLI, che finanzia, insieme ai governi belga e italiano e ai proprietari delle miniere, la pubblicazione del settimanale Sole d'Italia. Questo giornale soppianta Italia libera, fino a quel momento unica pubblicazione italiana in Belgio, gestita da comunisti che avevano partecipato alla Resistenza.
La Chiesa italiana è presente attivamente nella comunità italiana in Belgio tramite i servizi dell'ONARMO (Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale per gli Operai) e l'invio di trenta missionari, incaricati di suddividere gli emigranti in parrocchie distinte da quelle belghe e di vigilare sul loro comportamento. Nonostante queste misure e il rischio di essere espulsi immediatamente dal paese - fra i minatori italiani continuano a essere coltivate idee comuniste, mentre fino alla fine degli anni Settanta non vi sono affiliazioni al Partito socialista belga.

Le dure condizioni di vita a cui i minatori erano sottoposti e la noncuranza delle autorità italiane, preoccupate principalmente di non perdere un contatto privilegiato con il governo belga, fanno dire agli italiani immigrati di essere stati venduti dal loro paese "per un sacco di carbone". Numerose sono le canzoni popolari che attestano la disperazione di chi resta in Italia e vede partire forse per sempre i propri familiari. Dall'analisi del canto "Minatori non partire", raccolto a S. Ilario d'Enza, vicino Parma, in data non precisata, si evince la natura economica dell'emigrazione ("Per il beco di quattrino/ ho lasciato il casolar"), che all'inizio coinvolge in prevalenza i maschi adulti ("non lasciate qui la mamma/ e i vostri piccoli tesor") mentre il nucleo familiare, rimasto in Italia, attende con ansia il rientro del congiunto ("Ritorna presto amor dalla miniera/ un forte abbraccio ancor/ dal tuo piccino che piange per te")..
Minatori non partite
non andate via di qua,
non lasciate qui la mamma
e i vostri piccoli tesor.
Per il beco di quattrino
ho lasciato il casolar,
tu non scrivi e più non torni
e mai per sempre tornerai..

Ritorna presto, amor
dalla miniera
un forte abbraccio ancor
dal tuo piccino che piange per te..

Minatori non partite
non andate via di qua,
non lasciate qui la mamma
e i vostri piccoli tesor.
Il piccino si è ammalato
chiama sempre il suo papà
che non scrive e più non torna
e mai per sempre tornerà..

Ritorna presto amor
dalla miniera
un forte abbraccio ancor
dal tuo piccino che piange per te…

inviata da giorgio - 2/7/2010 - 08:05




Lingua: Italiano

Ascoltavo sempre da bambino vecchi 45 giri in vinile, fra cui c' era anche questa canzone, purtroppo non ricordo perfettamente la sequenza sopratuttto del ritornello,sono quasi certo che sia questa.
Sento già che fischia il treno
che trasporta il mio amor
le mie forze vengon meno
già si spezza il mio cuor

cade lenta giù la neve
sove e lieve un rintoccar
dan l' addio le campane
ai nosti giovani minator

ritorna presto amor dalla miniera
un caldo abbraccio ancor
al tuo piccino che piange per te

minatori non partite
non andate via di qua
non lasciate più la mamma
i vostri piccoli e l'amor

il piccino si è ammalato
chiama sempre il suo papà
che non scrive e che non torna
e che mai più ritornerà

meglio un tozzo di pan duro
al tepor del focolar
che l' incognito destin
di tanti giovani minator

ritorna presto amor dalla miniera
un caldo abbraccio ancor
al tuo piccino che piange per te

al vecchio casolar ti apetteranno
la bianca mamma e il tuo più grande amor

inviata da Alessandro - 10/11/2010 - 22:03




Lingua: Italiano

Dopo averci pensato, mi sembrava che ci fosse qualcosa che non tornava nei miei ricordi, infatti avevo dimenticato una frase, questa è la versione corretta.
Sento già che fischia il treno
che trasporta il mio amor
le mie forze vengon meno
già si spezza il mio cuor

cade lenta giù la neve
sove e lieve un rintoccar
dan l' addio le campane
ai nostri giovani minator

ritorna presto amor dalla miniera
un caldo abbraccio ancor
al tuo piccino che piange per te

minatori non partite
non andate via di qua
non lasciate più la mamma
i vostri piccoli e l'amor

meglio un tozzo di pan duro
al tepor del focolar
che l' incognito destin
di tanti giovani minator

ritorna presto amor dalla miniera
un caldo abbraccio ancor
al tuo piccino che piange per te

passa il tempo e più non scrive
il mio caro minator
siamo soli e senza pane e
senza legna al focolar

il piccino si è ammalato
chiama sempre il suo papà
che non scrive e che non torna
e che mai più ritornerà

ritorna presto amor dalla miniera
un caldo abbraccio ancor
al tuo piccino che piange per te

al vecchio casolar ti apetteranno
la bianca mamma e il tuo più grande amor

inviata da Alessandro - 15/11/2010 - 17:06


Ciao Alessandro sono Walther dall´Argentina io ho questo 45 giri, se ho tempo oggi ti faccio un filmato con questa canzone.
https://www.facebook.com/waltheralejan...

walther - 17/6/2014 - 11:45




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