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Più forte della Morte è l’Amore

Gang
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Gang

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2015
Sangue e cenere
Sangue e cenere

Sangue e cenere

La scorsa estate i Gang hanno deciso di utilizzare la modalità del crowdfunding, con grandissimo successo, visto che hanno raccolto 10 volte la cifra richiesta, lo hanno fatto per finanziare la realizzazione del nuovo disco Sangue e cenere, che arriva quindi ben 14 anni dopo Controverso, il loro ultimo album di inediti.

Certo in questi anni c’è sempre stata una intensa attività live con oltre 100 concerti ogni anno, ci sono stati parecchi  dischi tra live, cover, riletture, collaborazioni ( La Macina, Daniele BiacchessiMassimo Priviero, Gaetano Liguori) ma gli amanti della band aspettavano sempre un nuovo lavoro di inediti, che ora è finalmente nel nostro lettore.

Con i fondi raccolti hanno potuto fare le cose per  bene, registrazioni in USA con una bella produzione di Jono Manson, una ricca strumentazione che vede ad accompagnare i fratelli Severini  Charlie Cinelli, basso e contrabbasso, Marzio Del Testa,  batteria e percussioni, e molti ospiti di qualità come Jason Crosby, piano,violino e tastiere, John Egenes, mandolino, banjo e pedal steel, Brant Leeper, organo e fisarmonica, Garth Hudson fisarmonica, Eric Ambel chitarra elettrica, una sezione fiati di lusso, quella di Bruce Springsteen, e addirittura  in un brano la presenza di un’intera orchestra, una splendida copertina, che per certi aspetti ricorda quella dei Basement tapes, con belle foto e ricco booklet almeno nella limited edition inviata a tutte le 1.186 persone, tutte citate nel libretto, nella veste  di co-produttori.   

In questi nuovi undici brani dei  fratelli Severini non ci sono più l’irruenza e la rabbia giovanile, ci sono meno chitarre e viene dato più spazio a vari tipi di tastiere, ai  fiati e altri strumenti, sono privilegiate le  atmosfere  più rilassate, le ballate, i momenti struggenti e melanconici, la poetica, la saggezza,  ma non mancano mai entusiasmo, passione e quei sani principi e valori, di  onestà, di impegno civile e sociale, di denuncia, insomma i Gang  sanno sempre, anche a distanza di molti anni, da che parte stare.

La title track Sangue e cenere apre questo nuovo lavoro ed è il brano  rock che ben rappresenta il nuovo corso di Marino e Sandro, Non finisce qui è una ballata  di denuncia e rabbia per le troppe morti impunite dovute all’amianto “… e polvere d’amianto prima ti avvelena il sangue poi diventa cancro …” , la successiva  Alle barricate è invece uno scatenato ed epico combat-rock con venature irish, omaggio  alla resistenza  della città di Parma che nel 1922 respinse per cinque giorni i fascisti, vero nuovo  inno per i concerti dei Gang.

Ci sono due brani che ci ricordano la terribile guerra  negli  anni ’90 nella ex- Jugoslavia, Gli angeli di Novi Sad  lungo, toccante ed emozionante brano con L’Orchestra Pergolesi diretta dal Maestro Stefano Campolucci  e la splendida Più forte della morte è l’amore, omaggio a Gabriele Moreno Locatelli, religioso e pacifista dei Beati Costruttori di Pace ucciso da un cecchino a Sarajevo, uno dei veri eroi e Giusti di quest’epoca, calda ballata ricca di soul con la sezione dei fiati in grande spolvero .

La Resistenza ritorna in Ottavo chilometro, delicata, poetica e nostalgica ballata per “… partigiani una volta, partigiani per sempre …” con una deliziosa fisarmonica di Garth Hudson e non mancano temi più attuali come in Marenostro, lunga struggente invocazione, quasi una  preghiera, per quei disperati che arrivano e spesse volte muoiono, nelle traversate coi barconi dall’Africa. 

Da segnalare il primo singolo Nel mio giardino, brano rock-soul, insolitamente “nero” per i Gang, con un  grande uso dei fiati che qui conducono decisamente la danza, e Perché Fausto e Iaio, dove con suoni potenti, hammond in evidenza, due lap steel, i Gang ci regalano un altro brano epico da cantare ai loro concerti, in ricordo dei due ragazzi uccisi da cinque anonimi sicari fascisti nella Milano degli anni ‘70  ( a proposito non perdetevi il bel libro che Daniele Biacchessi ha dedicato alla loro vicenda ).  

Uno splendido  lavoro che ci riporta, dopo oltre venti anni, ai grandi fasti di due capolavori comeLe radici e le ali e Storie d’Italia, un disco suonato e arrangiato (e sì, si  sente la presenza di Jono Manson) alla grande, con testi che lasciano sempre il segno e che fanno riflettere, un album  che ci pervade totalmente. 

Abbiamo bisogno dei fratelli Severini, fanno parte di quelle necessità fondamentali, come pane, giustizia e libertà, abbiamo bisogno di loro, di questo potente antidoto contro le banalità e le superficialità della vita, il razzismo dilagante, la guerra, la perdita di memoria storica .

Ora e sempre Gang!

mescalina

Sangue e cenere - Non finisce qui - Alle barricate - Ottavo chilometro - Marenostro - Perché Fausto e Iaio - Nino - Gli angeli di Novi Sad - Più forte della Morte è l’Amore - Nel mio giardino - Mia figlia ha le ali leggere



Oggi vi racconto la storia che ha ispirato un’altra canzone dal titolo “Più forte della morte è l'amore”. Quella di Gabriele Moreno Locatelli (Canzo, 1959 – Sarajevo, 3 ottobre 1993).
Gabriele è stato un religioso e pacifista italiano. Venne ucciso da un cecchino durante la guerra serbo bosniaca.
Locatelli, entrato nell’associazione pacifista Beati i Costruttori di Pace, si era recato a Sarajevo allo scopo di manifestare a favore di una soluzione pacifica della guerra civile.

Io e Sandro abbiamo incontrato questa storia molti anni fa. Mi sembra sia stato nel novembre del 2003 ad Erba (Co). Eravamo stati invitati ad una iniziativa promossa dal Coordinamento Comasco per la Pace in ricordo di Locatelli a 10 anni dalla sua morte. Con noi ricordo che c’erano Fausto Amodei e Andrea Parodi. Prima di andarmene il padre di Gabriele mi diede un libro “La Mia Strada” che contiene degli scritti, dei pensieri sparsi, delle poesie, una sorta di estratti dal diario del figlio. Quel libro mi condusse sulle tracce di questa piccola grande storia.

La canzone vuole rendere Grazie ad uno dei Giusti del Mondo. Ad un testimone del nostro Tempo, ad un ragazzo che ha dato la sua vita per la nostra Pace!
Le storie come quelle di Locatelli sono indispensabili per tenere viva la tradizione cristiana, una di quelle tradizioni che insieme a quella socialista e comunista Gramsciana e quella delle Minoranze eretiche costituiscono gli strumenti necessari per la costruzione del Nostro Futuro.
Più che in passato in questo disco ho fatto in modo che attraverso le storie queste tradizioni si potessero Incontrare, dialogare e conoscersi di nuovo.
In SANGUE E CENERE ci sarà anche una canzone “Nino” che in sostanza è una lettera aperta a Gramsci (da bambino lo chiamavano Nino) ma per questa ci sarà spazio un altro lunedì…
So che non avete mai tanto tempo a disposizione ma se volete conoscere meglio la storia di GABRIELE MORENO LOCATELLI queste sono delle tracce:

wikipedia
raistoria.rai.it
marco-cortesi.com

Vorrei soltanto aggiungere che all’ingresso della sua casa natale di Canzo è posta una frase del Cantico dei Cantici: “Forte come la morte è l’amore”.

Più forte della Morte è l’Amore
sopra la notte il Fiume scorre e avanza
nel buio sei venuto come un raggio di sole
col passo tuo che toglie ogni distanza
a chi era stanco i piedi hai lavato
e hai curato chi era ferito
bruciavano di febbre le labbra che hai bagnato
ed un sorriso avevi per saluto.

Beato sia il tuo nome Gabriele
quello di un angelo guerriero
hai combattuto e vinto
l'Amore non si arrende
solo l'Amore vince, vince sempre

Vieni all'alba, all'ora prima
vieni nell'ombra della sera
nel buio e nel dolore
l'Amore tuo non muore
Più forte della Morte è l’Amore

Quel giorno si è spezzato con un grido
sul ponte a Sarajevo uno sparo
come la neve intorno lento sei caduto
sopra la terra il cielo restò muto

E andavi oltre il ponte a mani nude
E la città gridava nel silenzio
con te portavi il pane nel nome della pace
e in pace andavi incontro alla tua croce

Vieni all'alba, all'ora prima
vieni nell'ombra della sera
nel buio e nel dolore
l'Amore tuo non muore
Più forte della Morte è l’Amore

E dove non c'è pace non c'è pane
e dove non c'è pane non c'è vita
per noi che si vive di una sola pace
per noi hai dato la tua vita

Contributed by DoNQuijote82 - 2014/7/29 - 15:55


Intervista esclusiva a un protagonista: Pierluigi Ontanetti
da "Il Resto del Carlino" del 12/01/99

"Aiuti umanitari e caschi blu: il grande affare della guerra"

SARAJEVO - Chi ha ucciso Gabriele Moreno Locatelli e perche'? Aveva 34 anni, era disarmato, attraversava in pace e per la pace il ponte simbolo di Sarajevo, citta` martire di questo secolo di sangue e tragedie. Sul ponte Vrbanja insieme a Moreno erano saliti altri quattro italiani. Sulle due sponde del fiume Miliacka, divise dalla guerra, i fucili erano puntati. Sopra il ponte camminava la speranza, coi passi lenti e misurati di un gesto politico non violento, cosi` mite ma cosi` dirompente in una citta` divorata dalla guerra. Chi e perche' ha ordinato quella spietata esecuzione? Dopo oltre cinque anni da quella tragica domenica 3 ottobre 1993 la giustizia italiana dovra` porsi ufficialmente queste domande. Il ministro della giustizia Diliberto ha firmato pochi giorni fa l'autorizzazione a procedere contro ignoti per il delitto politico commesso all'estero contro il cittadino italiano Moreno Locatelli, ex frate minore francescano. In realta` quelle domande non hanno mai smesso di ossessionare la madre, la sorella e i familiari di Moreno che vivono a Canzo, vicino a Como. Le stesse domande assillano i quattro compagni di strada di Locatelli - Gigi Ontanetti, Luigi Ceccato, Luca Berti, padre Angelo Cavagna - e tutto il movimento pacifista, in particolare i "Beati costruttori di Pace" l'associazione di Padova guidata da don Albino Bizzotto a cui i cinque protagonisti della marcia sul ponte si riferivano. Due giorni prima ma della tragedia, altri "Beati costruttori di pace", tra cui lo stesso don Albino, con un gruppo di soli religiosi, preti e suore, avevano tentato di attraversare lo Stari Most, il ponte vecchio di Mostar, diventato frontiera tra est e ovest, tra musulmani e croati. Respinti dalle raffiche intimidatorie venute da est, i "Beati" avevano fatto dietro-front come i cinque di Sarajevo. Ma a Mostar nessuno sparo` addosso ai pacifisti in ritirata come avvenne invece sul ponte Vrbanja. Perche'? Oggi lo Stari Most, uno dei capolavori architettonici lasciati dai turchi in Bosnia, e` solo un ricordo. Quel ponte che collegava oriente e occidente, musulmani e cristiani dell'antica Mostar non, esiste piu`: l'hanno abbattuto a cannonate le cattolicissime milizie croate. Il ponte Vrbanja, il ponte dei Salici, invece e` ancora in piedi col suo carico di ricordi: la targa per Suada, studentessa croata di Dubrovnic, che fu la prima vittima della guerra; il luogo in cui furono uccisi Bosco e Admira, lui serbo, lei musulmana "Romeo e Giulietta" della capitale bosniaca. E infine Gabriele Moreno Locatelli per il quale i cittadini di Sarajevo, con una petizione, hanno ottenuto che gli fosse intitolata una strada, proprio oltre il ponte, dove avrebbe voluto arrivare da vivo. I sarajeviti lo onorano come uno dei loro eroi, un martire italiano tra i tanti bosniaci. In Italia invece la sua vicenda e` stata liquidata con sufficienza (come il gesto folle di un idealista votato al martirio) oppure con malcelato fastidio (cinque anni di silenzio e un'inchiesta arenata alla procura di Brescia prima che un ministro autorizzasse il procedimento penale). E non basta: anche nell'arcipelago dei movimenti pacifisti la tragedia del ponte Vrbanja ha lasciato ferite aperte, lunghi silenzi e fiammate polemiche dopo alcune ricostruzioni giornalistiche giudicate dai protagonisti approssimative o malevole. Noi abbiamo dato la parola a uno dei protagonisti di quella marcia sul ponte, Gigi Ontanetti, 42 anni, operaio edile, cresciuto nella comunita` fiorentina dell'Isolotto, educatore scout dell'Agesci, non violento per convinzione. Ontanetti ha vissuto piu` di un anno a Sarajevo durante l'assedio.



Perché volevate attraversare quel ponte?

I ponti servono per collegare. Da una parte della città c'erano i Bosniaci e oltre il ponte, a 600 metri circa, c'erano i serbi. Nel dicembre del '92 in 500 attraversammo le frontiere dall'Italia verso Sarajevo per ricordare al mondo che ci sono altre vie oltre la guerra per trovare una soluzione giusta ai conflitti. Alcuni dei Beati costruttori di pace vivevano da fine giugno '93 a Sarajevo. Da dentro la città assediata era chiaro che l'Occidente si era scordato di questa guerra. Tra l'altro si avvicinava l'inverno e le condizioni di sopravvivenza diventavano drammatiche. Attraversare il ponte Vrbanja era un atto politico per dire all'Occidente, cittadini e potenti, che anche grazie a loro migliaia di persone rischiavano di morire di fucilate, di fame e di freddo.

Vi accusano di non aver preparato bene l'azione.

Tutti danno per scontato che quando c'è una guerra i semplici cittadini non possano fare niente e solo gli esperti (politici e militari) sappiano cosa fare. In guerra nessuno ti da` il permesso di fare la pace. In questo senso e` vero che il rischio di morire era altissimo. E ne eravamo ben consapevoli.

Avevate chiesto garanzie alle parti in conflitto?

Abbiamo incontrato tutti i comandanti: quello delle truppe serbe, quello dell'Armija, l'esercito regolare della Bosnia al cui interno militavano formazioni croate, e lo stesso comandante dei croati. Tutti ci dicevano che non avrebbero sparato per parte loro ma non garantivano che gli altri avrebbero fatto altrettanto

Chi vi creo` più difficoltà?

Tutti dicevano una mezza verità. Ma fummo costretti a rinviare l'azione di un giorno perché scoprimmo che il famigerato comandante Caco (si legge Zazo N.d.R.), che aveva alle sue dipendenze un mini esercito dalla fama poco raccomandabile, teneva la testa di ponte a sud, quella piu` avanzata e vicina alle linee serbe. E lui non rispettava gli ordini del comando dell'Armija

Dicono che rispondesse direttamente al presidente bosniaco lzetbegovic?

Non mi stupirebbe. In guerra tutto diventa lecito. Non escludo neppure che tra noi volontari si fossero inoltrati personaggi ambigui. Come quell'italiano che tento` di venire con noi a Sarajevo per fare il cecchino a 600 marchi ogni vittima. A Sarajevo ce n'erano diversi di cecchini italiani. Non era un segreto. Possibile che le autorità italiane non siano intervenute? C'erano perfino quelli che invece pagavano per farsi un "safari di caccia all'uomo". E c'era una tratta di piccoli profughi. Bambini partiti dalla Bosnia per le vacanze in Italia che poi non tornavano a casa. Mi auguro che qualcuno si stia occupando della loro scomparsa.

Anche dietro gli aiuti c'erano traffici loschi?

A Sarajevo ho mangiato biscotti americani datati 12 agosto 1963. Erano avanzi della guerra del Vietnam. C'è un economia di guerra che non ha confini e gestisce il business dei conflitti.

Come funzionava in Bosnia?

L'ONU divideva gli aiuti umanitari per le tre fazioni poi ne perdeva le tracce. Le mafie locali facevano il resto: immettevano gli aiuti sul mercato nero e con il ricavato ricompravano armi. C'erano interessi economici di grande peso internazionale intorno all'assedio di Sarajevo e alla guerra in Bosnia. Queste cose le sanno tutti, ma pochi le scrivono... preferiscono dedicarsi ai pacifisti che muoiono in azioni di pace come se fossero colpevoli del proprio destino.

Torniamo al comandante Caco. Ci parlaste?

Si` e gli chiedemmo di assumersi la sua responsabilità di uomo. Lui lo fece. Ma quando salimmo sul ponte i suoi uomini ci spararono colpendo a morte Moreno. Mentre lo aspettavamo davanti al suo comando, lo vedemmo uscire dalla sede dell'Unprofor a braccetto con un alto ufficiale del contingente egiziano dell'ONU in un clima di grande cordialità

Era normale a Sarajevo?

Vista la fama criminale di Caco noi restammo impietriti. Ma a Sarajevo abbiamo visto anche di peggio. La mattina del giorno prima, il primo ottobre, eravamo al Ptt, il palazzo che ospitava il comando della missione ONU (Unprofor) a Sarajevo. Moreno mi chiamo` urlando "vieni a vedere!". Accanto a lui c'era una signora anziana che faceva le pulizie. Mi affacciai al parapetto e vidi un mezzo blindato delle Nazioni Unite con le insegne della Croce Rossa da cui venivano scaricate casse di kalasnikov nuovi, luccicanti, e granate da mortaio. Le casse venivano trasferite su un altro mezzo sempre dell'ONU. All'urlo di Moreno i soldati, come colti sul fatto, chiusero subito il blindato e ci vennero incontro.

E voi che faceste?

Moreno scappo` da una parte e la donna dall'altra. Di me forse non si accorsero. Ci ritrovammo mezz'ora dopo, promettendoci di tacere la cosa. La donna invece scomparve. Al lavoro non si ripresento` e nessuno l'ha più rivista a casa sua.

L'avete mai raccontato?

Moreno non ne ha avuto il tempo, perché fu assassinato due giorni dopo sul ponte Vrbanja. Io lo raccontai a Giancarlo Bocchi durante l'unica intervista filmata che mi fece, ma lui non ha pubblicato queste notizie

Molte cose non sono state scritte...

Troppe. Nessuno ha scritto, ad esempio, del fiorente commercio di droga organizzato a Sarajevo dai soldati francesi della Legione straniera. I bambini e i ragazzini si avvicinavano al filo spinato di recinzione dell'Unprofor, allungavano le mani con i marchi e ricevevano in cambio tavolette di cioccolata. Sotto pero` c'era la droga. A un soldato cadde la roba sotto il reticolato: ebbi tutto il tempo di vedere di cosa si trattava. Lo rimproverai e lui mi rispose: "Ma guarda che li trattiamo bene, gli diamo una percentuale alta".

La mattina del 3 ottobre chi trovaste vicino al ponte Vrbanja?

Nessuno, nessuno che ci impedisse di proseguire. Non un soldato ONU. Un silenzio irreale. Entrammo sul ponte dalla sponda vicina al palazzo del Parlamento, in fila indiana, a passi lenti. Quando io e Angelo Cavagna arrivammo a meta` del ponte dal casotto antistante parti` una lunga raffica di mitra. I proiettili colpivano l'asfalto e ci rimbalzavano tra le gambe. Ci fermammo e come avevamo stabilito prima, facemmo dietro front. Moreno, che era l'ultimo della fila si trovo` ad essere il primo, e mentre si girava per raggiungere le linee bosniache fu raggiunto da un'altra raffica precisa e mortale. Un attimo prima, da quello stesso casotto in cui si trovavano gli uomini di Caco vidi uscire un soldato con una mitragliatrice pesante. Si riapposto` dietro la spalletta e da li` probabilmente ha fatto fuoco, era l'unico punto dal quale avrebbe potuto colpire Moreno che era già oltre la barricata che chiudeva il ponte.

Cosa avete fatto allora?

Luca, Angelo e Luigi furono bravissimi. Rispettarono le consegne che ci eravamo dati: rimasero composti, in silenzio, e rientrarono dietro le linee con calma, senza fuggire. Nessuno si chino` su Moreno nell'immediato.

Perché?

Perché a Sarajevo tutti sapevamo che i cecchini non aspettavano altro: ammazzavano i soccorritori che si chinavano sui feriti. Era la loro tecnica. Prima di aiutare un caduto bisognava lasciar passare almeno un minuto. Ma quando Luigi ed io facemmo il primo passo per tornare da Moreno, che era immobile a terra, i soldati ci bloccarono fisicamente e ci trascinarono nelle cantine del palazzo.

Chi raccolse Locatelli?

Furono i soldati. Moreno fu portato all'Ospedale francese e operato. Mori` nel tardo pomeriggio, circa cinque ore dopo. Fui io a chiudergli gli occhi.

Quale fu la versione ufficiale sulla sua morte?

Il medico che opero` Moreno, intervistato il giorno dopo da due giornalisti del Manifesto, dichiaro` che i proiettili erano stati sparati da non più di 40 metri. Poi la versione fu corretta: gli spari venivano da più lontano, almeno 300 metri, da dove avrebbero potuto sparare ai serbi. Anche a noi chiesero di firmare una dichiarazione che incolpava i serbi. Ci rifiutammo.

Caco fu assassinato circa un mese dopo la tragedia di Vrbanja. Cosa si aspetta dalla giustizia italiana?

La verità. Caco e` morto, i suoi mandanti sono vivi. Sul ponte non vollero solo frenare una marcia di pace, come il giorno prima a Mostar: avevano deciso di assassinare uno di noi. Moreno fu scelto come vittima forse solo per la posizione che aveva in quel momento sul ponte, perché con quella angolazione di tiro potevano far credere che a sparare fossero stati i serbi.

Lei e` stato minacciato?

Si`, ho avuto per due volte di recente chiare minacce di morte. Forse pensano che io abbia notizie e prove che potrebbero far emergere i responsabili dei crimini. Ma i servizi segreti italiani, e la stessa 'intelligence' vaticana, ne sanno molto più di me. Sarebbe ora che collaborassero con la giustizia.

Cosa le resta dentro a 5 anni da quella tragedia?

Dopo tutto questo silenzio rimane ancora un interrogativo che spacca in due il mondo del volontariato e del pacifismo: Gabriele Moreno Locatelli, come qualsiasi altro cittadino del mondo, aveva il diritto di salire su quel ponte per dire basta alla guerra?

E lei che risposta da`?

Io dico di si`. Le istituzioni di guerra non risolvono i conflitti. Ho il diritto di non delegare a nessuno, e tanto meno alle armi, il mio dovere di far tacere le armi. Uso solo la mia persona fisica, la mia intelligenza, la mia spiritualità.

Si ma si trova di fronte gente che spara...

E' un problema loro e di chi li comanda. Non il mio. La morte e` un falso problema. Spesso aver paura di morire significa aver paura di vivere.

2016/1/22 - 00:21


2023/10/3 - 11:01


Son passati 30 anni e non abbiamo imparato niente

paolo rizzi - 2023/10/3 - 11:14


Che bello trovare qui una mia foto sarajevese, nella pagina su una canzone amara e dolce
(sempre complimenti per il sito)

Morands - 2023/11/15 - 00:58


Bello (ri)trovare amici e persone che apprezzano quel che facciamo. Grazie, Morands!

CCG/AWS Staff - 2023/11/15 - 10:23




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