Luca Ricatti

Chansons contre la Guerre de Luca Ricatti
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Luca RicattiSono un chitarrista, cantante e compositore.
Sono nato a Roma nel ’77. Ho iniziato a suonare la chitarra all’età di 14 anni.
Ho suonato le cose più divese, rock, heavy metal, musica electronica, ho scritto musiche per molti spettacoli teatrali, per un documentario e un cortometraggio, ho realizzato software musicali.
Nel 2011 ho deciso di spegnere amplificatori e computer, di abbracciare la mia vecchia chitarra acustica e di imparare come si deve a fare fingerpicking. Da quel momento avrei suonato solo musica folk.
Le mie canzoni sono ispirate dalle tradizioni folcloriche italiane e parlano del rapporto tra l’uomo e la natura, di anarchia, del potere e della ferocia dell’autorità.
Il 24 giugno del 2015 è uscito Fumo al Vento, un album di 13 tracce. Si può ascoltare in streaming o acquistarlo su Lucaricatti.Bandcamp.com.

Tutta la storia
Dita rugose e contorte dall’artrosi che corrono sui tasti di un pianoforte: sono di mia nonna. Io sto lì accanto, un bimbetto introverso che fatica a interpretare pallini e bandierine sul pentagramma. Due o tre volte alla settimana, per anni, la povera nonna mi fa esercitare in scale e sonate per principianti, nella fioca luce di un abat-jour.

In questa situazione ottocentesca, un giorno il bimbetto introverso dice che le lezioni di pianoforte lo hanno stufato. Vuole suonare la chitarra, come i rockettari capelloni della televisione, quelli cogli orecchini e i jeans strappati sulle ginocchia: negli anni ’80 va di moda così.

Qualche anno dopo sono dentro un negozio di musica. Un quattordicenne all’inizio degli anni ’90 che ha svuotato un salvadanaio. Nella fattispecie, il salvadanaio è una bottiglia di plastica da 2 litri della Coca Cola: qualcuno mi ha detto che se la riempio tutta con monete da 500 lire ci faccio un milione tondo. Io un milione non ce l’ho. Ho racimolato 80mila lire: bastano per comprare una chitarra classica con la scatola di cartone. Gelo in casa, quando arrivo con quell’attrezzo. Il pianoforte si chiude da solo, disgustato.

Parto da autodidatta, suonando tutti i giorni come un invasato. Poi un amico mi vende per due soldi chitarra elettrica e amplificatore. Negli stessi giorni compare un volantino su un muro sotto casa: lezioni di chitarra. Trovo un insegnate della madonna. Che culo.
Siccome so cantare abbastanza bene, alcuni gruppi di compagni di scuola mi propongono di fare il cantante. Dico di sì a tutti, a patto che mi facciano fare anche la seconda chitarra.

E alla faccia di chi non ci scommetteva un soldo bucato (io per primo), divento un chitarrista. Solo che ci metto più o meno 20 anni a capire che musica voglio suonare davvero.
Così, nel frattempo faccio di tutto: rock, heavy metal, cantautorato, studio testi di etnomusicologia, scrivo sonorizzazioni per spettacoli teatrali e video. Tra il 2007 e il 2010 mi dedico in maniera quasi esclusiva alla musica elettronica, con lo pseudonimo Bottegasonora.

Poi rinsavisco e mi ricordo che mi piaceva suonare il mio strumento. Niente plettro, niente amplificatori, niente effetti. Solo corde, dita, unghie, calli e sudore. Lo chiamano fingerstyle.
Ad ogni modo, io mi considero un musicista folk e detesto la parola cantautore.

Cose con Paolo Coppini
La folle, impossibile e meravigliosa collaborazione con Paolo Coppini ha coperto il periodo che va dal 2000 al 2008, anno della sua scomparsa. Paolo era mio zio da parte materna, ma più che la parentela a legarci era un’amicizia fatta di canzoni, concerti, grandi chiacchierate e bevute. Ho arrangiato molte delle sue canzoni, ho musicato qualcuno dei suoi testi, ho prodotto per lui alcuni album e l’ho accompagnato come chitarrista in decine di posti: osterie dei Castelli romani, centri sociali, circoli politici, pub, cantine, teatri, salotti, festival e rassegne. Una volta abbiamo fatto un’intervista con mini-concerto in diretta dagli studi del canale televisivo Roma Uno.
A un anno dalla sua morte, nel 2009, ho organizzato il Coppini Party presso il caffè-libreria Flexi, una serata ricordo cui hanno partecipato Maurizio Carlini, Simone Fraschetti, Daniel Mendoza, Profeta Matto e Gli Inquilini, il gruppo del Teatro Pantegano e soprattutto fan e amici di Paolo: tanta gente, tante canzoni, tanti ricordi e commozione collettiva.

Altre cose
Mentre portavo avanti i miei lavori personali, sono stato coinvolto in progetti interessanti.
Negli anni 2000 ho scritto e prodotto musiche di scena per diversi spettacoli teatrali della compagnia del Teatro Pantegano (Scarafazz, La A sul pianeta Fagiolo, Il Bambino con la pancia a punta, Betulla la strega ecologista).
Ho anche scritto le musiche per un paio di premiate pellicole (premiate per davvero, anche se non per le musiche) prodotte dalla ormai scomparsa Randal Film: Romanina Blues di S. Romani e La Lumaca di M. Conti (per questa ho realizzato anche l’animazione dei titoli di testa).

http://www.lucaricatti.it/