Van Der Graaf Generator

Antiwar songs by Van Der Graaf Generator
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Van Der Graaf GeneratorI Van Der Graaf Generator furono per molti versi i piu` originali esponenti del progressive-rock britannico dei primi anni '70. Tanto il sound del gruppo quanto i testi del cantante-filosofo Peter Hammill esprimevano un pessimismo allucinato sul destino dell'uomo. Dalle loro piece, dilaniate da una tensione esistenziale e da squarci violenti di dolore, emana un senso di angoscia, claustrofobia e paranoia. Rispetto agli altri complessi del progressive-rock i VDGG sembrarono sempre piu` cupi e tetri, quasi gotici. Rifuggirono tanto le velleita` classiche (Nice, Yes) quanto quelle medievali (King Crimson, Genesis), ritagliandosi un universo unico e terribile.

Formati all'universita` di Manchester attorno al cantante Peter Hammill (l'epitome della nevrosi), al batterista Guy Evans (apocalittico) e all'organista Hugh Banton (gotico), i VDGG impiegarono qualche anno a fondere quelle tre personalita`. Il gruppo debutto` con i singoli People You Were Going To / Firebrand (Polydor, 1968) e Afterwards / Necromancer (Mercury, 1969). L'album The Aerosol Grey Machine (Mercury, 1969) conteneva due lunghe suite, Aquarian e Octopus, ma l'esecuzione era ancora naive. Il complesso sembrava perdersi non appena si spingeva oltre la ballata Afterwards.

Il sassofonista David Jackson contribui` a far compiere un passo avanti su The Least We Can Do Is Wave To Each Other (Charisma, 1970), album che contiene soltanto sei lunghi brani. Refugees e` una ballata ben piu` sofferta. Darkness, White Hammer e After the Flood sono veri e propri poemi filosofici che stendono un ponte fra la Mitteleuropa degli anni '30 e la paura dell'epoca nucleare.

I toni sinistri di quell'album sfociarono nel H To He Who Am The Only One (Charisma, 1970), il manifesto romantico dei VDGG. I brani sono soltanto cinque e ben tre superano i dieci minuti. I testi e le melodie di Hammill sono accompagnati da armonie intricate, laboriose, fatte di sobbalzi ritmici e di disturbi di sottofondo che ne aumentano la drammaticita'. Un jazz-rock, figlio bastardo di Miles Davis, assume tinte maschie e terribili.
Il riff truce ed ossessivo di Killer (un tour de force dei fiati) immerge nell'atmosfera macabra di un poema sul Male, prima di essere spazzato via dalle frasi epiche dell'organo.
Struggente delirio di solitudine e` invece House With No Door, ballata lirica ed elegiaca per pianoforte.
L'epica visione di The Emperor In His War Room (nove minuti) e` un altro incubo omicida, che il canto gelido di Hammill, oscillando fra diversi registri riesce a rendere in tutta la sua agghiacciante nevrosi. La tecnica assomiglia a quella dei Genesis, ma con due importanti varianti: il suono non e` al servizio di fiabe medievali, ma di atroci drammi interiori; l'arrangiamento non indulge in barocchismi, ma e` essenziale e finanche sgradevole.
Lost (undici minuti) si spalanca in abissi di paura e desolazione: l'organo tesse litanie liturgiche mentre il sax strania con frasi struggenti, una scossa elettrica scatena un pandemonio da fiera, la batteria tiene una cadenza funerea sulle note indiane del sax, e nel crescendo finale si perde la disperata agonia di Hammill.
I VDGG mettono a punto una forma di musica narrativa che non racconta una trama, ma approfondisce un soliloquio. La quintessenza di questa prassi e` Pioneers (dodici minuti) che, lungi dal celebrare una saga spaziale, descrive invece il tormento di un pioniere dello spazio perdutosi fra le galassie (momenti di apoteosi e invocazioni di aiuto) e la musica lo accompagna nei vortici della sua angoscia. Lo stile vocale di Hammill, mutuato da Tim Buckley, con in piu` una teatralita' wagneriana, conferisce sovratoni di pathos ed epos.

Continuando la progressione verso un sound sempre piu` complesso e spaventoso, il gruppo giunge al capolavoro con Pawn Hearts (Charisma, 1971), dominato da tre lunghe suite. Quella dei VDG e` una musica cupa, capace di riflettere sui grandi temi dell'universo e della morte.
Lemmings e` una danza psicotica bombardata da dissonanze organistiche e da riff testardi di sax, in cui il suicidio di massa dei roditori viene assunto a metafora della nevrosi moderna.
Man-Erg e` un accorato inno all'uomo dell'evo tecnocratico, una sorta di Pioneers per l'uomo che e` rimasto, non meno solo e angosciato, sulla Terra: il canto di Hammill e` dilaniato da struggenti litanie organistiche, come una messa in nomine, finche' esplode dentro un improvviso rovescio di sincopi martellanti del sax, ma capace ancora di recuperare una dimensione epica.
A Plague Of The Lighthouse Keeper e` il loro kammerspiel piu` tragico: le prime strofe della melodia (ripetute da un coro di bambini) si disintegrano presto in un magma strumentale rarefatto, in cui il sax imita le sirene dei vaporetti; glaciali note d'organo riportano al tema iniziale, un soliloquio teso e vibrante, che recitata concitato come in un lied espressionista; su accordi celestiali d'organo il canto si apre a un melodismo piu` umano, ma, dilaniato da un nuovo scatto epilettico, che lo frammenta e distorce, si spegne in un ultimo atroce spasimo contro l'incalzare di un maestoso inno corale. E` l'apoteosi della solitudine di Hammill e della stessa condizione umana.
Sempre piu` lontano dalla suite psichedelica e dalla ballata folk, il romanticismo dei VDG sembra ora influenzato semmai dallo svolgimento dei temi nel sinfonismo classico.
Le atmosfere fredde, buie e deserte dei loro brani, non hanno eguali negli annali del progressive-rock di quegli anni.

Peter Hammill lancio` una carriera solista in cui avrebbe semplicemente continuato a esplorare in maniera quasi morbosa gli stessi terribili temi. I suoi dischi sono spietati nel non concedere nulla alla facilita' di ascolto. Ignorando qualsiasi logica commerciale, l'ex cantante dei Van Der Graaf Generator sforno` con cadenza regolare opere molto personali ed ermetiche, spesso in antitesi con le mode imperanti: Fool's Mate (Charisma, 1971) e` un album ancora bizzarro con le sbrigliate Imperial Zeppelin, Viking e Sunshine al fianco degli incubi freudiani di Solitude and Child (e le versioni originali di Vision and Birds), ma Chameleon in the Shadow of the Night (Charisma, 1973 - Virgin, 1989) e` il primo dei suoi austeri atti di contrizione, arrangiato quasi interamente per piano e chitarra acustica, ricco di momenti di grande pathos (soprattutto In the End , ma anche l'incubo espressionista German Overalls, Easy to Slip Away , Black Room , The Tower). Hammill aveva trovato un suggestivo punto di equilibrio fra l'eccentrico folk-pop di Syd Barrett e l'austero psychodrama di Peter Gabriel.

The Silent Corner and the Empty Stage (Charisma, 1974) contiene The Lie e Rubicon e la lunga A Louse is not a Home. In Camera (Charisma, 1974) e` uno dei suoi album migliori, grazie a Ferret and Featherbird, Faint-Heart and the Sermon, la sperimentale Gog/Magog e un senso generale di follia.
Hammill e` un asceta claustrofobo, la cui arte si muove in uno spazio esiguo di tenebre immobili e silenziose. Le sue liriche sprofondano nei labirinti interiori di un tormentato subconscio, vittima dell'esistere e di tutte le sue contraddizioni. La musica e` fragile, esile, lenta, qual che sia l'arrangiamento (spesso free-form, elettronico, rarefatto). Il canto e` modulato, intenso, profondo, ma mai esibito, come si addice a una contrita auto-flagellazione.

Nadir's Big Chance (Charisma, 1975), che si avvaleva della collaborazione dei vecchi compagni, inauguro` invece la saga di Rikki Nadir all'insegna di un sound quasi hard-rock.
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(Translation by/ Tradotto da Gianluca Mantovan)

I Van Der Graaf Generator tornarono quattro anni dopo e pubblicarono tre mediocri album prima di sciogliersi di nuovo: Godbluff (Charisma, 1975), Still Life (Charisma, 1976), forse il migliore dei tre, e World Record (Charisma, 1976). Hammill guido' una piu' piccola unita' (con basso e violino anziche' sax e organo) che registro' The Quite Zone The Pleasure Dome (Charisma, 1977).

Finita la seconda parentesi con i VDGG, Hammill riprese la carriera solista. Purtroppo la qualita` non e` sempre in relazione alla quantita`, e molti brani dei suoi album potevano rimanere tranquillamente nel cassetto.
Over (Charisma, 1977) e` uno dei suoi album piu` "privati" e vanta alcune delle sue composizioni piu` tormentate, contrassegnate talvolta da accompagnamenti orchestrali (This Side of the Looking Glass , Autumn , Time Heals ).
The Future Now (Charisma, 1978), album contrassegnato da interessi sociopolitici, annovera comunque The Future Now, Energy Vampires, Medieval e Palinurus.
PH7 (Charisma, 1979) ha My Favourite, Polaroid, Handicap And Equality e Faculty X.
Il dolore cosmico domina dall'alto la tragedia privata di questo emarginato cantore dell'ansia. La suite di venti minuti Flight, su A Black Box (Mercury, 1980), e` forse il caleidoscopio di emozioni intime in cui meglio si sfoga la sua introversione.
Sitting Targets (Mercury, 1981) non ha particolari vette, ma rappresenta un buon compendio del periodo.
Loops and Reels (Mercury, 1983) raccoglie esperimenti di varia natura.
Skin (Foundry, 1986) e` forse il peggiore della sua intera carriera.
And Close As This (Virgin, 1986) e` invece uno dei migliori, anche se (o forse proprio perche') e` diverso dalla media. Le canzoni sono davvero "canzoni", e l'accompagnamento e` quasi esclusivamente di pianoforte, e l'angoscia retrocede in secondo piano: Silver , uno dei suoi capolavori, Too Many of My Yesterdays, uno dei suoi ritornelli piu` felici, Sleep Now, Silver , Delivery , Other Old Cliches, Empire of Delight .

Enter K (Naive, 1982) e Patience (Naive, 1983) sono accreditati al K Group e propongono un sound piu` rock e persino disco. Film Noir e Patience sul secondo sono particolarmente accattivanti (fatto insolito per lo standard tenebroso di Hammill). In A Foreign Town (1988) e` ancora una raccolta confusa, per quanto i riferimenti al pop e alla disco-music siano meglio amalgamati e meno ingombranti (Invisible Ink , Time To Burn , The Play's The Thing).

Nell'eta` matura Hammill affronta la musica sempre piu` con lo spirito del compositore classico, e i suoi dischi hanno sempre piu` l'aspetto di opere da camera, nelle quali Hammill suona spesso da solo tutti gli strumenti. Questa fase culmina nel colto canzoniere di Out Of Water (Enigma, 1990), con le ammalianti Something About Ysabel's Dance e Evidently Goldfish , le cupe No Moon In The Water e Green Fingers (che ritornano per qualche minuti ai climi dei VDG) e soprattutto le lunghe A Way Out (sette minuti) e On The Surface (otto minuti).

Il doppio The Fall of the House of Usher (Some Bizarre, 1991), una rock opera dedicata ai racconti di Edgar Allan Poe e arrangiata in maniera elettronica, era in cantiere da quasi vent'anni e verra` completamente remixato dieci anni dopo (Fie, 2000). Il disco apre gli anni '90 all'insegna di ambizioni sempre smodate ma forse anche di un inaridimento dell'ispirazione (proporzionale al numero di dischi sfornati).

Fireships (Fie, 1992) torna allo stile introspettivo di And Close As This, ma con dovizia di violini e tastiere.
The Noise (Fie, 1993), uno dei suoi dischi piu` accessibili, torna invece al sound chitarristico e al battito pesante di Nadir (Great European Department Store, Entertainer), mentre la complessa Primo On The Parapet, la cupa Planet Coventry e la spettrale Noise (forse i tre vertici dell'opera, benche' le meno accessibili) tengono alto il quoziente di insicurezza.

I venti minuti di A Headlong Stretch fanno di Roaring Forties (Fie, 1994) il miglior disco di questa fase (nonostante la ballad Your Tall Ship).

Typical e Roomtemperaturelive sono dischi dal vivo.

Hammill continuera` poi a pubblicare dischi con cadenza annuale, ma senza piu` riuscire a toccare i vertici dei suoi anni migliori: X My Heart (Fie, 1996), Sonix (Fie, 1997), Everyone You Hold (Fie, 1997), This (Fie, 1998), The Appointed Hour (Fie, 1999), una collaborazione con Roger Eno, None of Above (Fie, 2000), Incoherence (2004). Sono lavori banali, raffazzonati e, tutto sommato, imbarazzanti, che hanno grandemente ridimensionato il personaggio.

http://www.scaruffi.com/vol2/vdg.html