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Canti di Prigionia

Luigi Dallapiccola
Lingua: Latino


Luigi Dallapiccola

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Canti di Prigionia
[1938-1941]
per voci miste e strumenti
Preghiera di Maria Stuarda
Invocazione di Severino Boezio
Congedo di Fra' Girolamo Savonarola



Tra l’inizio della composizione dei "Canti di prigionia" (1938) e il completamento dell’opera Il Prigioniero (1948)Dallapiccola era «vissuto in ispirito per dieci anni in mezzo a prigioni e prigionieri». In un suo scritto dell’inizio degli anni Cinquanta il maestro ricollegò l’interesse per il tema della libertà alla propria esperienza di adolescente. Nato a Pisino d’Istria (allora sotto la giurisdizione austriaca, oggi nella parte croata della penisola), dove il padre insegnava lingue classiche nel ginnasio-liceo di lingua italiana, durante la prima guerra mondiale dovette trascorrere venti mesi a Graz, tra il 1917 e il 1918, perché al padre, considerato “politicamente inaffidabile”, era stato imposto il confino. «Non si ebbe a soffrire di alcuna brutalità» ricorda il maestro: «Pure, il cambiamento fra il ritmo tranquillo dei miei primi dieci anni di vita e quanto era avvenuto dopo, in così breve volger di tempo, era stato un po’ troppo brusco. Avevo l’impressione che fosse stata compiuta un’ingiustizia e sentivo in me un profondo senso di umiliazione». Vent’anni più tardi un altro avvenimento colpì duramente il musicista: la pubblicazione del “manifesto razziale”, avvenuta il 15 luglio 1938, seguita dalle dichiarazioni con cui, il successivo 1° settembre, Mussolini dichiarava ufficialmente l’adozione di una politica di discriminazione, sulla scia di quanto avveniva nella Germania hitleriana. Il manifesto feriva ancor più la coscienza del musicista in quanto la moglie, Laura Luzzatto, era ebrea: «avrei voluto protestare, ma non ero ingenuo al punto di non sapere che, in un regime totalitario, il singolo è impotente. Soltanto con la musica avrei potuto esprimere la mia indignazione».

Interrompendo la composizione dell’opera "Volo di notte", Dallapiccola, in soli quattro giorni, mise in musica la breve preghiera scritta da Maria Stuarda durante gli ultimi anni della sua prigionia. La conosceva per aver letto la biografia della regina di Scozia scritta da Stefan Zweig, e la scelse perchè quei versi, così distanti cronologicamente, potessero essere rappresentativi di una condizione umana sovratemporale. Pochi mesi dopo il maestro ritenne che questo brano non dovesse rimanere una pagina autosufficiente, ma far parte di una composizione più articolata, da completare ricorrendo ad altri scritti di prigionieri illustri, «di uomini che avevano lottato e creduto». Per la seconda parte, alla cui composizione lavorò tra la primavera e l’estate del 1940, scelse due frasi del "De consolatione philosophiae" di Severino Boezio, mentre per la conclusione di quello che il musicista aveva ormai concepito come un trittico per coro misto (ma la seconda parte utilizza le sole voci femminili) la scelta cadde sulla "Meditatio sul salmo In te Domine speravi" di Girolamo Savonarola.

La Preghiera di Maria Stuarda fu eseguita il 10 aprile 1940 alla Radio Fiamminga di Bruxelles, pochi giorni prima dell’invasione nazista del Belgio, mentre la prima esecuzione integrale dell’opera avvenne a Roma, con la direzione di Fernando Previtali, l’11 dicembre 1941, il giorno stesso in cui Mussolini proclamò la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti. I "Canti di prigionia" segnano una linea di demarcazione nell’evoluzione del linguaggio del maestro (assai complessa e talvolta segnata da vistose discontinuità tecniche e stilistiche). Con questo lavoro Dallapiccola si allontana infatti dalla scrittura sostanzialmente diatonica che aveva sino allora caratterizzato la sua musica e abbraccia, sia pur parzialmente, la tecnica dodecafonica, della quale fu pioniere e maestro in Italia e che in opere successive avrebbe padroneggiato con grande rigore tecnico: il mondo sonoro cui fa riferimento è quello di Berg, nei cui confronti aveva più volte manifestato il proprio interesse. Alla base del materiale tematico dei "Canti di Prigionia" vi è dunque una serie dodecafonica, cui fa costantemente da contrappunto il tema gregoriano del Dies Irae, utilizzato come simbolo e come mezzo per facilitare la comprensione delle intenzioni espressive del lavoro. «La comprensione – precisa Dallapiccola –non il successo né la possibilità di frequenti esecuzioni. Considerazioni come queste, in nessun momento della mia vita, nemmeno per un istante, hanno influito sul mio modo di essere o di pensare. Nei "Canti di Prigionia" ho prescritto il vibrafono, perché mi era necessario; pur sapendo che, nel 1938, in tutta Italia non se ne trovava nemmeno uno». Va tuttavia sottolineato che se la serie dodecafonica contribuisce a determinare il colore armonico e l’atmosfera dello sfondo sonoro dell’opera, la scrittura corale privilegia comunque una dimensione diatonica nella quale trova spazio un personale e tormentato lirismo, cui corrisponde, sul piano timbrico, la scabra essenzialità di una strumentazione basata su un organico strumentale eminentemente percussivo – 2 pianoforti, 2 arpe, 6 timpani, xilofono, vibrafono, 10 campane, 3 piatti, 3 tam tam, triangolo, tamburo piccolo, cassa rullante, grancassa – che richiama inevitabilmente quello delle "Noces" di Stravinskij. Pur prendendo origine da una precisa circostanza storica, "Canti di Prigionia" si pone, piuttosto come la denuncia di uno specifico avvenimento, come una meditazione sulla condizione umana nella quale le implicazioni spirituali hanno un peso non inferiore a quelle politiche. In questo senso si tratta di un lavoro storicamente importante anche per il fatto di essere la prima composizione del repertorio italiano a
porsi esplicitamente e consapevolmente come un’opera di denuncia, aprendo la strada alla stagione dell’impegno politico, oltre che estetico, per gli autori dell’avanguardia italiana postbellica.

Da questa pagina


Preghiera di Maria Stuarda
(a Paul Collaër)

O Domine Deus! Speravi in Te.
O care mi Jesu! Nunc libera me.
In dura catena, in misera poena, desidero Te,
Languendo, gemendo et genu flectendo,
Adoro, imploro, ut liberes me.



*

Invocazione di Boezio
(a Ernest Ansermet)

Felix qui potuit boni
fontem visere lucidum,
felix qui potuit gravis
terrae solvere vincula.




*

Congedo di Girolamo Savonarola
(a Sandro e Luisa Materassi)

Premat mundus, insurgant hostes, nihil timeo
Quoniam in Te Domine speravi,
Quoniam Tu es spes mea,
Quoniam Tu altissimum posuisti refugium tuum.

(da: Hieronimi Savonarolae ferrariensis Meditatio in psalmum In Te Domini speravi, quam morte praeventus explere nonpotuit)

inviata da Riccardo Venturi - 18/1/2007 - 15:17



Lingua: Italiano

Versione italiana

Preghiera di Maria Stuarda

O Signore, in te spero.
O caro Gesù, liberami ora.
In dure catene, in sventurata pena, ti bramo,
languendo, gemendo e genuflettendomi,
ti adoro, ti imploro, affinché mi liberi.

Invocazione di Boezio

Felice colui che ha potuto vedere
la radiosa fontana del bene,
felice colui che ha potuto
sciogliere i pesanti legami terreni.

Congedo di Girolamo Savonarola

Il mondo mi opprima, i nemici attacchino, nulla temo
poiché spero in te, Signore,
poiché tu sei la mia speranza,
poiché tu hai costruito altissimo il tuo rifugio.

(da: Gerolamo Savonarola da Ferrara “Meditazione” sul salmo “In te spero, Signore” che la morte impedì di terminare).

inviata da Riccardo Venturi - 18/1/2007 - 15:19


Molto suggestivo e poeticamente felice

antonio lupo - 27/1/2012 - 17:11


Bellissima spiegazione-illustrazione di un capolavoro del Novecento che meriterebbe di essere maggiormente divulgato magari preceduto da una spiegazione esauriente come questa: spero che il Maestro Lorenzo Fratini ne faccia un pezzo del repertorio del Coro del Maggio Musicale Fiorentino che ne ha gia' dato una pregevole esecuzione alla ultima Sagra Musicale Umbra

SILVANO SANESI - 25/12/2014 - 12:33




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