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Palestine

David Rovics
Lingua: Inglese


David Rovics

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[November 2002]
Lyrics and music by David Rovics
Testo e musica di David Rovics
Da/From "Return"
return

"Based on the story of a woman who was a little girl when her mother was raped and hacked to pieces by eighteen men under orders from Ariel Sharon on the floor of her home in the Shatila refugee camp while she hid under the bed and watched." -David Rovics.

Sabra e Shatila 16 settembre 1982
Sabra e Shatila 16 settembre 1982
My daddy was an Arab from Beersheva
A situation so unkind
My momma was a refugee from Ramallah
Had to leave her land behind
I grew up in this refugee camp
In this unwelcome land
In this little parcel of Lebanon
We were dealt a losing hand

Then one day the soldiers came
A tired old refrain
I'll try to tell you what happened next
But there's no way to explain
The soldiers raped my mother
Then they killed her dead
Along with the rest of the Shatila Camp
While I hid beneath my bed

(Chorus)
Now I'm a-wanderin', I'm a-wanderin'
No place to call my home
Palestine, Palestine
All around the world I roam

My aunt came over from Jordan
Brought me there to live
And together we've moved to half the world
Oh for peace what I would give
In Beirut, Greece and New York town
I've watched the world churn
But my home is Palestine
Someday I will return

(Chorus)

Now here I am in Washington
Heart of the empire
That sends the 'copters and bulldozers
That turned Ramallah into a funeral pyre
Well you've heard my story
And time will not allow
Soon my visa will expire
What will you do now

(Chorus)

inviata da Riccardo Venturi - 5/8/2006 - 18:25


Penso che invitare lo Stato di Israele come ospite d'onore al Salone del Libro di Torino, nel sessantesimo anniversario dalla cruenta fondazione di quello Stato, sia un atto politico e non culturale. Altro sarebbe stato invitare nel 2007 o nel 2009 a quella stessa manifestazione i grandi autori israeliani e di fede ebraica che oggi segnano significativamente con le loro opere la letteratura mondiale. Altro sarebbe stato invitare come ospiti d'onore a questo Salone i più grandi uomini di cultura israeliani e palestinesi, dando così uguale dignità sia alla fondazione dello Stato ebraico che alla disperata e degna resistenza del popolo palestinese contro una delle più brutali e prolungate occupazioni militari nella storia dell'umanità...

Non voglio contraddire il Presidente Napolitano (per quanto io sia convinto che egli sia il classico "uomo per tutte le stagioni", di quelli abituati a passare indenni da una fase politica e storica ad un'altra, senza avvertirne nemmeno le contraddizioni), ma se l'esistenza dello Stato d'Israele è certamente legittima, quello Stato è certamente illegale, nei suoi confini originari, nei suoi confini dopo il 1967 e nei suoi confini attuali, con le colonie ed il muro che a Gerusalemme e West Bank hanno ridotto il popolo palestinese a vivere, sulla propria terra, come in bantustan, a Gaza, nella più grande prigione a cielo aperto del mondo e negli infami campi profughi sparsi per il Medio Oriente...

E se a questo aggiungiamo che una delle più alte cariche dello Stato italiano, il neo(fascista) Presidente della Camera Gianfranco Fini osa considerare il rogo di qualche bandiera israeliana come più grave dell'assassinio di Nicola Tommasoli a Verona ad opera di 5 bastardi dell'ultradestra con cui, evidentemente, il Presidente della Camera se la fila ancora, allora il gioco è fatto, il messaggio è chiaro: esaltare il potente, l'arrogante, financo l'assassino ed opprimere e massacrare i deboli.

A proposito delle dichiarazioni di Fini, riporto questo comunicato del Campo della pace ebraico del 7 maggio 2008:

"Le dichiarazioni della terza carica dello Stato, il neopresidente della Camera Fini, che mettono in relazione l’omicidio del ragazzo veronese ad opera di naziskin e le bandiere israeliane bruciate nelle proteste contro la fiera del libro di Torino, ritenendo più gravi politicamente le seconde, sono semplicemente scandalose!
L’omicidio di Verona germina in un humus di sottocultura fascista che il neo presidente della Camera tende evidentemente a minimizzare e che è frutto di un’ideologia del «viva la muerte!» [altrui, possibilmente]. I giovani assassini veronesi che hanno massacrato un loro coetaneo solo perché diverso da loro fanno parte di gruppi politici criminali usi a questo genere di violenze. Un’azione orribile come questa non può essere minimamente paragonata a una forma, sicuramente condannabile, di «attentato» a degli oggetti, le bandiere, cariche di significato quanto si vuole, ma pur sempre oggetti.
Per noi, poi, che siamo ebrei impegnati sulla questione mediorientale desiderando costruire pace nella giustizia, affermazioni del genere, non nuove per il post-fascita Fini, appaiono come un segnale di una preoccupante strumentalizzazione politica di una tragedia che si trascina da più di 60 anni e che vede purtroppo ancora divise su tutto due popolazioni che vorremmo vedere convivere pacificamente sulla stessa terra. Come la destra fondamentalista cristiana di Bush, che appoggia Israele in funzione antislamica, così la posizione dei nostri neocon rivendica un’identità forte dell’Occidente non nella sua storia e nella forza della sua democrazia, ma nelle radici giudaico-cristiane dell’Europa e da ciò deriva un appoggio senza se e senza ma di qualsiasi politica di qualsiasi governo israeliano, possibilmente conservatore.
Sul primo punto, chiunque conosca la storia europea non può che rilevarvi la presenza ebraica come capro espiatorio della civiltà cristiana e, solo dopo la Shoah, un certo ripensamento nella cultura maggioritaria. Per quanto riguarda Israele, fatta salva la critica, secondo noi giustamente netta, a chi vuole metterne in discussione l’esistenza, altrettanto serrata deve essere quella di chi vuole affermarne a tutti i costi una «santità» inesistente.
Purtroppo questa seconda uscita di Fini, dopo quella del discorso inaugurale della sua presidenza della Camera, che conteneva una critica del relativismo culturale, dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, l’assenza da parte dell’esponente del Popolo della Libertà di una cultura laica pluralista, positiva e non disgregante. Cosa che a noi, rappresentanti di una minoranza, preoccupa non poco."

firmato da: Dunia Astrologo, Andrea Billau, Giorgio Canarutto, Ivan Gottlieb, Joan Haim, Marina Morpurgo, Renata Sarfati, Sergio Sinigaglia, Susanna Sinigaglia, Claudio Treves
(http://www.carta.org/campagne/partecip...)

Aggiungo, e concludo, che le bandiere io le brucerei tutte, mica solo quella israeliana e statunitense, tutte le bandiere degli Stati andrebbero arse in un enorme falò... l'unica bandiera che salverei è quella della pace.

Alessandro - 9/5/2008 - 13:30


Alessandro - 9/5/2008 - 13:39


Se non voleste boicottare il Salone del Libro di Torino (o perchè, semplicemente, ci tenete ad andarci o perchè siete convinti della "santità" di Israele), allora provate a fare un salto allo stand della Fazi Editore e date un'occhiata al libro dello storico israeliano Ilan Pappe "La pulizia etnica della Palestina"...

http://www.fazieditore.it/scheda_Libro...

«Ilan Pappe è forse il più anticonformista degli israeliani, che conduce una battaglia radicale contro l’establishment politico e accademico di Israele».
Mario Vargas Llosa

Nel 1948 nacque lo Stato d’Israele. Ma nel 1948 ebbe luogo anche la Nakba (‘catastrofe’), ovvero la cacciata di circa 250.000 palestinesi dalla loro terra. La vulgata israeliana ha sempre narrato che in quell’anno, allo scadere del Mandato britannico in Palestina, le Nazioni Unite avevano proposto di dividere la regione in due Stati: il movimento sionista era d’accordo, ma il mondo arabo si oppose; per questo, entrò in guerra con Israele e convince i palestinesi ad abbandonare i territori – nonostante gli appelli dei leader ebrei a rimanere – pur di facilitare l’ingresso delle truppe arabe. La tragedia dei rifugiati palestinesi, di conseguenza, non sarebbe direttamente imputabile a Israele. Ilan Pappe, ricercatore appartenente alla corrente dei New Historians israeliani, ha studiato a lungo la documentazione (compresi gli archivi militari desecretati nel 1988) esistente su questo punto cruciale della storia del suo paese, giungendo a una visione chiara di quanto era accaduto nel ’48 drammaticamente in contrasto con la versione tramandata dalla storiografia ufficiale: già negli anni Trenta, la leadership del futuro Stato d’Israele (in particolare sotto la direzione del padre del sionismo, David Ben Gurion) aveva ideato e programmato in modo sistematico un piano di pulizia etnica della Palestina. Ciò comporta, secondo l’autore, enormi implicazioni di natura morale e politica, perché definire pulizia etnica quello che Israele fece nel ’48 significa accusare lo Stato d’Israele di un crimine. E nel linguaggio giuridico internazionale, la pulizia etnica è un crimine contro l’umanità. Per questo, secondo Pappe, il processo di pace si potrà avviare solo dopo che gli israeliani e l’opinione pubblica mondiale avranno ammesso questo “peccato originale”.

«Ilan Pappe è il più coraggioso, più onesto, più incisivo degli storici israeliani».
John Pilger

«Insieme all’ultimo Said, Ilan Pappe è il più eloquente narratore della storia palestinese».
New Statesman

«Analisi storica e polemica convivono nell’esplosivo libro di Ilan Pappe».
The Guardian

«La pulizia etnica della Palestina è un libro importante e provocatorio».
The Independent

«La pulizia etnica della Palestina è assolutamente da leggere perché ha anche una natura elegiaca, persino sentimentale, quando parla delle vite perdute, cancellate degli arabi palestinesi».
Times – Literary Supplement

«Senza dubbio La pulizia etnica della Palestina di Pappe provocherà l’ira di molti lettori. E, soprattutto, susciterà un dibattito».
Publishers Weekly

Alessandro - 9/5/2008 - 14:46




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