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Nantucket Sleighride (to Owen Coffin)

Mountain
Lingua: Inglese


Mountain

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[1971]
Scritta da Felix Pappalardi e Gail Collins
Nell'album intitolato “Nantucket Sleighride”

Nantucket Sleighride

“Nantucket sleighride” è un'espressione usata in passato dai cacciatori di balene dell'isola di Nantucket, nei pressi di Cape Cod, Massachusetts, ad indicare ciò che avveniva quando la balena veniva arpionata, trascinando con sé l'imbarcazione a tutta velocità nel tentativo di divincolarsi. Se l'arpione e le funi reggevano al primo strappo e al trascinamento, allora i cacciatori potevano avere la meglio sull'animale quando, esausto per il dolore, la fatica ed il sanguinamento, riuscivano ad avvicinarlo e ad ucciderlo...



La caccia ai cetacei è cosa antichissima. Furono i baschi a farne un'attività redittizia, tanto che già nel 400 le balene erano sparite dal golfo di Biscaglia. I balenieri baschi si spinsero così sempre più al largo nel nord Atlantico, fino alle isole Fær Øer e poi fino in Groenlandia, incontrando poi la concorrenza di inglesi ed olandesi. Il villaggio baleniero di Smeerenburg (in neerlandese significa “Città del grasso di balena”) nelle norvegesi Svalbard venne fondato nel 1619 e già 40 dopo fu abbandonato per lo sterminio totale dei cetacei (su Smeerenburg sorsero vere e proprie leggende – sulla sua ricchezza e sulla quantità di navi e di uomini che vi operavano - che vengono ancora oggi propalate anche attraverso Wikipedia)
Nell'800 furono gli statunitensi a diventare i più attivi cacciatori di balene al mondo ma dopo il grande disastro del 1871, quando un'intera flotta di baleniere rimase intrappolata fra i ghiacci in Artico, e con la rapida sostituzione dell'olio di balena con il kerosene, la caccia ai cetacei declinò.
Anche perchè c'erano rimaste ben poche balene da cacciare...

La canzone dei Mountain si riferisce ad un episodio ben preciso dell'epopea baleniera americana.

Nantucket


Alla fine dell'estate del 1819 salpò da Nantucket la nave baleniera Essex ai comandi del capitano George Pollard, con a bordo una ventina di membri d'equipaggio e quattro “whalers”, le piccole imbarcazioni usate nella caccia tradizionale ai cetacei.
Quello che avvenne nei mesi successivi è emblematico del danno che l'uomo può arrecare alla natura ma anche, per fortuna, del viceversa.
La Essex doppiò Capo Horn per andarsene a caccia nel Pacifico, lungo le coste dell'Ecuador, ma dopo tutto quel viaggio non trovarono mezza balena. Esausti e sfiduciati, gli uomini dell'Essex fecero scalo nell'isola di Charles (oggi Floreana), nell'arcipelago delle Galápagos, dove si dedicarono per settimane alla caccia delle testuggini giganti, uccidendone e catturandone a centinaia e imbarcandone molte per consumarle durante il prosieguo del viaggio.
Prima di partirsene i nostri, non paghi della strage di tartarughe, per gioco appiccarono un fuoco che velocemente si propagò all'intera isola distruggendola completamente, insieme a varie specie animali e vegetali endemiche che si estinsero proprio grazie agli allegri balenieri della Essex.
Poi la nave si spinse nel cuore del Sud Pacifico.
A metà novembre del 1820 i marinai della Essex avvistarono le prime balene.
Calate in mare le lance da caccia, il 16 novembre una di queste fu distrutta nell'attacco di un capodoglio emerso deliberatamente proprio sotto la pancia dell'imbarcazione.
Il giorno 20 i cacciatori si lanciarono verso un branco di capodogli, riuscendo ad arpionarne un paio. Una delle bestie distrusse la lancia con un colpo di coda, riuscendo a liberarsi, un'altra trascinò via la barca del capitano Pollard secondo il copione del “Nantucket Sleighride”.



Ed ecco che Madre Natura, dopo le molteplici offese subite e gli avvertimenti dati, decise di farsi giustizi.
I marinai della lancia danneggiata, tornati alla Essex per le riparazioni, notarono un enorme capodoglio che aveva un atteggiamento insolito: se ne stava immobile, a pelo d'acqua, con la testa rivolta verso la nave... Poi partì di scatto e piombò sul vascello a tutta velocità, colpendo lo scafo con tutta la forza... Quindi, come stordito, restò per qualche minuto sotto il timone, dove i cacciatori non potevano arpionarlo, per paura che lo danneggiasse... Poi nuotò fino ad una certa distanza e di nuovo si voltò verso la Essex, e di nuovo caricò con violenza ancora maggiore...

La Essex cominciò lentamente a colare a picco. Quando tornò il capitano Pollard non potè che constatare sgomento il disastro. Dovettero giurargli che era stata la balena, perchè non poteva crederci...



L'equipaggio fu costretto ad abbandonare la nave, caricando quanto si poteva sulle tre lance rimaste.
Si trovavano a circa 3.700 km dalle coste sudamericane...
Prima riuscirono a raggiungere l'isola di Henderson, che però era disabitata (chissà perchè non si diressero a Pitcairn, 167 km a su ovest, dove vivevano i sopravvissuti dell'HMS Bounty)...
Tre uomini decisero di rimanere sull'isola (e vennero tratti in salvo circa un anno dopo), gli altri ripresero il mare nel tentativo di raggiungere l'isola di Pasqua o Más a Tierra (oggi Robinson Crusoe). Era il 27 dicembre del 1820. Due settimane più tardi le scorte erano finite, gli uomini cominciarono a morire e, se i corpi dei primi furono lasciati al mare, poi i vivi cominciarono a cibarsi dei morti. Il 1 febbraio, su una delle due imbarcazioni (nel frattempo allontanate nel corso di una tempesta) gli occupanti furono costretti a lasciare alla sorte di decidere chi dovesse essere ucciso per sfamare gli altri... La pagliuzza più corta toccò al giovanissimo, appena diciassettenne, Owen Coffin (sarà stato per via del cognome, che significa “bara”...), che pare accettò con rassegnazione ed eroismo il suo destino (e per questo la canzone dei Mountain gli è espressamente dedicata).
Di 17 uomini che componevano i tre equipaggi perirono in 12, di cui 7 vennero mangiati dai compagni mentre 3 cadaveri scheletriti vennero ritrovati molto tempo dopo a bordo della loro lancia spiaggiata sull'isola di Ducie, un atollo deserto delle Pitcairn.
I due equipaggi sopravvissuti, 5 uomini in tutto, furono raccolti allo stremo delle forze circa tre mesi dopo il naufragio della Essex.

Tutti tornarono a navigare e a cacciare balene...
Ma il capitano Pollard ebbe due nuovi naufragi in rapida successione e nessuno lo volle più su una nave...
Il primo ufficiale Owen Chase scrisse un resoconto del naufragio della Essex, “Narrative of the Most Extraordinary and Distressing Shipwreck of the Whale-Ship Essex”, che fu una delle fonti principali d'ispirazione per Herman Melville nello scrivere il suo “Moby Dick” (senza dimenticare che Melville stesso aveva navigato per anni, anche a bordo di baleniere). Chase rimase sul mare per altri 20 anni ma una volta in pensione fu tormentato da emicranie dolorosissime ed incubi spaventosi, prese a nascondere cibo per casa e finì i suoi giorni in clinica psichiatrica...
(fonti: en.wikipedia, più varie)
Goodbye, little Robin-Marie
Don't try following me
Don't cry, little Robin-Marie
'Cause you know I'm coming home soon

My ships' leaving on a three-year tour
The next tide will take us from shore
Windlaced, gather in sail and spray
On a search for the mighty sperm whale

Fly your willow branches
Wrap your body round my soul
Lay down your reeds and drums on my soft sheets
There are years behind us reaching
To the place where hearts are beating
And I know you're the last true love I'll ever meet

Starbuck's sharpening his harpoon
The black man's playing his tune
An old salt's sleeping his watch away
He'll be drunk again before noon

Three years sailing on bended knee
We found no whales in the sea
Don't cry, little Robin-Marie
'Cause we'll be in sight of land soon

inviata da Bernart Bartleby - 20/11/2016 - 23:01




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