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Ti ricordi Nina

Gianni Nebbiosi
Lingua: Italiano


Gianni Nebbiosi

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(adriana la matta)

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[1972]
E ti chiamaron Matta
etichiama
Testo e musica di Gianni Nebbiosi
Lyrics and music by Gianni Nebbiosi
EP Dischi Del Sole - DS76
Riedizione di Alessio Lega e Rocco Marchi - 2008


Gianni Nebbiosi.
Gianni Nebbiosi.
Non se ne trovano quasi, in rete, fotografie del professor Gianni Nebbiosi. È, adesso, uno stimato studioso di psicologia e frenologia a livello internazionale: basta digitare il suo nome su Google, e compaiono studi, interventi a seminari e congressi, testimonianze professionali. E anche la fotografia che qui presentiamo, che lo ritrae nel 2002, è stata presa ad un convegno internazionale tenutosi in Spagna. Digitare il suo nome su Google, dicevamo. In mezzo agli studi e agli interventi, compare però anche una cosa “strana”, a nome di Gianni Nebbiosi. Un album di canzoni. Un incredibile e dimenticato album di canzoni del 1972 intitolato E ti chiamaron matta. Un album prodotto nientemeno che da Giovanna Marini, e nella quale la stessa ebbe a accompagnare Nebbiosi agli strumenti.

Racconta Alessio Lega...ma perché Alessio Lega racconti lo diremo meglio dopo. Ora diciamo semplicemente quello che racconta durante i suoi concerti. Era il 1972, e Gianni Nebbiosi non era ancora né professore, né stimato: era un semplice studente di medicina interessato ai problemi della psichiatria e, soprattutto, della condizioni di vita nei manicomi. Nei lager chiamati manicomi. In quelle istituzioni terribili, in quei campi di concentramento in nome della “medicina” che allora non venivano messi minimamente in discussione. Gianni Nebbiosi, occupandosene e dopo una crisi personale, da studente ebbe modo, purtroppo per lui, di finirci dentro -anche se per un breve periodo. Uscitone, decise di cantare quello che aveva visto. La canzone come mezzo di diffusione di esperienze, di idee, di lotta. Ne nacquero sei canzoni pubblicate in album dai “Dischi del Sole”.

Un album che mai ebbe vita facile, che nacque introvabile. Eppure dovette circolare, in modo sotterraneo. Eppure dovette dare il suo contributo a quel movimento che, negli anni '70 in Italia, portò in pochi anni alla Legge Basaglia ed alla chiusura dei manicomi (1978). Dice ancora Alessio Lega: “Forse ad un anarchico non sta bene parlare di una legge. Ma c'è stato comunque un periodo in questo paese, in cui larghe fasce di persone lottavano, si battevano perché fossero eliminati dei lager, e in cui l'Italia era un po' meno di merda di quella di adesso.”. Il giovanissimo Alessio Lega andò a cercare questo album, arrivando a prendere l'elenco del telefono di Roma e chiamare direttamente il professor Nebbiosi. Il quale, gentile e gioviale, e con un accento romanesco da far paura, si dimostrò entusiasta che quelle sue canzoni ancora circolassero, e fossero ricercate.

Ma che cosa ha fatto, in definitiva, Alessio Lega? E' semplice. Quell'album oramai irreperibile lo ha riarrangiato, ricantato e reinciso assieme al suo polistrumentista Rocco Marchi (che io chiamo affettuosamente il “tuttista”, specie quando suona il suo xilofono portatile con canna acustica -detto familiarmente “pippofono”). Una riproposizione cui ha partecipato anche il professor Gianni Nebbiosi, in persona, mettendo a disposizione tutto il materiale che aveva. Le “sei canzoni dei matti” si possono scaricare legalmente dal blog di Alessio. E vi consigliamo di farlo.

Ve lo consigliamo perché viviamo in tempi in cui, tra le altre cose, tra le invocazioni di sicurezze, galere, linciaggi, “certezze della pena” e compagnia bella, non mancano nemmeno quelle per la riapertura dei manicomi. “Ah, quando almeno c'erano i manicomi, i matti stavano dentro!”. Chi scrive c'è entrato svariate volte, come soccorritore, nei manicomi. Quello che erano lo potete leggere qui, e non è che un episodio. A tale riguardo, abbiamo deciso anche di istituire un nuovo percorso: perché di lager si è trattato, e dei peggiori. Non a caso la “pazzia” fu largamente usata dallo stalinismo per sbarazzarsi degli oppositori. Non a caso gli infermieri dei manicomi differivano a volte assai poco dagli aguzzini di Auschwitz o di Treblinka, infierendo su esseri umani ridotti a larve incapaci di difendersi. [RV]

nebblega

”La morte non è nel non potere comunicare
Ma nel non poter più essere compresi”

Pier Paolo Pasolini

Caro Alessio, la ragione -l'emozione- che mi ha portato a scrivere canzoni all'inizio degli anni settanta sta tutta in questi versi di Pasolini. Quando ci si occupa della sofferenza psichica è importante condividerla, capire i significati affettivi e i contesti della vita che l'hanno fatta nascere. In fondo le persone che soffrono non cercano altro: vogliono parlarci (talvolta confusamente, talvolta con illuminante chiarezza) di quello che le fa soffrire, e vogliono che le comprendiamo per potere comprendersi. Purtroppo succedeva e succede troppo spesso che tra quel dolore e noi che ce ne occupiamo si frappongono un sacco di cose: la nostra “competenza” professionale che ci fa giudicare, diagnosticare, definire troppo in fretta e con poca empatia il dolore mentale dell'altro; il ruolo di chi cura, che spesso “protegge” la propria autenticità e fragilità dietro una presunta neutralità “scientifica”; le regole di istituzioni che dovrebbero curare ma che spesso sono preoccupate solo di salvare se stesse.
Caro Alessio, le cose in questi quarant'anni non sono tante cambiate, nonostante le gloriose battaglie di psichiatria democratica e l'impegno di tanti operatori. Ti ringrazio davvero di cuore di avere dato voce, attraverso le mie canzoni, a queste storie e ai loro protagonisti: persone che cercavano -e cercano- solo di essere aiutate e comprese.

Gianni Nebbiosi.
Lettera a Alessio Lega riprodotta nell'album

”La realtà manicomiale è stata superata
e non si sa quale potrà essere il passo successivo.
Come non risalire dall'escluso all'escludente?
O si è complici, o si agisce e si distrugge.”

Franco Basaglia, Ospedale Psichiatrico Provinciale di Gorizia, 1968.

Franco Basaglia.
Franco Basaglia.

E ti chiamaron matta: piccolo ma grande grande grande.
di Fabio Antonelli

C’è chi si sveglia con accanto nel letto una donna stupenda, c’è chi si sogna solamente di trascorrere una notte d’amore con una donna stupenda, c’è chi come me si sogna di aver trascorso una magnifica serata a chiacchierare con Alessio Lega in una non identificabile trattoria di Milano e di svegliarsi poi la mattina con testa la musica e le parole di “Ti ricordi Nina”.

Sinceramente non ricordo di cosa abbiamo parlato Alessio ed io in questo mio originalissimo sogno, forse di musica, forse di politica anche se qui io e lui ci troviamo su posizioni distanti o forse, più semplicemente, gli ho espresso quanto non gli avevo detto qualche giorno prima quando, appena ascoltato il suo nuovo disco, ho avvertito l’urgenza di telefonargli per esprimergli i miei apprezzamenti per il rifacimento del piccolo urgente disco capolavoro dello psichiatra/cantautore Gianni Nebbiosi che è così tornato disponibile dopo 37 anni dall’originale incisione.

A condividere questo progetto ha avuto accanto Rocco Marchi, al quale bisogna rendere merito per aver saputo dare al disco una veste musicale affascinante e tale da non renderlo tedioso perché, visto l’argomento trattato, il rischio di fare un disco pesante come un macigno ci sarebbe potuto essere.

Il disco è stato inciso in occasione dei trent’anni dalla Legge Basaglia, quella che ha cercato di superare la realtà manicomiale come si evince da una testimonianza del 1968 dello stesso Basaglia riportata nella custodia del disco “La realtà manicomiale è stata superata e non si sa quale potrà essere il passo successivo. Come non risalire dall’escluso all’escludente? O si è complici, o si agisce e si distrugge.”.

Unica pecca è forse quella della mancanza di un libretto con i testi delle canzoni, oltre al citato intervento di Basaglia troviamo, però una breve lettera in cui Gianni Nebbiosi ringrazia Alessio così: “Ti ringrazio davvero di cuore di aver dato voce, attraverso le mie canzoni, a queste storie e ai loro protagonisti: persone che cercavano - e cercano – solo di essere ascoltate e comprese” ed in cui racconta che la ragione che l’ha portato a scrivere canzoni all’inizio degli anni settanta sta tutta in questi versi di Pasolini “La morte non è nel potere comunicare ma nel non poter più essere compresi”.

Alessio Lega si rivela ancora una volta un grande interprete di canzoni di altri, sa appropriarsene e farsene carico con grande maestria per raggiungere vette di eccellenza in canzoni come quest’ultima in cui il gesto di rivolta sentito cantare da lui assume una duplice valenza umana e politica.

Rocco Marchi da par suo, più che in altre occasioni si è dimostrato capace di rendere drammaticità al cantato senza però aggiungere inutili pesantezze ed orpelli eccentrici o barocchi.

Un disco piccolo piccolo per durata ma eccezionalmente grande per intensità.
Ti ricordi Nina
il vecchio girotondo
nella campagna chiara
di mezza primavera
per far crescere il grano
pregavi un dio lontano
un dio che non si paga:
e ti chiamaron maga.

Ti ricordi Nina
quando arrivò l'estate
il tuo parlar col cielo
con l'erba e con il melo
il tuo fuggir nei campi
quando la notte canta:
e ti chiamaron santa.

Ti ricordi Nina
la luce dell'inverno
e le case erano tane
per spartirsi la fame
tu stavi in mezzo al gelo
e bestemmiavi il cielo
con gli occhi di chi prega:
e ti chiamaron strega.

Ti ricordi Nina
il medico in paese
venuto da lontano
col suo camice bianco
ed un sorriso stanco
inutile e tagliente
come la vecchia latta:
e ti chiamaron matta.

E ti chiamaron matta
e ti chiamaron matta

inviata da CCG/AWS Staff - 12/2/2009 - 02:55



Lingua: Francese

Version française – Ils te dirent folle – Marco Valdo M.I. – 2009
Chanson italienne – Ti chiamaron matta – Gianni Nebbiosi - 1972

Bon dieu de bon sang, la Nina de Nebbiosi a de foutues allures de la Clara de Dessy (voir la chanson Hou hou !, que Marco valdo M.I. lui a consacrée). Le suicide en moins.... et encore, on ne connaît pas la suite de l' histoire de Nina.
Dans le fond, ces êtres (femmes ici, hommes chez De Gregori et De André... par exemple – voir Il Matto, Un Matto) si désarmés face à la vie voudraient peut-être tous sauter dans l'autre monde comme le fit Clara, mais certains s'acharnent à les en empêcher et à les maintenir contre leur gré au dessus de la terre.
Maintenir en vie de force est un assassinat inversé.
Ou alors, comme en toutes choses humaines, quand ils ont encore un minimum de conscience, quand ils peuvent encore vous entendre, apportez leur la tendresse, une attention calme et aimante, votre temps et votre réserve de courage et de volonté, donnez leur votre temps – comme dans la Chanson de Jacky, rien qu'une heure, une heure seulement, rien qu'une heure quelquefois, rien qu'une heure, rien qu'une heure durant.... donnez leur morceau de bonheur.
Et si vous ne faites pas çà, un seul impératif : Tais-toi.

Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.
ILS TE DIRENT FOLLE

Te rappelles-tu Nina
L'ancienne ronde
Dans la campagne blonde
Du milieu du printemps
Pour faire croître le blé
Tu priais un dieu éloigné
Un dieu sans clergé :
Et ils te dirent fée.

Te rappelles-tu Nina
Quand arriva l'été
De ton colloque avec le temps
Avec l'herbe et avec le pommier.
De ta fuite dans les champs
quand chantait la soirée.
Et ils te dirent sainte.

Te rappelles-tu Nina
La lumière de l'hiver
Dans nos maisons-tanières
Où tu chassais la faim
Dressée au milieu du gel
Tu insultais le ciel
Avec des yeux de prière
Et ils te dirent sorcière.

Te rappelles-tu Nina
Ce médecin du dimanche
Venu de si loin
Avec sa blouse blanche
Et son sourire chafouin
Inutile et coupant
Comme le vieux fer blanc.
Et ils te dirent folle.

Et ils te dirent folle
Et ils te dirent folle.

inviata da Marco Valdo M.I. - 12/2/2009 - 14:31


E CHIAMATELE MATTE!

fogdance


Fosdinovo, 6 agosto 2018. Alessio Lega e Rocco Marchi presentano in concerto la nuova versione di E ti chiamaron matta, lo storico album di Gianni Nebbiosi riarrangiato a 46 anni dalla sua pubblicazione, a 10 anni dalla sua prima riproposizione e a 40 anni dalla legge Basaglia.

Due bambine, sotto il palco, se lo sono ballato tutto, dall'inizio alla fine. Da In un anno e più d'amore a Emigrato su in Germania. E non zampettato: proprio ballato, a tempo, con una grazia meravigliosa e strabiliante, seguendo la musica con circonvoluzioni e figure.

Non credo che il professor Gianni Nebbiosi se lo sarebbe, un giorno, mai immaginato. Destino ha voluto che fossi in posizione per riprenderli tutti e quattro, i due artisti che eseguivano quelle terribili e bellissime canzoni, e le due bambine che le ballavano.

E chiamatele matte!

[RV]

Riccardo Venturi - 8/8/2018 - 19:57




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