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Call It Democracy

Bruce Cockburn
Language: English


Bruce Cockburn

List of versions


Related Songs

Antipatico
(Ricky Gianco)
If a Tree Falls
(Bruce Cockburn)
Sarà, però...
(Gianfranco Manfredi)


[1986]
Lyrics and music by Bruce Cockburn
Testo e musica di Bruce Cockburn
da/from "World Of Wonders"

cckBRUCE COCKBURN
di Riccardo Bertoncelli

Quando si parla di Bruce Cockburn, lo si colloca sempre in una «seconda ondata» di musica d'autore canadese, dopo la prima e storica; quando Leonard Cohen, Neil Young e Joni Mitchell erano ormai autorità, nomi consolidati nel Gotha del folk rock. In realtà c'è un equivoco. È vero che Cockburn divenne famoso alla metà dei Seventies ma è altrettanto vero che anagraficamente appartiene alla stessa classe di Joni e Neil e che le sue prime incisioni, carte alla mano, risalgono al 1968. Un uomo di «quella» generazione, insomma; a cui il destino ha dato tempi più lenti e che proprio per quello, forse, è arrivato ai nostri giorni forte e ricco di idee. La True North ha cominciato in queste settimane la ristampa del catalogo classico di Cockburn. Sono una ventina di album in tutto che usciranno in nuova edizione, con commento critico e bonus tracks. La collana non è iniziata in ordine cronologico, con il Bruce Cockburn del 1970, ma con una serie di sei album sparsi in cui spiccano In The Falling Dark (nella foto la copertina), Further Adventures e Dancing In The Dragon's Jaws, la trilogia del 1976-79. Sono album fondamentali per diversi motivi. È con quelli, infatti, che Cockburn esce dalla piccola cerchia di estimatori iniziali e trova un nuovo e più grande pubblico. Cambia anche lo stile; dal folk puro e derivativo degli esordi a una canzone d'autore più sofisticata e complessa, aperta a influenze non solo rock, anche pop jazz. Più avanti il canadese cambierà ancora, instillerà veleno elettrico nel suo musica & parole, scoprirà colorati orizzonti world music. Ma fermiamoci a questi gloriosi anni Settanta e a un album soprattutto, il più bello ed emblematico: In The Falling Dark. Abbiamo detto «trilogia» e Nicholas Jennings, nelle note, conferma. In realtà sarebbe più corretto parlare di una quadrilogia, partendo da un disco indietro, da Joy Will Find A Way. Lì, nel 1975, Cockburn trova nuovi accenti più squillanti, meno intimistici, e prova a variare con una più ampia tavolozza sonora la sua formula. Un po' di jazz, abbiamo detto, anche se sembrano esagerati i riferimenti più volte sbandierati nei confronti di Coltrane e Wes Montgomery. Cockburn non si spinge a tanto. Gli bastano piccole decorazioni di flauto, dolci interventi di flicorno, per movimentare il folk rock disegnato dalle sue chitarre e dal contrabbasso/batteria/percussioni dei collaboratori. Il punto di riferimento sembra John Martyn, il più lucido erede del vecchio mito «modern jazz folk» accarezzato negli anni Sessanta da Tim Hardin e Jeff Buckley; solo che Martyn ha una voce scura, una radice amara in gola, mentre Cockburn canta come scrive, con pacata dolcezza, con inebriato stupore. In The Falling Dark si apre con l'elogio al Dio Creatore di Lord Of The Starfields. Qui come in altri brani (Dweller Of A Dark Stream per esempio, una delle quattro tracce bonus), Cockburn conferma la sua vena mistica, scrivendo moderni salmi di adorazione per la bellezza dell'universo e la saggezza di Dio Onnipotente. Ogni brano è un inno al Suo grande e perfetto disegno, anche quando le parole tacciono e, in Water Into Wine, in Giftbearer e in un lungo inedito senza titolo, Cockburn si trasforma in una sorta di piccolo Leo Kottke, intrecciando delicate fantasie strumentali. Agli occhi dell'estasiato menestrello, la Natura è perfetta, l'uomo corrotto. Dovrebbe seguirne i ritmi, coglierne la segreta armonia, invece se ne allontana e le reca violenza. Da queste amare constatazioni nascono canzoni come Gavin's Woodpile e Red Brother, Red Sister, dove si denunciano un caso di polluzione ambientale nell'area dell'Ontario e il genocidio dei pionieri canadesi nei confronti dei Nativi Americani di quei luoghi. «Signore dei Campi di Stelle/ Dio Creatore dell'Universo/ Ecco una canzone in tua lode./ Ali della nube in tempesta/ Inizio e fine/ Tu dai slancio al mio cuore/Come un vessillo al vento». Bruce Cockburn non perderà mai la fede ma con gli anni il tono delle sue canzoni si farà più cupo e tagliente. «Il mistico del Nord», come qualcuno lo aveva definito, abbandonerà le solitarie meditazioni per brani sempre più polemici, crudi, di protesta. In Inner City Front, 1981, un'altra delle ristampe True North di questo lotto, riprenderà il tema della dylaniana With God On Our Side e in Justice lamenterà i crimini perpetrati nel nome delle religioni. In World Of Wonders, 1986, attaccherà con foga l'ipocrisia dell'Occidente con i versi tante volte ricordati (anche adesso, sulla soglia della Seconda Guerra del Golfo) di Call It Democracy; e in Stealing Fire, 1984, metterà a frutto un viaggio in Nicaragua per scoprire la drammatica realtà delle popolazioni centroamericane sfruttate dai governi autoritari e dalle multinazionali americane. Allora forse queste pagine giovanili, per quanto ispirate e belle, gli sembreranno deboli o almeno incompiute. Dio è lontano nei suoi Campi di Stelle mentre sulla terra va in scena la sanguinaria commedia di diseredati «che non conoscono il lusso di riflettere e decidere se farsi coinvolgere dalla politica, perché può sempre passare qualcuno che ha idee contrarie e con un machete staccarti un pezzo di corpo».
Padded with power here they come
international loan sharks backed by the guns
of market hungry military profiteers
whose word is a swamp and whose brow is smeared
with the blood of the poor

who rob life of its quality
who render rage a necessity
by turning countries into labour camps
modern slavers in drag as champions of freedom
sinister cynical instrument
who makes the gun into a sacrament --

the only response to the deification
of tyranny by so-called "developed" nations'
idolatry of ideology
north south east west
kill the best and buy the rest
it's just spend a buck to make a buck
you don't really give a flying fuck
about the people in misery

IMF dirty MF
takes away everything it can get
always making certain that there's one thing left
keep them on the hook with insupportable debt
see the paid-off local bottom feeders
passing themselves off as leaders
kiss the ladies shake hands with the fellows
open for business like a cheap bordello

and they call it democracy
and they call it democracy
and they call it democracy
and they call it democracy

see the loaded eyes of the children too
trying to make the best of it the way kids do
one day you're going to rise from your habitual feast
to find yourself staring down the throat of the beast
they call the revolution
IMF dirty MF
takes away everything it can get
always making certain that there's one thing left
keep them on the hook with insupportable debt.



Language: Italian

Versione italiana di Riccardo Venturi

wow
CHIAMATELA DEMOCRAZIA

Arrivano, imbottiti di potere,
gli strozzini internazionali spalleggiati dalle armi
dei profittatori militari affamati di mercato
la cui parola è annientamento, e con la fronte
cosparsa del sangue dei poveri

quelli che rubano la qualità alla vita
quelli che rendono la rabbia necessaria
trasformando paesi interi in campi di lavoro forzato
moderni schiavisti travestiti da campioni della libertà
cinico e sinistro strumento
che trasforma il cannone in un sacramento

la sola risposta alla deificazione
della tirannia delle nazioni cosiddette "sviluppate"
con la loro idolatria dell'ideologia
nord sud est ovest
ammazza la bestia e compra il resto
è spendere un dollaro per farne un altro
e in realtà non te ne frega un cazzo nulla
della gente che vive in miseria

Il FMI, il FMI di merda
si prende tutto quello che può
assicurandosi sempre che una cosa rimanga:
tenerli sempre all'amo con un debito insopportabile
guardate ad esempio quei buoni a nulla locali ben foraggiati
che si fanno passare per dei leaders
baciare le signore e stringer le mani ai loro compagni
in orario di apertura, come in un bordello economico

e la chiamano democrazia
e la chiamano democrazia
e la chiamano democrazia
e la chiamano democrazia

e gli sguardi da ricchi sfondati, persino dei loro figli
che cercano di trarre profitto, al modo dei bambini
un giorno, per voi, finirà la solita festa
e vi ritroverete a fissare con occhi bassi la gola della bestia
la chiamano rivoluzione
Il FMI, il FMI di merda
si prende tutto quello che può
assicurandosi sempre che una cosa rimanga:
tenerli sempre all'amo con un debito insopportabile.



Language: Italian

Versione italiana di Gianfranco Manfredi e Ricky Gianco


[2003]
"Danni Collaterali" edito da "Il Manifesto"
Danni collaterali


L'operazione musicale raccoglie artisti importanti della canzone italiana quali Eugenio Finardi, Ricky Gianco, Claudio Lolli, Gino Paoli, Suso, Gianfranco Manfredi, Teresa De Sio, Patrizio Fariselli Project (ex Area) e Angela Baggi, Skiantos, Lella Costa, Yo Yo Mundi più la partecipazione di Fernanda Pivano, Maurizio Camardi e Lucio 'Violino' Fabbri i quali
reinterpretano, con opportuna traduzione, celebri brani anglo-americani di autori sensibili al tema pacifista: Emerson, Lake&Palmer, Bruce Cockburn.
Mark Knopfler, Dougie Mac Lean, Sinead O'Connor, Ani Di Franco, oltre a brani originali e nuovi. Tutte le canzoni, anche le riesecuzioni di repertorio d¹autore, sono (con un'unica eccezione) incisioni del tutto inedite.
Le persone che hanno contribuito a questo progetto si sono telefonate e incontrate nei giorni che precedevano la guerra in Iraq, non solo con l'intento di fare qualcosa di utile per i movimenti e le associazioni che si battono fattivamente per la pace, ma anche e più semplicemente per una spinta emotiva. Le canzoni forse non possono cambiare il mondo, ma se un artista non si lascia toccare da ciò che avviene nel mondo, può in teoria restare un artista, ma di certo è una persona da poco. Il semplice fatto che la maggior parte delle canzoni qui contenute siano degli anni'80-'90, recentissime e del tutto nuove, testimonia che la guerra non è mai finita, né si è mai smesso di cantare per la Pace.

Girotondo - La loro democrazia - Luglio, agosto, settembre (nero) - Che ci hanno fatto? - Se la storia - Un uomo fortunato - Brindisi alla vittoria - Danni Collaterali - Al milite ignoto - Pacifisti oltranzisti - Sarà, però... - Fratelli di guerra - Gorizia - Lampante



LA LORO DEMOCRAZIA

Uomini assetati di potere
squali del profitto criminale
la peggiore feccia dell'umanità
nutrono la loro avidità
col sangue dei poveri

rubano alla vita la sua qualità
rendono la rabbia una necessità
fanno della terra un campo di lavoro
creano nuovi schiavi del denaro
e li chiamano liberi

cinici campioni dello sfruttamento
la forza delle armi è il loro sacramento
eccoli i tiranni dell'umanità
altro che crociati della civiltà
miserabili ipocriti

nord sud ovest est
paghi due prendi tre
la legge del mercato è una cosa seria
la crescita produce la miseria
e la fame dei popoli

non c'è più nessuna pietà
il saccheggio non lo fermeranno mai
il fondo monetario non conosce fondo
e soffoca col debito l'avvenire del mondo...

pagano i peggiori dittatori
e quando non gli servono li fanno fuori
usano lo stato per i loro affari
sempre sorridenti come i tenutari
dei bordelli più squallidi
è la loro democrazia
è la loro democrazia
è la loro democrazia

crescono bambini senza più speranza
figli della vostra intolleranza
figli della rabbia e della frustazione
pronti al sacrificio della ribellione
che cos'hanno da perdere?

non c'è più nessuna pietà
il saccheggio non lo fermeranno mai
il fondo monetario non conosce fondo
e soffoca col debito l'avvenire del mondo...
e la chiaman democrazia
e la chiaman democrazia



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